Il Presidente Trump ha definito “liberation day” l’annuncio di una serie di dazi alle importazioni nei confronti di quasi tutto il mondo. Ha esposto ad un pubblico compiacente un patetico cartellone frutto di calcoli discutibili: ad esempio l’IVA è stata considerata un dazio. Se i suoi consiglieri economici sono di tale levatura meglio evitare commenti e compatire il popolo americano.
Strano non abbia pronunciato, sentendosi un unto da Dio, la frase del Padre Nostro “Libera nos a malo” (liberaci dal male). Oppure “Deus vult” (Dio lo vuole) ripetendo il grido di battaglia di Pietro l’Eremita per arruolare i Crociati nella così detta Crociata dei pezzenti.
In effetti i dazi hanno un sapore di Crociata verso Paesi colpevoli di avere un avanzo nella bilancia commerciale rispetto agli Stati Uniti. Tra i peggiori, oltre la Cina, il Vietnam e la Cambogia, vi è l’Unione Europea accusata di avere derubato per decenni gli USA. Ora sarà il predicatore Trump a condurre alla vittoria gli Stati Uniti nella Crociata dei dazi che potrebbe trasformare molti in pezzenti, tanto per riprendere il paragone con Pietro l’eremita. Ugualmente libererà dal male il suo Paese con i dazi.
Ancora una volta riemerge il concetto di “destino manifesto” interpretato dai Presidenti statunitensi. Sono destinati a pacificare, sistemare, governare il mondo e porre fine ad ogni ingiustizia a livello globale. Talvolta è stato il contrario.
Sicuramente il “liberation day” dovrebbe riguardare ben altri argomenti. Elencarli sarebbe un’opera improba soprattutto per il lettore.
Dopo avere, per almeno tre decenni, tutti osannato alla globalizzazione il Presidente degli Stati Uniti vuole ritornare indietro di decenni, forse secoli, verso un mercantilismo, un protezionismo che storicamente hanno prodotto non pochi disastri. Per non correre troppo indietro citiamo la grande crisi del 1929. Certamente, in altri casi, parlando di secoli indietro, forse erano le soluzioni ritenute meno dolorose. Gli scambi internazionali rispondevano ad altre logiche. Altrettanto sicuramente si deve imparare dagli errori del passato evitando di ripeterli.
Ugualmente si deve comprendere che la gestione di uno Stato, in particolare se quello più importante e potente del mondo, non risponde a logiche meramente imprenditoriali, ovvero la Stato non è un’azienda personale dove le scelte hanno riflessi limitati per quanto, a volte, molto gravi.
Fare delle previsioni al momento sarebbe azzardato perché, considerando le reazioni più che negative delle borse a livello mondiale, in prima fila quelle USA, si possono non escludere dei ritocchi o dei ripensamenti. Trump ha affermato che sarebbe pronto a trattare a fronte di “offerte fenomenali”. Come definire l’espressione? Ricatto, burla o cosa altro?
Purtroppo il Presidente Trump difficilmente, nel breve periodo, considerando il suo carattere, tornerà indietro. Si dovranno verificare gli effetti reali sull’economia del Paese e, solo dopo, se gli indicatori economici lo imporranno, si potrebbero apportare delle modifiche. Vi sono gli spettri di inflazione, contrazione dei consumi, diminuzione dei redditi, incremento della povertà e tanti altri fattori che in economia non procedono mai da soli ma si incrociano e fungono da moltiplicatori sia in positivo, sia in negativo. Economisti, organismi internazionali e borse non si aspettano nulla di positivo.