Tutti abbiamo passato momenti nella vita durante i quali eravamo in difficoltà per vari ordini di motivi o avevamo talmente tanti impegni dal dire la famosa frase: “Non so a chi dare i resti”. Sono stati o sono momenti caotici.
Dopo l’elezione del Presidente Donald Trump il mondo è piombato nel caos generale dove incertezze, nuove e vecchie problematiche si sono accavallate ed intrecciate producendo una diffusa confusione che si è sovrapposta e ha influenzato quelle domestiche.
La pax atlantica si sta dissolvendo come i ghiacciai vittime dei mutamenti climatici, anzi con maggiore velocità. Mire espansionistiche verso Paesi alleati o confinanti vanno prese sempre più sul serio. Il vice Presidente statunitense James David Vance ha visitato la base militare in Groenlandia sollecitando gli abitanti dell’isola a distaccarsi dalla Danimarca per abbracciare la bandiera a stelle e strisce dove poter cucire un’altra stella. L’opzione militare non è stata del tutto abbandonata, anzi nuovamente ventilata: o con le buone o con le cattive. L’ascia di guerra, per dirla con i Pellerossa, non è stata seppellita. Un groviglio di interessi geopolitici, geoeconomici e geostrategici si sovrappongono intorno all’area del Polo Nord. Rimane il dilemma di un’aggressione di un Paese NATO ad altro dell’Alleanza atlantica. Come si applicherebbe l’articolo 5?
L’arma deleteria dei dazi che, in particolare, coinvolgono l’Unione Europea, la Cina, il Canada, il Messico ed altri Paesi si sta dipanando lentamente ma inesorabilmente, pur con alcuni stop and go dal sapore ricattatorio.
L’aver preso le redini per un tentativo di pacificazione tra Russia e Ucraina non sembra dare risultati particolarmente positivi. La strategia russa è di aumentare la posta ogni volta che ci si avvicina ad un temporaneo cessate il fuoco. Certamente la finalità è di trovarsi in posizione di forza con territori conquistati sempre più ampi. La pressione militare si sta incrementando per estendere le aree occupate dopo l’aggressione del febbraio 2022.
In Medio Oriente, dopo una fragile pausa bellica, gli scontri sono ripresi tra reciproche accuse. Anche qui l’intento è di conquistare, o radere al suolo, sempre maggiori territori per renderli inabitabili per un lungo periodo.
In ambedue i casi il negoziatore statunitense è l’immobiliarista Steve Witkoff; forse un piccolo interesse della lobby degli immobiliaristi nella ricostruzione di ambedue i territori?
Evitiamo di parlare della chat nella quale si sono affrontati segreti militari e di stato, inopinatamente allargata ad un giornalista, ma domandiamoci soltanto: in quali mani sono le sorti del mondo? Dilettanti allo sbaraglio come nella famosa trasmissione “La Corrida”?
In questo quadro confuso ed ondivago, tra speranze e delusioni, alcuni Stati dell’Unione Europea stanno discettando sul come porre rimedio al ritiro, parziale o totale, dell’ombrello protettivo statunitense in ambito NATO.
Nel nostro Paese, e non solo, si brilla per questioni di wording, per accaparrarsi la simpatia di Trump o dell’Unione Europea o nel tentativo di accontentare le due sponde dell’Atlantico contemporaneamente. Stabilito che “riarmo” non piace si è passati alla “sicurezza” mediante un incremento delle spese per gli armamenti. Non è ancora ben chiaro se a livello nazionale od europeo. Amalgamare gli armamenti sarebbe un primo timido passo per una difesa europea; la via più veloce è quella di acquistarle dagli USA. Sarebbe l’estrema gioia di Trump che ottiene almeno tre obiettivi: minori spese a livello NATO, maggiori esportazioni per la potentissima lobby delle armi e vantare un grande successo interno, avvalorando nell’opinione pubblica la tesi che l’Unione Europea è stata una sanguisuga dagli anni cinquanta in poi.
In Italia abbiamo chi parla con l’Unione Europea, chi con Trump, chi con Vance. Mai avuta tanta chiarezza in politica estera e non si capisce bene chi la voglia imporre a dispetto di quanto previsto in Costituzione. Le opposizioni procedono ognuna per suo conto con intenti a geometria variabile.
La mancanza di chiarezza genera confusione nel cittadino, sempre più stanco di un teatrino poco edificante dove l’unica certezza sono le reciproche accuse, spesso con toni di pessimo gusto. Il caos regna sovrano, anzi è il nuovo Sovrano.
Un ultimo pensiero, non certo per importanza, perché sarebbe il primo per valori umani, va alle popolazioni colpite dal disastroso terremoto in Myanmar e, in minor misura, in Tailandia. Anche qui la preoccupazione che sembra prevalere è continuare a bombardare e non i soccorsi. Caos su caos.