“un cambiamento d’epoca” non solo social.
“Trump uno di noi” sembra una provocazione, un paradosso, ma è la mera realtà almeno comunicativa di una nuova oligarchia plutocratica che, scesa in politica e assunto personalmente il comando, riesce a nascondere la propria ricchezza grazie allo schermo dell’uguaglianza “social”.
Se si scorrono, infatti, i commenti in rete o in giro per strada è facile aver letto o sentito, per Trump ma anche per Musk, frasi del tipo “la pensa come me”, “dice quello che dico io”, “finalmente qualcuno che gliele suona”, “la vostra è solo invidia per la sua ricchezza”, “rosicate sinistri idioti e zecche”. Frasi più o meno identiche lette o sentite già per Berlusconi che nel 1994 inaugurava questa nuova via, giocando anche sulla passione sfrenata per le donne.
L’attuale “Guerra dei dazi”, divenuta da annuncio realtà, sconvolge ancora di più, dopo la “Pace immediata” in Ucraina, il mondo delle élite ben pensanti degli europei occidentali. Leader e popoli, colonizzati anche culturalmente dagli USA, all’improvviso passati da storici “alleati” a “nemici” irriconoscenti e approfittatori.
Un negoziale colpo di scena o pura follia? Le analisi si sprecano, ma per Trump e il popolo dei suoi sostenitori – che si sentono ora solo americani e non più nipoti dell’Europa – è “guerra santa” condotta proprio per il riscatto degli USA: “Siamo stati trattati male dagli altri paesi, perché avevamo leadership stupide che lo hanno permesso”.
Molti intellettuali e commentatori europei indicano i pericoli di questo nuovo governo oligarchico, plutocratico e tendente all’Autocrazia, concentrandosi su arroganza, ignoranza e follia del leader. Una contrapposizione di fatto rassicurante perché così sembra che tutto sia in ordine e che, nel fluire delle idee stereotipate all’interno della così detta “opinione pubblica”, si possa tornare alla normalità, o almeno verso di essa, già dopo le “Elezioni di mezzo termine”. Anche se, dall’altra parte, i filo-trumpiani confidano nel loro successo in quelle europee.
Al di là di ogni esito futuro, sfugge che un nuovo corso è in atto e si tratta di un salto epocale già compiuto. “Un cambiamento d’epoca” per dirla con Papa Francesco che non può essere ridotto a semplice sdoganamento di nuove idee, atteggiamenti, tattiche e strategie comunicative o di propaganda. Ora le oligarchie plutocratiche, unite o singolarmente, agiscono in prima persona nella gestione istituzionale dello stato e lo fanno perché piacciono alla maggioranza dei votanti, anzi, almeno negli USA, ne incarnano le istanze. Il popolo, nella maggioranza elettorale, è con Donald, un vero nuovo messia e poco interessa se per vincere e governare lui ricorra alle “post verità” e ad atteggiamenti bizzarri e inusitati. Il fenomeno è ormai conclamato nelle istituzioni e nel sociale, non è solo politico-comunicativo. Il Capitalismo, o almeno un capitalista, non ha più bisogno di intermediari politici che ne rappresentino le istanze, ora esercita il potere direttamente, come del resto per primo insegnò Berlusconi.
Se ci fosse ancora una Sinistra Marxista, qualcuno direbbe parafrasando il fondatore, che il Capitalismo si organizza sempre per vincere e che le sovrastrutture seguono sempre le strutture. Al contrario, oggi si spera che la salvezza da Trump arrivi proprio dagli altri capitalisti. “Cavalieri bianchi”, magari quelli di Wall Street, oligarchia plutocratica finanziaria, pronti a scendere in campo per evitare i danni della sua politica, in primis quella dei dazi. In questa ottica, si intravedono altri possibili alleati quelli dell’oligarchia plutocratica mediale e tecnologica; personaggi che prima gigionavano a sembrare di sinistra, potrebbero infatti ravvedersi e sfilarsi dalla partecipazione entusiasta alla Festa di Trump con al fianco lo scout spaziale Musk che ora twitta contro i dazi.
“Metti i dazi e togli i dazi” mentre tutti attorno tremano è una palese dimostrazione di potere: la “pistola fumante” che Trump tanto ama avere sul tavolo, ora c’è. Che la borsa ne risenta è un fatto noto e prevedibile a ogni imprenditore, quindi anche a Trump ed è difficile sperare che ne determini un imprevisto fallimento politico. In questo “sali e scendi” va a capire chi ha venduto e comprato titoli all’interno e all’esterno degli USA? Perché e per conto di chi? Si tratta di insider trading tra oligarchi a stelle e strisce oppure di un primo atto egemonico di guerra finanziaria internazionale tra Stati? In tutte le guerre ci sono le vittime già messe nel conto.
Intanto Trump azzera la vecchia guardia burocratica, anche militare e dei servizi; sforbicia, con o senza Musk, organismi anche internazionali considerati inutili e politiche di inserimento considerate dannose, rimodellando a sua immagine lo Stato.
In questa nuova realtà, poco importa se Trump e Musk siano ritenuti “pazzi” dai loro avversari o lo siano davvero. “Nihil sub sole novum”. Gli storici dicono che anche Caligola fosse megalomane, stravagante, crudele e pazzo, però la nomina a console del cavallo, Incitatus, se guardassimo al di là degli stereotipi, non fu solo follia. Quell’atto, eccentrico rispetto ai canoni politici del tempo, fu anche un chiaro, lucido ed emblematico messaggio, tutto politico, diretto a due gruppi di recettori distinti e contrapposti. Quello composto dalle più alte cariche dell’Impero, dal Senato e dall’intero sistema aristocratico ormai in crisi e quello del Popolo. Immaginate la plebe quanto abbia potuto odiare i “senatori”, le loro ricchezze e i loro privilegi, e quanto abbia potuto godere e divertirsi nel vederli assimilati a un cavallo.
“Caligola, uno di noi?” Ebbene, sembrerebbe di sì. La vita e il modo di governare di Gaio Giulio Cesare Augusto Germanico, detto Caligola per i calzari da legionario che amava portare come potente richiamo simbolico per i suoi seguaci, non furono affatto folli, ma politici e istituzionali, tanto da avere un peso rilevante anche per il futuro dell’Impero. Anzi sono ancora efficaci modelli per chi voglia intraprendere la via dell’Autarchia, che è poi l’affermazione senza vincoli della propria visione nella gestione delle cose dello stato. La cui sintesi potrebbe essere: “Se sono l’Imperatore, è il mondo che deve adattarsi alle mie visioni e non io a quelle del mondo”.