Un giovedì infernale per chi sperava di utilizzare i servizi offerti via Internet dal Campidoglio: il web del Comune, infatti, ha eufemisticamente funzionato a singhiozzo e i cittadini della Capitale ne hanno pagato le conseguenze.
Il sindaco Gualtieri e i suoi collaboratori, dopo aver condannato all’Inferno i romani con la potatura degli alberi, hanno ritenuto di colpire quelli che pensavano di sbrigare pratiche e questioni amministrative per via telematica.
L’aumento esponenziale di bestemmie che si sono levate in cielo stavolta non è da addebitare agli automobilisti legittimamente incazzati per le estemporanee chiusure delle strade. Chi si è azzardato a muoversi in ambito urbano ricorderà per tutta la vita la jam-session botanica sulla Nomentana tra Porta Pia e viale XXI Aprile che ha fatto più repliche di Renato Zero con i suoi concerti: il Servizio Giardini ha provveduto alla remise-en-forme delle piante utilizzando tagliaunghie e forbicine da manicure, mentre chi si spostava poteva godere gratuitamente di un esercizio yoga che lo dissuadeva dallo strangolare gli agenti della Polizia Locale o, come li chiama il popolino, i “pizzardoni”.
Chi in questi (almeno venti) giorni si è messo al volante per le strade della Città Eterna si è esposto al rischio di esser multato per guida pericolosa: il tenere con una mano il calendario era giustificato dal legittimo desiderio di imprecare i Santi senza saltarne uno che fosse uno, ma metteva a repentaglio la sicurezza del conducente, dei suoi passeggeri e dei pedoni lungo l’itinerario.
Una speciale Commissione Pari Opportunità, nella fattispecie mirata a flagellare sia gli utenti dei servizi “materiali” sia i fruitori di quelli online, ha potuto rassicurare la Giunta capitolina che entrambi gli schieramenti erano stati messi in sconfortanti situazioni di difficoltà.
Sul fronte digitale qualcuno ha ritenuto che la paralisi informatica dei sistemi del Comune fosse da addebitare ad una incursione dei pirati hi-tech. Gli estimatori dei servizi “da remoto”, quelli che li classificano abitualmente “da passato remoto”, hanno pregato che non si trattasse di un guasto qualunque ma che invece ci fosse lo zampino degli hacker. Un arrembaggio virtuale – vox populi – potrebbe solo migliorare le performance dei server di Roma Capitale.
Qualcuno ha subito pensato ad un attacco russo, magari legato alla recente illuminazione con i colori giallo blu dell’Ucraina che ha tinto il Palazzo Senatorio in occasione del primo anniversario dell’invasione ordinata da Putin.
Escludendo che i criminali siano venuti in vacanza dalle nostre parti e abbiano preso a male le tonalità delle luci su certi edifici pubblici, i sospetti possono ondeggiare tra mille “gang” di “anarchici per caso”. Si va da chi aspetta inutilmente la metro B1 alla stazione Conca d’Oro a chi vede il proprio bus incendiarsi come una pira funeraria, da chi pensa di avere il morbo di Parkinson e invece sta solo percorrendo una qualunque strada “arata” per dare un tocco di “green” a chi fa lo slalom sui marciapiedi ricoperti di escrementi canini e di monopattini, da chi ha un’auto d’epoca e non può nemmeno tirarla fuori per fare la revisione biennale a quelli che dormono sui cartoni per strada grazie all’inesistenza di servizi sociali, da quelli che dopo aver visto i cassonetti dell’immondizia hanno finalmente capito il mito della cornucopia e così a seguire, purtroppo, all’infinito.
I “disservizi” si sono manifestati proprio nel giorno n cui dovevano essere pubblicate le graduatorie per l’iscrizione alle scuole materne. La coincidenza ha incrementato il volume di pernacchie sui social network, simpatico tributo di stima nei riguardi di chi amministra la città e che in queste ore vede gli hacker come una comodissima giustificazione alle croniche disfunzioni ed inefficienze.