Quello delle telecomunicazioni non è uno dei teatri di guerra, ma è il campo di battaglia per antonomasia.
Nel 2012 le Autorità americane cominciano a mettere al bando le apparecchiature di Huawei che, pur caratterizzate da elevate prestazioni e da un prezzo molto competitivo, presenterebbero pericolose falle in grado di compromettere la sicurezza nazionale. Quelle attrezzature vengono comprate anche in Italia dove questo timore non viene percepito e la rete tricolore assume progressivamente una forte dipendenza da Pechino.
La paura di un potenziale spionaggio pilotato dai pretoriani di Xi Jinping attraverso certi apparati di trasporto di voci e dati si estende e la paura arriva poco alla volta a prendere in considerazione persino gli smartphone di produzione cinese.
Nel 2019 un rapporto della Commissione europea redatto per la valutazione dei rischi per la sicurezza informatica nelle reti 5G mette in guardia dai fornitori che hanno stretti legami con i governi di Stati non democratici. Nello stesso periodo Stati Uniti, Australia e diverse singole Nazioni della UE hanno esplicitamente o implicitamente sbarrato la strada a Huawei impedendone forniture per la propria infrastruttura 5G.
A luglio 2021, l’agenzia francese per la sicurezza informatica ANSSI annuncia che il gruppo hacker ATP31, strettamente associato al governo cinese, ha utilizzato una vasta rete di router Wi-Fi di Huawei in tutta la Francia per condurre invisibili ricognizioni stealth e attacchi informatici.
Il 21 settembre 2021, il National Cyber Security Centre (NCSC) della Lituania pubblica un rapporto che mette in rilievo forti preoccupazioni relative a sicurezza, privacy e libertà di parola associate all’uso di smartphone prodotti da Xiaomi e Huawei. Una valutazione tecnica dei modelli abilitati 5G avrebbe, infatti, rivelato funzionalità che raccolgono e trasferiscono informazioni personali eccessive e non dovute, espongono gli utenti a rischi per la sicurezza informatica e censurano automaticamente i contenuti scaricati se non sono in linea con la politica di Pechino in patria e all’estero.
Il 18 ottobre 2021 ben 31 eurodeputati (tra cui le italiane Gianna Gancia, Isabella Adinolfi e Rosa D’Amato) scrivono alla Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyern, rappresentando le risultanze francesi e lituane, esortando la cooperazione comunitaria sul fronte della sicurezza tecnologica e auspicando l’adozione di iniziative atte a fronteggiare una situazione preoccupante.
Huawei si muove per ammorbidire la tensione cercando “ambasciatori” capaci di smorzare i toni di discussione commercialmente avversi. La polizia belga scopre – ed è cronaca di questi giorni – un presunto giro di “iniziative di sensibilizzazione” di funzionari che a Bruxelles sedevano nelle stanze del potere o erano stretti collaboratori di parlamentari europei.
Il 18 marzo 2025 il Huawei Center, la gigantesca macchina della comunicazione mediatica dell’industria cinese, pubblica un articolo a firma di Emiko Matsui che dice l’azienda è vittima di una congiura capitanata dagli americani Brendan Carr (Presidente della FCC, Federal Communications Commission) e Thomas Bryant “Tom” Cotton (avvocato che ha studiato ad Harvard, ranger e paracadutista veterano dell’esercito in Iraq e ora senatore repubblicano dell’Arkansas).
Come si legge sul sito Huaweicenter.com, Carr avrebbe affermato che l’Europa deve bloccare i produttori stranieri di Paesi avversari poiché rappresentano una minaccia costante. Avvertirebbe lo zampino del Partito comunista cinese e la sensazione che queste aziende stiano ininterrottamente esplorando modi per violare i nostri dispositivi, reti ed ecosistemi tecnologici.
Tra le frasi attribuite a Cotton merita menzione “Huawei esiste per servire gli interessi dei comunisti cinesi. I legislatori di tutto il mondo dovrebbero riflettere a lungo e attentamente prima di fare affari con un fronte corrotto di spie cinesi”.
Sarebbero quindi questi due a ostacolare il business di Huawei nel Vecchio Continente, ma l’azienda interessata fa sapere che in realtà non tutti i Paesi sono d’accordo a “perdere anni di tempo e sopportare nuovi ingenti investimenti per sostituire apparati tecnologicamente superiori con altri di più bassa qualità e di prestazioni inferiori”. Tale convinzione nasce dalla “malleabilità” di qualcuno in grado di interferire nel processo decisionale comunitario?
47 eurodeputati (solo un italiano, Leoluca Orlando) il 20 Marzo 2025 si sono rivolti alla Presidente del Parlamento Europeo per lamentare il pericolo che informazioni riservate vengano trasmesse al governo cinese. e per chiedere di prendere in considerazione il divieto dell’uso dei dispositivi Huawei per qualsiasi applicazione istituzionale. L’istanza contiene – tra l’altro – la niente affatto barbina richiesta di conoscere la quantità di dispositivi Huawei di parlamentari europei, assistenti e personale del Parlamento….
Siccome qualcuno potrebbe “barare” negando di disporre di simili aggeggi, possono essere i tabulati dei numeri noti di queste persone a fornire un rapido inventario. Chi gestisce il traffico telefonico acquisisce infatti i numeri di “telaio” dei dispositivi utilizzati e la prima parte di quella sequenza alfanumerica identifica proprio il produttore dello smartphone…
Dopo gli arresti di chi è accusato di essersi fatto corrompere, la storia è destinata a riservare inaspettate ramificazioni e parecchie sorprese.