Non mi si venga a dire che l’allarme è solo americano e che da noi non succede. Se è vero che la ricerca riguarda gli Stati Uniti, è altrettanto garantito che i risultati della ricerca di Consumer Intelligence Research Partners LLC (CIRP) calzano a pennello ovunque li si voglia applicare.
Le truppe capitanate da quel gentiluomo di Jeff Bezos hanno invaso la nostra vita con violenza proporzionale a quella degli eredi dell’Armata Rossa in terra ucraina ma sfruttando un vantaggio tattico fondamentale: la inconsapevole collaborazione delle stesse vittime.
Chi oggi è spiato in ogni angolo della sua casa a qualunque ora del giorno è complice di chi lo ha schedato, ne traccia ogni attività, ne raccoglie ogni pensiero: il semplice aver acquistato, installato ed utilizzato uno dei dispositivi etichettati Amazon è equivalso ad indossare un invisibile guinzaglio o immaginarie catene.
L’abbattimento di qualsivoglia barriera a tutela della riservatezza di ciascuno è da addebitarsi a quelle due dozzine di dispositivi “intelligenti” che sono entrati nelle case non di soppiatto ma dalla porta principale e con l’accoglienza accorata che segue ogni spasmodica attesa.
Partiamo dal presupposto, spesso trascurato, che certi aggeggi elettronici nel corso del loro funzionamento generano inevitabilmente dati che innescano azioni secondo protocolli ben definiti, vengono memorizzati localmente o sono trasmessi a qualche server chissà dove che ne farà chissà cosa.
Certi attrezzi non ne possono fare a meno, ma prodotti e servizi targati Amazon sembrano essere meno timidi di altri, forse persino un po’ troppo impiccioni e invadenti, probabilmente pronti ad approfittare dell’innocente desiderio di chi vuole automatizzare la casa (o crede semplicemente di farlo).
Gli esperti del CIRP sono sicuri che nessuna altra azienda del comparto “Big Tech” abbia simile capacità di entrare così a fondo nella vita domestica dei propri utenti. I gadget in questione contribuiscono alla redazione – fino al minuscolo dettaglio – del profilo di ciascuno degli utilizzatori, evidenziando l’efficacia di quella che potremmo definire “intelligence ambientale” che trova il suo habitat dalla cucina al garage, dalla toilette alla camera da letto, dal salotto al ripostiglio.
Le informazioni “partorite”, acquisite, ricevute, comunicate e conservate sono le tessere del mosaico con cui Amazon – senza alcuna velleità artistica – riesce a ritrarre minuziosamente il quadro pittorico-socio-economico di ciascuno dei malcapitati suoi clienti.
Dal canto suo il colosso del signor Bezos assicura di non vendere le informazioni di cui entra in possesso, ma due sono le difficoltà a verificare la sincerità di simili dichiarazioni: in primo luogo non è tecnicamente agevole accedere ai server di quell’azienda (sarebbe già difficile localizzarli…) e in secondo la normativa in materia di privacy varia in giro per il mondo spesso in maniera contraddittoria.
Un problema ulteriore è determinato dalla tutt’altro che remota possibilità che certe informazioni possano essere rubate (o semplicemente copiate in modo illecito) oppure cedute a qualche Governo che ne vuole fare un uso “non commerciale”…
Nei prossimi “corsivi corrosivi” esamineremo con calma le caratteristiche dei congegni cui abbiamo appena fatto cenno, così da prendere atto che siamo effettivamente “sorvegliati”. Si comincerà con Echo/Alexa e Ring… Da non perdere…