Prima di mettere qualcosa in linea, pensa!
Non mandare messaggi a sfondo sessuale!
Non condividere foto esplicite!
Resisti ai cyberbulli!
Non farti manipolare!
Non perdere tempo con le discussioni online!
Non raccontare balle!
Sii gentile!
Sii presente per gli amici bisognosi!
Staccati dal telefono!
Collezione, non esaustiva, dei “messaggi” che propiniamo ai nostri magnifici e non facili figli adolescenti quando si ha a che fare con la loro vita digitale. Messaggi che, spesso, ci si ritorcono contro, amplificando ansia e timori. Loro e nostri.Eppure siamo animati dalle migliori intenzioni. Vogliamo solo prenderci cura di loro. Facciamo di tutto per tenerli al sicuro, per fare loro percorrere una strada che possa portarli alla loro realizzazione, a una vita felice.
Tuttavia, questi messaggi suonano come ordini e non bastano. Non che siano imprecisi o sbagliati. Semplicemente non bastano.
Gli adolescenti di oggi hanno bisogno di qualcosa di più di principi generali e avvertimenti di genitori in preda al panico.
Hanno bisogno, anche se non l’ammetteranno mai, di interagire, sia a scuola che in famiglia, con adulti attenti ai problemi generati dall’uso intensivo, spesso compulsivo, del digitale, capaci di stabilire limiti utili e non divieti, di definire permessi, in grado di offrire empatia, connessione e approvazione.
Però non basta.
Dobbiamo trovare modi per alimentare e dare supporto alla “agentività” degli adolescenti.
Niente paura, proviamo a spiegare di cosa si tratta. Chi desidera saperne di più è pregato di approfondire leggendo la teoria dell’apprendimento sociale di Albert Bandura, psicologo canadese di grandissimo spessore.
L’agentività -agency in inglese- è intesa come una funzione relativa agli atti compiuti intenzionalmente, indipendentemente dal loro esito. Questa facoltà è alimentata dalla convinzione di poter esercitare attivamente un’influenza sugli eventi.
L’agentività opera entro una rete di influenze sociali che generano strutture, il cui scopo è organizzare e regolare l’attività degli individui e dei gruppi. Le strutture sono esse stesse creazione delle persone che le costituiscono. Sono luoghi che, a loro volta, impongono vincoli e forniscono risorse per lo sviluppo delle persone e dei gruppi che ne fanno parte.
Le strutture sociali e organizzative forniscono una serie di pratiche sociali condivise, mentre all’interno di tali regole rimane molta variabilità personale per quanto riguarda la loro applicazione.
Le persone con un elevato grado di agentività sanno trarre vantaggio dalle opportunità offerte dalle strutture sociali, costruendo modi per aggirare i vincoli istituzionali delle strutture stesse.
Al contrario le persone inefficaci sono meno abili nello sfruttare le risorse offerte dal sistema e più soggette a scoraggiarsi di fronte a possibili difficoltà.
Le azioni delle persone, insieme ai loro effetti, danno forma alle competenze, ai sentimenti, alle credenze sul sé.
Un ruolo centrale è ricoperto dalle capacità personali. Attraverso i processi cognitivi, le persone sono in grado di conoscere sé stesse e il mondo, al fine di regolare in esso il proprio comportamento. In particolare: stabilire obiettivi, monitorare il comportamento in funzione di standard personali, prevedere gli esiti delle azioni in relazione al contesto entro il quale si agisce, valutare e riflettere sulle capacità di affrontare le sfide future, capitalizzare dall’esperienza propria e altrui.
I nostri ragazzi non lo sanno razionalmente, ma sentono che vogliono quanto sopra descritto. Vogliono conoscere sé stessi e il mondo, al fine di regolare in esso il proprio comportamento. Vogliono stabilire obiettivi, definire una strategia per raggiungerli. Monitorano il loro comportamento in funzione dei loro standard personali. Cercano di prevedere gli esiti delle loro azioni in relazione al contesto entro il quale agiscono. Valutano, riflettono sulle loro capacità sia di affrontare le sfide future, sia di imparare dall’esperienza propria e altrui.
Tutto questo lo fanno nel mondo digitale. Quando chattano, quando frequentano i social, non stanno perdendo tempo. Stanno imparando, crescono, cambiano. Con una rapidità che spaventa e sconcerta gli adulti.
Gli psicologi hanno da tempo riconosciuto che noi, come individui, funzioniamo molto meglio quando riteniamo che le nostre azioni influenzino ciò che accade. Quando, attraverso il nostro comportamento, possiamo determinare un risultato.
In sintesi, quando abbiamo ed esercitiamo il libero arbitrio.
La vita digitale degli adolescenti non è una perdita di tempo, una fuga della realtà. Al contrario è il mondo da cui traggono reali benefici e vantaggi e lottano per sentirsi in controllo, per avere il controllo, per avere agentività digitale.
I social media offrono agli adolescenti quanto domandano: espressione personale, esplorazione di interessi e valori, connessione con i coetanei, curiosità per il grande mondo che è la fuori.
L’incontro fra offerta e domanda genera conflitti. Da un lato cercano di regolare le loro abitudini digitali, dall’altro si ritrovano a usare applicazioni che, per il modo stesso con cui sono progettate -vedi Snapchat- dettano loro tempi e ritmi, o impongono comportamenti.
Se sei un adolescente senti i conflitti di cui sopra quando:
- qualcuno ti chiede foto osè e senti che non importa cosa decidi, (incluso dire “no”) tanto, comunque, hai perso;
- ti preoccupi per un amico in difficoltà, ma vuoi anche non pensarci troppo, vuoi poterti disconnettere;
- ti interessano questioni civiche, ma riconosci il pericolo di postare o di rimanere in silenzio;
- ti senti intrappolato in bolle di realtà generate da filtri indesiderati che determinano ciò che vedi;
- ti viene detto di prenderti cura della tua presenza digitale, delle impronte digitali che lasci in giro, ma non puoi impedire ai tuoi pari di pubblicare tue cose che non vorresti mai vedere online.
- ti preoccupi dei rischi alla tua privacy, ma devi affrontare una realtà dove molti di questi rischi sono del tutto fuori dal tuo controllo.
Non è facile essere adolescenti.
Esistono percorsi critici per aiutarli. Torniamo agli insegnamenti di Albert Bandura e alle diverse tipologie di agentività da lui delineate.
In primo luogo, occorre insegnare agli adolescenti a costruire la loro agentività, il loro libero arbitrio: cosa possono fare per influenzare le situazioni. Il che vuol dire dare loro strumenti e conoscenze per gestire le loro interazioni sui social media così da sentirsi bene e uscire dagli account che li fanno sentire male; per segmentare strategicamente i loro follower (il loro pubblico digitale) così da consentire una condivisione più mirata a gruppi selezionati; per darsi un limite di tempo davanti allo schermo; per mettere i loro telefoni fuori portata quando vogliono concentrarsi sullo studio (vedere le positive reazioni degli studenti del liceo Malpighi di Bologna che ha messo al bando nell’orario delle lezioni i cellulari).
Aiutare gli adolescenti a costruire la loro agentività personale significa alimentare le abilità e le strategie che possono utilizzare quando l’uso della rete diventa motivo di stress. Le regole che impongono limiti arbitrari servono a poco, ma aiutano a sviluppare sane abitudini di uso dello schermo, frenando la bulimia digitale.
Un obiettivo importante è aiutare gli adolescenti a riconoscere quando l’uso della tecnologia aumenta o riduce sia il loro benessere, sia i loro obiettivi personali. Per farlo occorre capire cosa fa e prova un adolescente quando sta davanti allo schermo e perché.
Troppi genitori non ne hanno la minima idea. Non va bene per nulla.
Modellando noi adulti le nostre abitudini digitali, possiamo aiutare gli adolescenti a fare lo stesso. Per farli pensare basta dire davanti al proprio figlio/figlia o possibile loro combinazione: ”Oggi questo telefono mi distrae troppo. Disattivo le notifiche per un po’. Troppo stress. Mi devo ricaricare le batterie…”.
Genitori e professori devono essere “esempi forti”. Dobbiamo condividere con i nostri ragazzi le nostre lotte con le esperienze digitali, i passi falsi che abbiamo fatto e facciamo, il nostro chiederci come “fare la cosa giusta”.
Costruire l’agentività personale può anche significare anticipare e discutere i dilemmi prima che si presentino. Possiamo così aiutare a ridurre l’ansia e creare modi per costruire abilità comunicative o piani strategici che consentano agli adolescenti di sentirsi più “agentivi” quando il momento lo richiede.
Questo può significare sapere come rispondere a un messaggino romantico che chiede una foto di nudo o per stabilire, gentilmente, ma fermamente, il limite oltre cui un amica/o non può andare con i suoi sms a sfondo sessuale.
Esiste anche l’agentività collettiva e si manifesta quando le persone forniscono supporto reciproco e lavorano insieme per garantire ciò che non possono realizzare da sole. Tipico esempio: i modi in cui gli adolescenti stipulano patti per controllare le foto l’uno dell’altro prima di taggare e pubblicare. Anche in mezzo allo sgomento per un mondo in cui la privacy sembra essere evaporata, ci sono adolescenti che trovano il modo di proteggere e rispettare la privacy e l’immagine pubblica online l’uno dell’altro.
L’agentività collettiva degli adolescenti è in opera quando le ragazze condividono informazioni riguardo a ragazzi noti per far circolare foto non loro e molto personali, così da evitarli. Oppure quando vengono creati spazi di studio online su Zoom per aiutarsi a vicenda a mantenere la concentrazione tenendo sotto controllo le altre distrazioni digitali. Gli amici sono pronti a rendere la vita digitale meno stressante. Quando gli adolescenti lavorano insieme per ridefinire le regole da seguire, più o meno stringenti, giocano un gioco a somma positiva. Vincono tutti.
I genitori possono sostenere gli sforzi che supportano l’agentività collettiva, come quando decidono, durante una cena con gli amici, di mettere tutti i cellulari in un cesto. Spenti. Oppure quando usano la condivisione della posizione come attività di gruppo per proteggersi a vicenda durante una serata fuori.
Invece di limitare l’accesso alla tecnologia o togliere ogni vincolo, si deve dare il buon esempio di come usarla al meglio.
Mentre gli adolescenti più giovani hanno bisogno di una supervisione più diretta, i genitori possono sostenere il libero arbitrio attraverso un rilascio graduale di indipendenza e una privacy più adeguate all’età man mano che i loro figli crescono.
L’agentività per procura è la modalità in cui gli adulti entrano più spesso. Questa riconosce che sia da soli, sia quando collaborano con gli altri, gli adolescenti hanno solo un minimo di controllo sul loro ambiente. Sono gli adulti di solito a creare regole, politiche e le leggi relative (per non parlare delle stesse tecnologie utilizzate dagli adolescenti!), sono loro che rivestono un ruolo critico nel contesto digitale di opportunità e rischi.
I genitori sono forse le figure più implicate, perché prendono decisioni quotidiane che garantiscono e limitano l’accesso digitale degli adolescenti. Seguono coloro che ricoprono ruoli di selezione e decidono se e come valutare abilità e artefatti digitali nelle ammissioni scolastiche, nell’assegnazione di borse di studio e nelle assunzioni.
Chi lavora nel mondo della scuola spesso ha il compito di gestire le problematiche che si verificano tra gli studenti- Per esempio quando un adolescente è bersaglio di cyberbullismo persistente o dove una sua foto imbarazzante è stata fatta circolare in tutta la scuola.
Chi progetta applicazioni dal canto suo ha il potere e la responsabilità di non proporre funzionalità che attirino gli adolescenti a scapito del loro benessere.
Riconoscere i nostri ruoli, prendendo atto della nostra agentività adulta, significa riconoscere la responsabilità che abbiamo nel creare condizioni che possano (involontariamente) minare l’agentività giovanile.
Dobbiamo chiederci in che modo le nostre decisioni danno supporto o compromettono il libero arbitrio e il benessere dei giovani.
Dobbiamo chiederci dove, quando e come intervenire, staccare dispositivi, chiudere applicativi, definire norme, politiche e leggi.
Occorre farlo subito.
Elaborazione di “Dietro i loro schermi: ciò che gli adolescenti affrontano (e gli adulti non capiscono) di Emily Weinstein e Carrie James.
Prima stampa su “The MIT Press”, 2022.