Irregolarità nelle operazioni di trattamento dei dati o involontaria richiesta indebita di somme al contribuente?
Nel Paese della digitalizzazione di grande successo, dove tutti strombazzano risultati e progressi, si rivive con terrore l’incubo delle “cartelle pazze”.
Un ente locale – subissato da telefonate farcite più di imprecazioni che di celestiali alleluja – si è visto costretto a pubblicare un avviso sul proprio sito web per spiegare cosa è successo.
Nel file pdf si legge testualmente “Si comunica che in seguito ad un errore da parte dell’Agenzia delle Entrate alcuni contribuenti hanno ricevuto un doppio avviso di pagamento in riferimento allo stesso oggetto di imposta ed alla stessa annualità (TARI 2020)”.
Un errore?
Il riferimento ad uno sbaglio (in un epoca in cui tutti vantano la possibilità di incrociare dati e verificarne la congruità, terrorizza che si possano prendere cantonate marchiane) evoca il Principe De Curtis e il suo immortale “Ma mi faccia il piacere….”.
Le cartelle – arrivate simultaneamente ai destinatari – recano importi diversi e una differente didascalia nel prospetto in cui sono spiegate le motivazioni per ciascuna somma dovuta.
Gli avvisi di pagamento hanno poi una numerazione differente e questo lascerebbe pensare al debitore che si tratti di somme entrambe da corrispondere all’Agenzia della Riscossione (la gemella della Agenzia delle Entrate, un tempo Equitalia…).
Lo sbaglio possibile del contribuente zelante
Il cittadino con spiccato senso civico non dubita certo di quel che gli arriva dal Fisco e quindi si premura di prendere i bollettini allegati per correre in banca o alle Poste così da pagare il dovuto senza incorrere in sanzioni e interessi di mora.
Il quisque de populo un po’ più insofferente alle vessazioni (Totò ne “I tartassati” ne incarna un esemplare storico) afferra il telefonino ma scopre che sulla cartella esattoriale non c’è l’utenza cui rivolgersi per avere spiegazioni. C’è, sì, uno sportello virtuale ma le informazioni realmente chiarificatrici – è ben spiegato – le può fornire soltanto l’ente pubblico creditore.
Naturalmente di questo non c’è alcun recapito ma soltanto la semplice indicazione, nel caso specifico “Comune di Monte Argentario Ufficio Tributi”. E’ riportato anche l’indirizzo di Piazzale dei Rioni 8, che in tempi di Covid non è forse di grande utilità vista la riduzione di giorni e di orari di apertura al pubblico.
Il contribuente più determinato si mette alla ricerca di qualche “indizio” per trovare a chi rivolgersi e – con l’aiuto di Google e della fortuna – arriva piano piano a saperne di più.
Le scuse del Comune di Monte Argentario
Se la colpa è dell’Agenzia delle Entrate/Riscossione, probabilmente Monte Argentario non è l’unico Comune ad essere incappato in questa mortificante esperienza e a vedersi costretto a chiedere scusa ai cittadini che abitano nel suo territorio o che in tale circoscrizione hanno la loro seconda casa.
Gli addetti all’Ufficio Tributi sul sito web del Comune non hanno dato grande evidenza al problema. C’è soltanto una voce a centro pagina che riporta il simbolo dei file pdf e la piccola scritta in rosso “TARI 2020 – AVVISO IMPORTANTE”.
Facendo clic su quel link si apre la pagina informativa che fornisce le spiegazioni utili a superare il ferale impatto della doppia pretesa di denaro appena ricevuta per posta.
“Si chiarisce che il versamento deve essere riferito ad un solo avviso , specificatamente quello che nel dettaglio importi “Somme dovuta per” riporta la dicitura: «TARI – ….. – comprensivo di Tributo Provinciale»” è quel che si legge, e subito dopo si ha modo di avere anche il conforto di una esplicitazione grafica del da farsi.
E chi non ha Internet o non ha visto il sito?
Probabilmente tanti contribuenti – magari increduli che il fisco possa sbagliare o semplicemente rassegnati dinanzi alle pretese erariali – non si sono premurati di scoprire cosa fosse successo.
Altri non assistiti da commercialisti o consulenti hanno preso per buone le comunicazioni trovate nella corrispondenza.
Chi non ha una connessione ad Internet (la popolazione più anziana non ha eccessiva dimestichezza con certi strumenti pur tanto diffusi) o semplicemente non ha voluto emulare uno sceriffo cibernetico, non è certo venuto a conoscenza della infondatezza (e della illegittimità) di una delle due buste.
Probabilmente c’è chi avrà diligentemente rispettato i due avvisi di pagamento e versato quanto richiesto.
C’è da augurarsi che qualcuno espliciti ufficialmente le dinamiche di rimborso. C’è poi da sperare che i “guru” tecnologici pubblici facciano un severo esame di coscienza e che qualcuno adotti provvedimenti draconiani nei confronti di chi ha sbagliato recando un danno economico e anche non patrimoniale agli sfortunati bersagli dell’erroneo invio.
Chi dovrebbe occuparsene?
Sicuramente l’Agenzia delle Entrate/Riscossione e altrettanto certamente l’ente pubblico territoriale (auspicando che il “disguido” si sia limitato ai proprietari di casa nel Comune di Monte Argentario) dovranno dare spiegazioni. Tali chiarimenti dovranno essere tempestivi e comprensibili anche per chi non ha competenze tributarie ed informatiche.
Sarebbe bello venire anche a conoscenza dei provvedimenti adottati nei confronti di chi ha combinato questo guaio, ma non succederà. La “demeritocrazia” imperante garantisce l’inamovibilità di chi ha dato prova lampante della propria incapacità e magari l’autore o gli autori di questo vergognoso incidente a fine anno andranno a percepire persino un premio di produttività….
Nel frattempo, come nelle arti marziali, occorre predisporre la legittima autodifesa e, quindi, occhio alle buste che il portalettere vi consegna….