Egregio Signor Musk, la ringrazio per il tempo che vorrà dedicare a rispondere a qualche semplice, spero non troppo banale domanda.
Domanda numero uno: Lei chi è?
Il re dei ciarlatani, l’artista del pacco, il genio della truffa?
Oppure il meglio del meglio delle capacità imprenditoriali, gestionali, finanziarie, una reincarnazione aggiornata di re Mida, capace di trasformare ogni cosa che tocca, non in oro, ma in profitti magici?
Ovviamente non consideriamo accettabile la prima ipotesi, di certo espressione di invidie e gelosie, anche se lei non è che faccia un grande sforzo per essere più simpatico e per eliminare miti e leggende. Un esempio per tutti. In tanti pensano che Tesla sia una sua idea. Non è vero. Tesla Motors è stata fondata nel luglio 2003 da Martin Eberhard e Marc Tarpenning. Nel febbraio 2004, investendo 6.5 milioni di dollari, lei è diventato l’azionista di riferimento. Solo il 14 per cento di Tesla è suo. In tanti pensano che lei sia il proprietario unico. Lei non ha mai smentito.
L’anno scorso Tesla ha venduto 936,222 vetture. A titolo di confronto Toyota ne ha vendute 9 milioni 562 mila 483. La cifra di affari di Toyota nel 2021 è pari a 255mila 817 milioni di dollari. Quella di Tesla è circa un quinto: 53mila 823 milioni di dollari. Eppure la capitalizzazione di mercato di Tesla è pari a 598 miliardi di dollari, mentre quella di Toyota è meno della metà, ovvero 237 miliardi di dollari. Com’è che fa a farsi valutare così tanto imprese nemmeno sue? Magari con le leggende che lei alimenta con sicura arte?
Tesla Motors ha collezionato denunce, il governo USA l’ha messa sotto osservazione, genera continuamente controversie a seguito di sue affermazioni e azioni alquanto folkloristiche, per non parlare delle accuse nei suoi confronti di contabilità creativa, violazione dei diritti dei lavoratori, rappresaglie nei confronti di chi la critica.
Il fatto poi che le sue vetture ogni tanto danno i numeri, partono da sole, frenano quando non devono e causano incidenti e vittime a lei non interessa troppo. Lei liquida il problema affermando che sono problemi di infanzia della tecnologia fantastica che utilizza nei suoi prodotti.
Lei ci è o ci fa?
Domanda numero due.
Lei ha da poco acquistato per 44 miliardi di dollari Twitter. A dire il vero le hanno imposto di acquistarla. Opportuno ricordare la storia.
Twitter è un servizio basato sul protocollo Internet ed è una rete sociale, ovvero un gruppo di individui connessi tra loro da diversi legami sociali. Da quando Jack Dorsey lo creò nel marzo 2006 e lanciò nel luglio dello stesso anno, ha guadagnato popolarità in tutto il mondo; si stima abbia più di 300 milioni di utenti che generano 65 milioni di tweet al giorno e gestisca più di 800 000 richieste di ricerca giornaliere.
La rete consente di postare messaggi di testo con un massimo di 280 caratteri (originariamente 140), chiamati tweet (cinguettii), che vengono visualizzati nella pagina principale dell’utente. Gli utenti possono iscriversi ai tweet di altri utenti, diventando così “seguaci”, follower e talvolta tweep (twitter + peeps che si traduce con sbirciatine, sono i seguaci alle prime armi che non hanno ancora fatto molti tweet).
Nel 2012 ha raggiunto i 500 milioni di iscritti e 200 milioni di utenti attivi che accedono almeno una volta al mese. Nel 2013 era uno dei dieci siti più visitati; al 2018 Twitter contava oltre 321 milioni di utenti attivi mensilmente e fatturava oltre 2,5 miliardi di dollari all’anno, con un valore di mercato superiore a 10 miliardi di dollari.
Il 25 aprile 2022 il consiglio di amministrazione di Twitter ha concordato un’acquisizione da 44 miliardi di dollari da parte sua, signor Elon Musk. L’8 luglio lei ci ha ripensato, dichiarando di volere rescindere l’accordo, perché non era stato debitamente informato sugli account falsi presenti nella piattaforma. Il 27 ottobre lei è tornato sui suoi passi, decisione non del tutto spontanea, visto che è stato obbligato a farlo per evitare grosse scocciature legali. Per mesi le ha tentate tutte per fare marcia indietro, ma questa volta non è andata come voleva.
Pagare 4 volte il valore di mercato non è che sia è proprio un gran bel investimento. O no? Lei è o non è il genio dell’imprenditoria?
Domanda numero tre.
Cosa le costa avere un po’ più di eleganza nei suoi comportamenti?
Capisco che strapagare Twitter, che nemmeno più voleva, non l’abbia reso particolarmente felice, ma era davvero necessario presentarsi come neo-proprietario con un lavandino in braccio, per dare il messaggio che avrebbe infilato tutti nello scarico? Non si è presentato con una tazza di gabinetto solo perché pesava troppo, vero?
Posso anche capire la sua prima mossa di licenziare in tronco i vertici dell’azienda che di fatto l’hanno obbligata all’acquisto, ma era proprio necessario farli accompagnare all’uscita dagli uomini della sicurezza? Vincere è una cosa, umiliare i vinti non serve mai.
Poi ha licenziato metà delle maestranze. Il che è una sciocchezza per una serie di motivi. In primo luogo perché solo i manager mediocri rimettono a posto i conti licenziando. Ne abbiamo tanti di esempi qui in Italia, signor Musk, sappiano di che parliamo.
Poi, perché facendolo, lei ha buttato via metà del capitale di conoscenza tacita sviluppata dall’azienda negli anni. Cosa non saggia e foriera di grossi guai. Doveva aspettarselo che di quelli rimasti, molti altri se ne sarebbero andati. Non si lavora per un’azienda di cui non si rispetta il capo.
Qui in Italia c’è stato un soggetto, anche lui con esperienza pregressa nel settore dei trasporti e con il cognome che inizia come il suo, anche lui non molto elegante nei suoi modi, con cui lei condivide l’ego sconfinato, l’arroganza illimitata, i licenziamenti in tronco, le urla, l’incapacità di gestire la rabbia, la ricerca continua di soggetti da accusare… che è riuscito in un paio di anni a distruggere quanto era stato costruito in decenni.
Le consiglio caldamente di studiare il suo caso, ne trarrebbe sicuri insegnamenti.
Dicono di lei che è un vulcano di idee originali. Però nel caso di Twitter ha affermato che vuole fare diventare Twitter “l’accelerante per creare X, l’applicazione per tutto”. Mi dispiace informarla che lei si propone di copiare in tutto e per tutto WeChat, la super-app cinese che permette agli utenti di chattare, fare video chiamate, pagare e ricevere denaro, comprare, vendere, prenotare, viaggiare, video giocare, insomma tutto. Permette anche a chi lo gestisce di acquisire una marea di dati sugli utenti, con finalità spesso legali e altre che di legale hanno ben poco.
Domanda numero cinque. Che assicurazioni è in grado di dare ai suoi 240 milioni di utenti in merito alla sicurezza e alla privacy?
Lei, prendendo sicuramente ispirazione da altro soggetto italico che ha la mania dei referendum in tempo reale, referendum che non si sa mai in quanti hanno votato, ha riammesso l’ex presidente Trump su Twitter dichiarando che il 52 per cento dei votanti si espresso in tale senso. Ha anche dichiarato che l’averlo censurato, a seguito dei disordini da lui fomentati a Washington DC, con l’invasione del Parlamento da parte di rivoltosi dichiaratamente di estrema destra, è stata decisione “moralmente cattiva e semplicemente stupida…” Mah! Quali altre decisioni simili prenderà, visto che considera Twitter troppo politicizzata a sinistra? Di che sinistra si parla poi, avendo a che fare con gli USA non è ben chiaro.
Vero che ha fatto sapere che “Twitter formerà un consiglio di moderazione dei contenuti con punti di vista molto diversi. Nessuna decisione importante sui contenuti o ripristino dell’account avverrà prima della convocazione del consiglio”. Alla luce delle sue recenti azioni e decisioni, non è però facile crederle.
La moderazione dei contenuti ha implicazioni reali per la sicurezza degli utenti su qualsiasi piattaforma, in particolare quando comporta incitamento all’odio e disinformazione violenta. Ci sono altri aspetti, tra cui la privacy dei messaggi diretti di Twitter, la protezione da richieste illegali di dati da parte del governo e la qualità complessiva delle protezioni di sicurezza di Twitter, da tenere in conto.
Le posso ricordare le recenti accuse di Peiter “Mudge” Zatko, ex responsabile della sicurezza, che ha descritto Twitter come dotato di difese di sicurezza digitale gravemente inadeguate?
Signor Musk, anche se sono certo che non risponderà a questa mia ultima domanda, lei è il neo re Mida, oppure il re della truffa?
Mister Elon e Dottor Musk, le devo riconoscere abilità e fascino, altrimenti come mai un Ministro della Repubblica italiana, senza porsi alcuna domanda sulle sue effettive capacità, l’ha invitata a investire nel nostro paese.
Non le nascondo che ho il timore che anche lei seguirà la norma di comportamento, mai ammessa e sempre seguita, di una nostra grande ex-industria che dichiarava che i profitti erano sempre suoi, mentre le perdite erano sempre dello Stato italiano.
Ho paura che il prossimo libro che parlerò di lei avrà come titolo: “I miei danni all’Italia”.