Herpes Zoster, meglio conosciuto come “Fuoco di Sant’Antonio”. Infezione causata dalla riattivazione del virus che provoca la varicella (virus varicella zoster). Ricordate? Fa parte delle malattie esantematiche contagiose dell’infanzia. Una volta guariti però il virus non scompare dal nostro organismo. Si accomoda nei gangli delle radici nervose spinali e rimane latente. Se chi lo ospita si espone in modo troppo intenso ai raggi solari, se ha un deficit del sistema immunitario, se è sotto stress o se sottoposto a forte conflitto emotivo, può riattivarsi sotto forma di herpes zoster. Non è un evento raro. Si stima che il 15 per cento dei soggetti che hanno contratto la varicella da bambini, si ammalano di herpes zoster.
Brutta malattia. Il dolore può essere lancinante e non limitato alle fasi iniziali. La nevralgia post-erpetica, uno dei dolori più violenti che si possano provare, può durare molto a lungo, riducendo in modo drammatico la qualità della vita. Le complicazioni fanno paura: infezioni oculari, problemi di udito e di equilibrio, debolezza muscolare, in rari casi meningite.
Meglio non prenderla sotto gamba. Meglio vaccinarsi. Il vaccino esiste e bontà loro, i NoVax tacciono. Conoscessero anche loro il limite alla vergogna…
Gli effetti collaterali del vaccino sono minimi: arrossamento della zona di iniezione o un leggero indolenzimento della parte. Il vaccino è raccomandato soprattutto nella fascia dai 50 ai 79 anni. Per chi ne ha sessantacinque o più, è del tutto gratuito.
Quindi vado a trovare il mio medico di famiglia per prendere un appuntamento. Sarà perché sono residente in un paese piccolo, sarà perché è ancora un medico cui piace fare il medico, mi dice di aspettare. Dopo poco mi fa accomodare nel suo studio, ascolta la mia richiesta, mi chiede l’età, verifica nella sua farmacia, mi dice di sollevare la manica e dopo avere preparato la siringa, ago piccino che nemmeno si sente, inietta e sono vaccinato.
Si siede quindi al computer e inizia a digitare. La mia curiosità è congenita e non vaccinabile. Chiedo e mi spiega che sta inserendo i miei dati e quelli del farmaco in apposita anagrafe sanitaria regionale.
“Regionale?” chiedo, incuriosito.
“Certo, ogni regione ha la sua”.
“Quindi non posso vaccinarmi se non nella mia regione di residenza?”
“Puoi anche farlo, anzi, con il Covid è stato quasi necessario. Uno di qui che lavora in Abruzzo è stato vaccinato a L’Aquila, ma non risulta sul suo libretto delle vaccinazioni toscano. Ogni regione ha il suo sistema e si parlano fra loro con difficoltà. Il fascicolo sanitario elettronico è un’ottima idea, ma ogni regione ha il suo. La ricetta elettronica invece ha validità su tutto il territorio nazionale. Faccio la ricetta qui e puoi andare in qualsiasi farmacia in Italia a ritirare quanto prescritto”.
Nella mia ingenuità di semplice cittadino, condita da giusta percentuale di ignoranza, visto che nessuno me ne ha mai parlato, chiedo perché le cose siano così complicate. Mi viene spiegato che il Servizio Sanitario Nazionale è un insieme di enti e organi che concorrono al raggiungimento degli obiettivi di tutela della salute dei cittadini.
L’elenco è interessante. Si parte con gli organismi centrali dello stato: Ministero della salute, Consiglio Superiore di Sanità, Istituto Superiore di Sanità, Conferenza Stato-Regioni, Agenzia Italiana del Farmaco, Istituti Zooprofilattici Sperimentali, Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali. Seguono poi gli organismi regionali, ovvero assessorato alle attività sanitarie e la Conferenza regionale permanente. Ultimo livello quello degli organismi territoriali: Aziende Sanitarie Locali, Aziende Ospedaliere e gli IRCSS, Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico.
Qualche verifica e si scopre che l’elenco non è esaustivo. Per esempio, la definizione delle “specifiche tecniche per l’interoperabilità tra i sistemi regionali di FSE” che sta per Fascicolo Sanitario Elettronico, coinvolge l’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID), il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) in accordo con il Dipartimento per la Trasformazione digitale (DTD) e la Sogei, Società Generale d’Informatica S.p.A., controllata al 100 per cento dal Ministero dell’economia e delle finanze.
Esiste anche un Comitato Interministeriale per la transizione digitale (CiTD), composto da delegati del Ministero della Salute, del Ministero per l’innovazione e la transizione digitale e del Ministero dell’Economia e delle Finanze, nonché da rappresentanti tecnici e di enti territoriali.
Da non dimenticare l’Infrastruttura Nazionale per l’Interoperabilità (INI), progettata dall’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID) e realizzata presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze. L’INI deve garantire l’interoperabilità dei FSE regionali, l’identificazione dell’assistito attraverso l’allineamento con l’Anagrafe Nazionale degli Assistiti (ANA), l’interconnessione dei soggetti previsti per la trasmissione telematica dei dati per le regioni che ne fanno richiesta, la gestione delle codifiche nazionali e regionali stabilite e rese disponibili dalle Amministrazioni e dagli enti che le detengono. Non è finita. Deve anche garantire l’accesso, al personale sanitario o all’assistito, ai documenti del FSE riguardanti eventi clinici che si sono verificati in regioni o province autonome diverse da quella di residenza dell’assistito stesso e, in caso di suo cambio di residenza, assicura il trasferimento dei FSE in capo a Regioni o Province Autonome diverse.
Da fare tremare i polsi.
Tanti soggetti diversi. Costi non pochi. Efficacia scarsa. Efficienza dubbia.
D’altra parte il tema è complesso e complicato, dal punto di vista sia tecnico che di coinvolgimento degli utenti, ovvero noi tutti.
Comunque, entro il 2026 il Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE) dovrà essere interoperabile, contenere, in formato digitale, tutti i dati sanitari più importanti di ogni paziente, ovvero dati anagrafici, ricoveri ospedalieri, farmaci, esenzioni, pronto soccorso, referti di laboratorio analisi, vaccinazioni, fascicolo del cittadino, referti di radiologia ed essere utilizzato da almeno l’85 per cento dei medici di base in tutte le Regioni italiane.
Dimenticavo. Non si parla più di paziente. Non è politicamente corretto. Oggi si deve parlare di “persona che necessita di assistenza e cura”.
Non c’è molto tempo. I fondi ci sono, 1,38 miliardi di euro, nell’ambito del più ampio progetto di rinnovamento dei sistemi digitali, parte integrante della missione salute il cui totale ammonta a 15,63 mld di euro, ossia l’8,16 per cento dell’importo totale del PNRR.
Gli aspetti tecnici di base pare siano definiti. Nel febbraio 2022, è stata rilasciata la nuova versione della documentazione tecnica per l’interoperabilità tra i sistemi regionali dei fascicoli sanitari. A fine Aprile 2022 la Conferenza Stato-Regioni ha dato parere favorevole sulle ‘linee guida’ che garantiranno omogeneità di applicazione sul territorio nazionale.
Bene ripeterlo. L’interoperabilità è il fulcro indispensabile per il corretto funzionamento del Fascicolo Sanitario Elettronico.
C’è però un aspetto curioso. Se si spulciano documenti, dichiarazioni, linee-guida, documentazione tecnica sempre e dovunque si parla di dati. L’attenzione dei progettisti è rivolta ai dati, trattati spesso in modo astratto, senza entrare nel merito del loro significato e del loro uso.
Il Fascicolo Sanitario Elettronico diventa efficace strumento di diagnosi e cura, se aumenta la qualità e la quantità delle informazioni cliniche, non dei dati clinici.
Quando si lavora sui significati dei dati, sui concetti clinici da essi espressi, sulle loro modalità di utilizzo da parte dei medici nel processo decisionale, allora si ha a che fare con l’informazione.
Sono le informazioni, non i dati, che possono fornire indicazioni alle istituzioni sanitarie per definire e attuare politiche di prevenzione, programmazione sanitaria e di governo e, al contempo, fornire indirizzi agli enti di ricerca per le attività in campo medico e biomedico.
Le soluzioni digitali, troppo spesso centrate sui dati, sono messe a punto soprattutto da informatici. Le soluzioni devono invece trattare le informazioni. Servono team misti, dove insieme agli informatici, lavorano medici, farmacisti, statistici, per citare solo alcune delle arti e mestieri indispensabili.
Gli obiettivi e la natura funzionale delle soluzioni cambiano in funzione dei dati o delle informazioni. Il Fascicolo Sanitario Elettronico se tratta dati è un semplice strumento di raccolta e visualizzazione. Se ha a che fare con le informazioni allora diventa uno strumento di aiuto alla diagnosi, fornisce supporto alle attività di assistenza e cura, consente di prevedere le necessità e, nelle soluzioni più evolute, permette di guidare i medici nella valutazione dei rischi e delle possibili evoluzioni della salute dei loro pazienti.
Il Fascicolo Sanitario Elettronico genera valore se è in grado di dare supporto a medici, infermieri, personale sanitario, in modo pro-attivo, segnalando le informazioni critiche e fornendo suggerimenti sulle scelte da operare e sui rischi di cui tenere conto, avendo sempre e comunque al centro di tutto la persona che necessita di assistenza e il suo quadro clinico.
Recita l’articolo 32 della Costituzione:
“La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.
Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.”
Sarebbe opportuno che noi cittadini e potenziali clienti del sistema sanitario nazionale cominciassimo a seguire la tematica dell’assistenza sanitaria, è un nostro diritto, ma anche un dovere.
“Bravo, ora però tira giù la manica. Belle dichiarazioni le tue. Intanto, se volessi andare a fare il medico dall’altro lato del fosso dell’Ombrone (trattasi di confine fra regione Toscana e regione Lazio) dovrei studiare una tale quantità di leggi regionali e dispositivi locali che mi passerebbe la voglia.
Non è facile fare il medico, quello di famiglia poi…”.
Mi taccio, metto a posto la manica e ringrazio.