«Paese mio che stai sulla collina, disteso come un vecchio addormentato,
la noia, l’abbandono, il niente son la tua malattia,
paese mio, ti lascio io vado via.»
Jimmy Fontana (Sbriccoli – nato a Camerino 1934, morto a Roma 2013)
Da “La guerra amara” di Mario Ortolani (mio professore di lettere alle scuole superiori).
“Arli non era venuto sulla verde terra per fare il soldato e basta. Era nato in un giorno di sole, gli alberi erano freschi, le montagne piene di grandi cose. Ma alla guerra non importa tutto questo, chiama gli uomini come a una festa. E si parte verso paesi lontani, con il cuore strinato e le mani dure …. Ora al solo pensiero di rispondere “signor sì”, gli veniva la nausea, perché chi gli stava di fronte era sempre uno che non capiva certe idee, i sentimenti.”
Parole sante! E pensare che proprio in questo ultimo periodo si torna a parlare in Europa di armamenti e nel mondo proliferano le guerre. Trump ha messo in discussione la Nato e non ci permetterà più di fare quello che abbiamo fatto per 80 anni, vivere adagiati sotto l’ombrello Nato e USA. Penso che la strada del potenziamento dell’armamento dell’Europa al pari di America, Cina e Russia sia un grosso errore, a mio avviso si doveva trattare con Trump per farlo ricredere dandogli una contropartita anche consistente, speriamo che ci ripensino.
E ora torniamo all’argomento dell’articolo: Camerino.
La città dove hai vissuto la prima parte della vita, quella iniziale della piena presa di coscienza e consapevolezza dei problemi della vita, ti resta nel ricordo perennemente. Così è stato per me Camerino dove ho trascorso vent’anni: la mia fanciullezza, la gioventù e la formazione culturale fino alla maturità. In queste poche righe voglio limitarmi a raccontare quello che mi è rimasto in mente di questa bella cittadina e delle persone che vi ho conosciuto in quel periodo della mia vita molto bello e spensierato anche se era in termini generali del tutto poco felice in quanto correvano gli anni dell’immediato dopoguerra. Ora voglio cominciare a elencare le persone che, vista la situazione di una città dove la cultura primeggia, sono scrittori, poeti, professori universitari.
Ugo Betti, poeta e drammaturgo camerinese scrisse 27 drammi, lavorò in magistratura a Roma. Tra i drammi teatrali più importanti e conosciuti ricordo: Frana allo scalo nord, Corruzione a Palazzo di giustizia, Lotta fino all’alba, Delitto all’isola delle Capre. E’ stato definito “dopo Pirandello, il più intenso e profondo drammaturgo italiano della prima metà del Novecento”. Egli era rimasto molto legato a Camerino, infatti ogni anno ci tornava per passarci qualche giorno di riposo. Un anno venne e, avendo la sua casa in manutenzione con i muratori fu ospitato dai miei genitori e così, io ragazzo, potei conoscerlo di persona. Questo incontro mi è rimasto impresso per sempre e dura anche oggi.
Altri due personaggi di gran livello culturale di cui ho un bellissimo ricordo, ma che soprattutto mi hanno fatto innamorare della letteratura e orientare la mia vita nel farmi restare affascinato dagli artisti (scrittori, poeti e pittori), sono stati il mio professore di italiano Mario Ortolani e il mio insegnante di religione, prete poeta, don Antonio Bittarelli che così iniziava a descrivere la nostra città nel suo libro “Camerino” (1985 by Mi.E.R.Ma. Editrice): “La sinclinale di Camerino lunga e stretta è chiusa da monti in ogni parte. Chi la osserva intera comprende che nessuna zona delle Marche si è altrettanto offerta naturale area di uno stato: Camerino suo stato suo ducato. I Sibillini svettano lontano a sud e saldano due parallele montuose: ad occidente monte Igno (m. 1435), monte Primo (m. 1299), monte Cucco, Catria, monte Nerone; ad oriente monte Fiungo (m. 1002), Letegge (m. 1021) fino al gruppo del San Vicino (m. 1479). A nord l’occhio si dilata senza sbarramenti.” Non posso dimenticarmi di inserire anche una traccia di don Antonio prete poeta:
A Gabriel Marcel
Quando verrà la bianca stagione
il Tenna ritrarrà l’acqua dal sasso
e i giorni e le notti saranno fermi
perché il sole e la luna e le stelle
si contrarranno in una massa molle.
Manco una muffa
resterà di tanti uomini
che un momento bagnarono
il bianco sasso
mentre freddavano lente galassie?
O solo resterà di quel naufragio
una isoletta
ove l’umanità fiorirà sola?
Termino questo mio articolo oggi su Camerino e i personaggi che mi hanno formato e spinto a scrivere lasciandomi una traccia che ancora è viva e presente nella mia memoria, presentando i due giornalisti che ho conosciuto nel periodo in cui cominciavo a scrivere sul settimanale locale, l’Appennino Camerte: Alberto Sensini e Giuseppe De Rosa. Da loro ho imparato a scrivere qualcosa di interessante in una forma decente.
Sensini, morto nel 2020, ha sempre avuto un debole per le Marche, pur abitando a Roma, forse perché i suoi genitori erano marchigiani. Ha scritto nella sua lunga carriera per importanti giornali nazionali, ma lo ha sempre fatto anche per giornali marchigiani e di Camerino e in quelle occasioni ho avuto la fortuna di conoscerlo. Anche Giuseppe (Beppe) De Rosa l’ho conosciuto quando, pur esercitando la professione di avvocato, scriveva sull’Appennino Camerte nel periodo in cui il settimanale lo dirigeva don Antonio Bittarelli. Poi, morto don Antonio, De Rosa non si prese con la nuova direzione, lasciò l’Appennino e fondò Orizzonti della Marca un nuovo settimanale che ancora dirige e su cui continua a scrivere. Beppe è ancora una delle poche persone di Camerino che frequento perché ormai è anche un caro amico.