Domenica 20, in occasione del fatidico blocco festivo del traffico nella Capitale, ad alcuni cittadini è apparso Reinhold Messner che – etereo nel cielo piovigginoso – sospirava quel “purissima” con cui arringava i telespettatori in un noto spot pubblicitario.
In realtà, a Roma, l’aria è pesante. Inquinamento? No, sfiga di una purezza cristallina.
Ne sono certi i proprietari di auto euro 2 e di moto euro 1 che – messi al bando i rispettivi veicoli nella quasi totalità della superficie della Città Eterna – hanno accolto di buon grado le disposizioni municipali sapendo di poter contare su un efficientissimo trasporto pubblico e non immaginando le iniziative sportive che il Sindaco potrebbe aver varato in segno di protesta per la mancata nomination di Roma per le Olimpiadi del 2024.
A chi si chiede cosa “ci azzeccano” le competizioni contrassegnate dalla policromia a cinque cerchi, dico solo – a mutuare il figlio di Piero Angela – “se avete la pazienza di seguirci” e mi affretto a spiegare.
In plateale risposta al “no” con cui Virginia Raggi ha stroncato le velleità di far convergere il mondo agonistico all’interno del Grande Raccordo Anulare, Roberto Gualtieri ha voluto dimostrare la cosiddetta “atleticittà” (non è un refuso, ma un virtuosismo lessicale…) di Roma e il dinamismo dei suoi abitanti.
Lunedì 21 Novembre – senza bisogno di tedoforo e di braciere (anche per evitare potenziali sacrileghi armati di spiedini, scottadito e salsicce) – alle 7 e 30 hanno avuto inizio una serie di gare che – pur senza preavviso – hanno visto la popolazione locale dar prova di disinvoltura corporea davvero inestimabile.
A costo zero per il Campidoglio, grazie alla fattiva collaborazione dell’ATAC e alla dedizione del suo personale tecnico, nell’area compresa tra Castro Pretorio e la Basilica di San Paolo si sono tenute sfide ed incontri interdisciplinari che avrebbero messo a dura prova un decathleta ma non hanno minimamente turbato i “cives romani”
Lo sforzo organizzativo è stato davvero minimo e tutt’altro che dispendioso, l’effetto sorpresa ha poi premiato la spontaneità dei partecipanti.
E’ bastato chiudere per ore la linea B della metropolitana per problemi di alimentazione elettrica per tramutare piazze e vie nel più grande stadio del pianeta. Chi ha ormai abbandonato la propria auto ecologicamente obsoleta, ha potuto mettere alla prova la propria resistenza psichica e fisica senza sottoporsi a penose ed onerose terapie tradizionali: ritrovarsi bloccati ben lontani dalla propria destinazione e da un nodo di scambio ha permesso l’immediato avvio di gare individuali e a squadre.
L’inaugurazione è coincisa con una “corsa di orientamento” che la Treccani definisce “sport nato alla fine del secolo 19° nei paesi scandinavi (noto perciò anche con il nome svedese orienteering)”. Al grido decoubertiniano “e mo’ n’do cazzo annamo?” i passeggeri della metropolitana si sono subito cimentati in una prova di scatto e poi di resistenza che ha messo in difficoltà chi non si era adeguatamente allenato. Il traguardo è stato segnato dalla palina della fermata di un mezzo pubblico su gomma. Gli involontari atleti – vedendo sopraggiungere un autobus (poco importa dove portasse) – sono passati con sublime scioltezza a cimentarsi in numerose competizioni a scontro diretto: pugilato, judo, karate e altre tecniche di difesa personale hanno segnato il fluido transito da confronti aerobici a scontri anaerobici. La conquista di un posto sul pullman è stata quindi abbinata ad una prova di “apnea anidra” (la mancata adozione di “ascellometri” non è stata compensata dal distanziamento ereditato dalla pandemia) e ad una di opposizione allo schiacciamento (curiosa inversione del sollevamento pesi) che ha riservato memorabili performances.
Molti per raggiungere il posto di lavoro hanno preferito una rievocazione della Maratona di Roma e la bella giornata di sole ha contribuito ad alleviare lo sforzo per arrivare in ufficio….
Tralasciando il medagliere e l’attribuzione di Stelle al Merito sportivo (di competenza quirinalizia), i meno accaniti alla forzata competizione hanno avuto il tempo di riflettere sul destino avverso.
La difficoltà a spostarsi in ambito urbano, oltre a determinare un’impennata del tasso di blasfemia che ha generato una sorta di nube tossica, ha indotto le malelingue a pensare che qualcuno porti jella.
Nonostante la gratitudine per l’impegno ambientalista ed olimpionico, viene persino difficile tornare a citarlo. Avesse mai ragione il superstizioso che attribuisce la malasorte ad un insospettabile concittadino?