“Avevo una casetta piccolina in Canada”, un brano nato nel 1957 che ha fatto il suo debutto a Sanremo nello stesso anno. La canzone racconta le disavventure di un certo Martin e della sua piccola casa in Canada, bersagliata dalle fiamme di un certo Pinco Panco, e Martin resiliente come pochi continuava a costruire nuove casette circondate dai lillà mentre Pinco Panco gliele incendiava.
Ora, spicchiamo un volo di fantasia e chiediamoci: ma i canadesi sanno qualcosa di questa canzone? Forse no, ma di sicuro nelle ultime settimane sono stati ben occupati a rispondere alle sparate del Presidente degli Stati Uniti, che pare abbia preso gusto nel menzionare il Canada come potenziale nuovo stato americano, la cinquantunesima stella sulla bandiera. Ad ogni accenno di Trump, canadesi da ogni angolo, armati di istituzioni e social media, si precipitano a smentire, mantenendo il decoro che li contraddistingue senza sfoderare minacce o mosse aggressive. Un po’ come il nostro Martin.
Immaginatevi Trump che, in un futuro video AI, mette in scena le Giubbe Rosse—ehm, intendo la Royal Canadian Mounted Police—che danzano tra boschi innevati e alci, con sottofondo di casinò sfavillanti e statue imponenti che ritraggono lui e forse il suo consigliere speciale. Non pioveranno dollari dal cielo, ma sembreranno eruttare dai geysers, mentre gli indigeni canadesi assisteranno alle evoluzioni di loro magnifiche fanciulle in abiti e tacco 12 per il piacere del biondo presidente.
La mia fantasia stenta a tenere il passo con tali visioni. Il dibattito sull’annessione del Canada si intreccia con trame geopolitiche più ampie, come l’aggressione economica dell’Ucraina e gli accordi con Putin, che sembrano preludere a una divisione pacifica delle risorse artiche, zone ricchissime di minerali e sempre più accessibili grazie allo scioglimento dei ghiacci. E mentre la leggendaria rotta del passaggio a nordovest diventa una realtà concreta, strategica come il Canale di Panama, nazioni come Norvegia, Russia, Canada e Danimarca piazzano le loro pedine sulla scacchiera artica, supportate da ricerche finanziate secondo le norme della Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare, allo scopo di per sostenere le rispettive rivendicazioni territoriali.
Gli Stati Uniti, pur essendo una nazione rivierasca, restano al momento spettatori in quanto pur avendo sottoscritto il Trattato delle Nazioni Unite sul diritto del Mare (UNCLOS) non ne hanno ratificato la Convenzione.
E così, tra realtà e finzione, tra complotti geopolitici e casette canadesi in fiamme, la storia si dipana, divertente e imprevedibile come solo la politica e le vecchie canzoni di Sanremo sapevano essere ed oggi non lo sono più superate dalla MEGA politica.