Nel mestiere del giornalista si apprende assai presto a distinguere tra le notizie vere, legate ad accadimenti individuali o collettivi che originano dal naturale svolgersi delle vicende umane; e le campagne di stampa – legate a ideologia o a puro lucro – che mirano a mettere in evidenza individui, gruppi, o circostanze che in sé non avrebbero interesse alcuno.
In presenza di questo tipo di fenomeni, serietà imporrebbe il relegare i suddetti individui, gruppi, o circostanze all’oblio del silenzio. Ogni menzione, ogni articolo, ogni osservazione anche critica, non fa che aumentare l’attenzione e suscitare il dibattito, che è proprio l’obiettivo che gli interessati si propongono di ottenere.
Ci sono tuttavia delle circostanze in cui i comportamenti individuali, veicolati a mezzo stampa, stridono così fortemente non solo con il pubblico interesse, ma anche con le leggi che governano il nostro paese, che non è possibile tacere. Questo, in particolare, quando molteplici organi di informazione ignorino – coscientemente o meno – le suddette norme di legge nel presentare figure, fatti, e circostanze, suggerendo al lettore un giudizio positivo o quantomeno applicando un’etichetta di rilevanza.
La cittadina italiana Giulia Schiff negli ultimi anni ha fatto parlare molto di sé, uscendo da un anonimato comune alla grandissima maggioranza dei suoi coetanei. È venuta per la prima volta agli onori delle cronache quando, essendo allieva pilota dell’Aeronautica Militare, si è resa protagonista di un episodio connesso al conseguimento del brevetto di volo.
Per tradizione – una tradizione accettata da tutti i membri dell’organizzazione, e praticata in altra circostanza dalla stessa Schiff – un allievo pilota che consegua il brevetto, viene prelevato sotto l’aereo su cui ha compiuto il primo volo in solitaria dai propri compagni di corso. Questi ultimi lo trasportano a braccia verso un piccolo monumento rappresentato da un alettone di aereo, contro il quale l’allievo viene costretto a dare una capocciata.
Nel percorso tra l’aereo e l’alettone, l’allievo viene sculacciato con dei rami – l’uso di questi ultimi è stato introdotto con l’entrata delle donne in Aeronautica, prima si faceva a mano. La piccola cerimonia goliardica – perché di questo si tratta – si conclude con un tuffo in piscina, da cui si emerge come da un battesimo, e si viene abbracciati da compagni e superiori, che accolgono il neo-pilota militare nella confraternita dei combattenti del volo.
Per sua affermazione, successivamente smentita da diversi gradi di giudizio, la non accettazione di questa cerimonia goliardica avrebbe comportato per Giulia Schiff l’emissione da parte dei suoi superiori di una serie di giudizi sempre più negativi, risultanti alla fine nella sua dimissione dall’Aeronautica Militare.
Non accettando la decisione dei superiori, che, come detto, è stata accertata in giudizio come dipendente unicamente dalle sue insufficienti prestazioni e prospettive in quanto futuro pilota militare, la Schiff ha legittimamente – dal suo punto di vista – cercato l’appoggio di figure istituzionali e pubbliche che le hanno manifestato la propria solidarietà. Quest’ultima, in sé, sarebbe stata anche legittima, se non fosse provenuta da esponenti politici con incarichi di governo, mentre i colleghi della Schiff – da lei denunciati penalmente per percosse – non stessero affrontando un processo, e dunque non avessero rischiato che tali prese di posizione influenzassero la serenità dei giudici.
I diversi passi della vicenda sono stati doverosamente, anche se non necessariamente sempre con il dovuto equilibrio, riportati da molteplici organi di informazione. Tuttavia, fatalmente, ad un certo punto la vicenda si è naturalmente spenta, ed i riflettori sono stati puntati da un’altra parte. Il processo penale nei confronti degli otto colleghi si celebra ormai da quattro anni, e se venisse riconosciuta la loro innocenza, la Repubblica Italiana avrebbe perso otto validi ufficiali piloti, sui quali ha investito tempo e risorse economiche.
I riflettori sulla Schiff si sono riaccesi allo scoppio della guerra in Ucraina, in seguito al quale ella ha annunciato a mezzo stampa che sarebbe partita in quanto volontaria per andare a combattere a fianco dei soldati dello stato aggredito.
Sia chiara subito una cosa: la guerra in Ucraina è una brutale ed illegale invasione da parte della Russia di un paese libero ed indipendente. Come tale, il mondo libero e la coscienza civile di qualunque cittadino di una nazione democratica, devono fornire ogni appoggio possibile affinché gli aggrediti possano difendersi e ricacciare indietro gli aggressori. Qualunque altra posizione rispetto a questa costituirebbe una rinuncia totale o parziale ai valori sui quali l’intera civiltà occidentale si poggia. In questo senso, è pienamente comprensibile e perfino moralmente apprezzabile chiunque scelga di partecipare in prima persona allo sforzo di ricacciare gli invasori dietro il proprio confine.
Al di là delle valutazioni morali, tuttavia, e dell’anelito di libertà che guida la coscienza di qualunque individuo democratico, esistono le leggi. Quella italiana, in particolare, vieta e punisce penalmente qualunque cittadino italiano che si arruoli nelle fila di un esercito straniero. Se da questo arruolamento dovesse conseguire l’impiego effettivo sul campo di battaglia, e tale impiego potesse essere interpretato dalla parte opposta come un atto di ostilità da parte del paese di appartenenza del volontario verso di sé, le pene sono ulteriormente aggravate.
La cittadina Giulia Schiff, dunque, ha commesso un reato penale; ed il malcelato entusiasmo con il quale diversi organi di comunicazione riferiscono delle sue presunte imprese belliche – non è dato sapere a quanti e quali combattimenti abbia eventualmente partecipato – è perlomeno inopportuno, se non fiancheggiamento ed istigazione a commettere lo stesso reato da parte di altri cittadini.
Il perseguimento della cittadina Giulia Schiff, obbligatorio in quanto connesso a reato penale, rimane nelle mani della magistratura, la quale ha ampia evidenza – essendo rea confessa – dei fatti. Su questo aspetto, quindi, non è opportuno formulare ulteriori giudizi.
Anche sulla continuamente ricercata attenzione da parte della stampa – si può fare il volontario senza annunciarlo urbi et orbi – il giudizio resta sospeso tra l’effettiva notiziabilità e la ricerca di visibilità per autogratificazione o in funzione di altri obiettivi di breve, medio, o lungo periodo.
Ciò che resta invece come certezza è che la stessa cittadina Giulia Schiff non fosse adatta a ricoprire il ruolo di ufficiale delle Forze Armate. All’atto dell’arruolamento, infatti, ella ha pronunciato un giuramento che l’ha impegnata sine die ad essere fedele alla Repubblica Italiana e ad osservarne la Costituzione e le leggi. Un giuramento che i suoi atti successivi mostrano essere stato completamente disatteso.