Come se l’Europa, continente e insieme comunità etnica e culturale, esistesse solo dai tempi del Trattato di Roma (1957), quando l’attuale presidente degli Stati Uniti ne cominciò a sentire parlare da dodicenne nella sua scuola. Oggi, che ha settantotto anni, dichiara urbi et orbi che “l’Europa è stata creata per fottere l’America”.
A parte che essa fu scoperta da “europei” di Genova e di Lisbona nel 1492, che duemila anni fa già c’era l’impero romano, poi venne il Sacro Romano Impero guidato da un francese, il Congresso di Vienna nel 1815 e soltanto da pochi decenni è arrivata la Comunità, poi Unione Europea. Quella che alla Casa Bianca presumono essere stata fondata per far male agli USA.
Più informato di lui era il predecessore, James Monroe, quando dichiarò l’ostracismo alle potenze “europee” (questo l’aggettivo usato) e cioè la fine del colonialismo sulle sponde degli oceani del nuovo continente con cui, da parte, appunto, europea, si erano schiavizzati gli indigeni.
Data importante quel 2 dicembre 1823, perché, nella solennità del Congresso, gli USA si assunsero il ruolo di protettori delle Americhe contro le aggressioni europee, ampliato poi dal presidente Theodore Roosevelt come diritto di esercitare “il potere di polizia internazionale”. Sempre e ovunque, dal Vietnam al Cile ed all’America Latina, dall’Iraq all’Afghanistan, dal Kossovo all’Ucraina. Attività di polizia in difesa delle libertà e della pace, anche se talora gli effetti si rivelavano quelli del soffocamento delle aspirazioni democratiche e della difesa delle identità proprie dei popoli “attenzionati”, oltreché di roghi bellici abbandonati con la stessa accelerazione disordinata con la quale erano stati accesi.
Anche durante la guerra fredda che, per decenni, oppose parti di mondo che i contendenti si erano pacificamente spartiti a Yalta.
Insomma, un ruolo da imperatori del mondo che gli USA si assumono contemporaneamente al venir meno delle sovranità nazionali, quando l’estensione dei confini era negli obiettivi e alla portata dei singoli stati, mentre, sul piano politico, scema l’incisività degli organismi internazionali, a cominciare dall’ONU, e, su quello economico-finanziario, si consolida la globalizzazione. Momenti in cui quanto mai necessaria è l’affidabilità di chi si propone a regolatore dei diritti e dei flussi delle merci e del denaro.
Il nuovo ordine mondiale annunciato da Bush ai tempi della guerra del Golfo va ora declinandosi su parametri diversi dagli usuali, dai quali non si discostano, però, quanto ai fini, nella lunga tradizione che traveste l’imperialismo da antimperialismo.
Il declino della autorevolezza degli organismi sovranazionali agevola dunque la presidenza americana nella riaffermazione, anzitutto, della sua superiorità, affidandogli poteri imperiali di fatto, come fecero senato e comitia a Giulio Cesare. Così l’ONU e le altre organizzazioni finanziarie e perfino umanitarie internazionali paiono aver affidato agli USA il ruolo centrale nei conflitti e nelle relazioni tra stati. Non di rado (Kissinger docet), anche all’interno di essi.
In un contesto mondiale che, perdipiù, li invoca di continuo. A dimostralo le processioni dei leaders alle porte sante di Washington, da Macron a Keir Starmer, a Meloni, denudatio di Zelensky in mondovisione compresa. Mentre si compie il miracolo della conversione del nemico Putin in amico senza che cada da cavallo.
Impero o Imperialismo? Più il secondo, stando a uno storico di cui Giano, in questi giorni, ha rinnovato la memoria. Polibio, cantore del potere imperiale di Roma, assunto a forma virtuosa di governo attraverso l’incorporazione nell’imperatore del potere monarchico, del senato, dei comitia. Ad evitare, secondo quel politologo di duemilacento anni fa, la corruzione della monarchia nella tirannia, dell’aristocrazia nell’oligarchia, della democrazia nella oclocrazia o nell’anarchia.
Il disegno di Trump, con le sue dirompenti quanto imprevedibili scelte, in quale conteso si inserisce e con quali conseguenze? Quello dell’equilibrio politico o dell’utile mercantile immediato più che di prospettiva?