“Avremmo tante cose da dirci con gli americani, ma pare che non riprendiamo più il filo”.
Così ha scritto un governante italiano, ma non di quelli di oggi e nemmeno di quelli del dopo Sigonella.
Era, infatti, Alcide De Gasperi il 14 agosto 1954. Una frase che da sola testimonia dell’andamento dei rapporti di amicizia tra Italia e Stati Uniti, soprattutto in corrispondenza dei cambi di inquilino alla Casa Bianca. Oggi è Trump, ieri potevano essere – come in effetti furono – quelli che a Washington non erano entusiasti del Trattato per la Comunità Europea di Difesa ma attenti ai passaggi di merci alla dogana.
Per De Gasperi “politica atlantica e politica europeistica sono solidali” e la CED non era soltanto “un modo per organizzare un esercito comune, ma qualcosa destinata a diventare Comunità politica”.
In un discorso tenuto il 29 giugno 1953 a Palazzo Barberini, rispose a chi lo accusava di eccessivo americanismo: “Mi sento un uomo libero anche di fronte all’America. Le sono grato per quello che ci ha dato, ma la nostra aspirazione è che il suo aiuto si esplichi accettando le nostre merci e i nostri lavoratori”.
A Truman e poi ad Eisenhower aveva detto: “Il nostro ideale è non pesare in nessuna maniera sui contribuenti americani, ma chiediamo all’America di non chiudere le dogane alle nostre esportazioni”.
E’ storia, questa e per lo statista trentino – di cui ha recentemente scritto su Giano Bruno Tammaro Jannelli trattando delle “complessive ragioni storiche per una comune difesa europea” – era irrinunciabile la ratifica del Trattato CED, che considerava nel più ampio disegno della “difesa del regime costituzionale democratico esistente di fatto in Europa e in America”.
Quando De Gasperi costatava amaramente la difficoltà di “riprendere il filo” con gli Stati Uniti, si era dovuto trasferire per motivi di salute nella casa di famiglia in Valsugana. Salendo sul treno, però, aveva assicurato che sarebbe tornato alla Camera per la ratifica del Trattato CED.
Il governo Scelba aveva, infatti, predisposto l’apposito disegno di legge e De Gasperi, al telefonò con il presidente del consiglio che gli era succeduto, fu sentito dire: “Meglio morire che non fare la CED”. La Francia, il 30 di agosto, non approvò il testo dell’intesa, che, pure, era stato elaborato da Robert Schuman. Undici giorni prima De Gasperi era morto.
Gli ultimi mesi di vita erano stati densi di amarezze. E’ vero che egli, una sera del luglio 1953, tornando da Caprarola, nel viterbese, dove era andato a rassegnare al presidente Einaudi le dimissioni del suo ultimo governo, ricordò ai collaboratori Andreotti e Cingolani di essersi sempre considerato “servo inutile” secondo il monito del Vangelo, ma in quei giorni la sua pazienza fu messa davvero a dura prova dalle incomprensioni che trovava soprattutto nel suo partito e nell’ ambiente ecclesiastico. Quello che oggi ne propone la beatificazione, consapevole forse di aver contribuito non poco all’esercizio in forma “eroica” delle virtù, requisito canonico per salire agli onori degli altari.
E’ noto, infatti, che Pio XII, contrariato perché non aveva consentito la formazione di una lista di destra per il comune di Roma (operazione Sturzo), gli rifiutò l’udienza chiestagli in occasione del suo anniversario di matrimonio e della professione religiosa della figlia Lucia. La risposta negativa gli fu fatta pervenire per le vie diplomatiche e lui replicò per le stesse vie che accettava “l’umiliazione come cristiano”, ma non come presidente del consiglio e ministro degli esteri, riservandosi di “provocare dalla Segreteria di Stato un chiarimento”.
In precedenza, dal Vaticano nessuno si era fatto sentire per gli auguri quando, al compimento dei settanta anni, perfino Stalin si congratulò con lui.
Ci si mise, poi, il cardinale di Milano, Idelfonso Schuster, quello che aveva tentato la nota mediazione tra CLN e Mussolini. Da lui venne, infatti, un duro attacco al governo De Gasperi, addirittura a mezzo lettera pastorale. Il Vaticano (sostituto della Segreteria di Stato era mons. Montini) stavolta cercò di buttare acqua sul fuoco prendendosela col carattere del prelato (divenuto anni fa Beato anche lui) che “lo porta spesso a dire quanto sarebbe meglio tacere”.
Sempre in quel periodo, ci fu un intervento a gamba tesa de La Civiltà Cattolica che, con un articolo di padre Messineo, si prestò a far spostare l’asse della Dc verso posizioni conservatrici, chiedendo che del ministero dell’Agricoltura fosse incaricato l’onorevole Aldisio, notoriamente di idee diverse da chi aveva voluto la “riforma agraria”. De Gasperi, per evitare il peggio, pensò all’opportunità della rinuncia da parte del democristiano Aldisio, e, “attraverso il ponte radio” da Castelgandolfo dove si trovava, incaricò di parlargliene l’onorevole Giulio Andreotti.
Il quale, in proposito, racconta come quella “telefonata, dai toni un pò pepati, finì misteriosamente nel circuito della televisione e fu ascoltata da molta gente”.
A riprova dell’eterno nihil sub sole novi. Alla Casa Bianca, come a Roma.
Foto di Andrea Lombani