“Una telefonata allunga la vita” lo aveva già detto Massimo Lopez in una storica pubblicità della SIP (la società telefonica privatizzata quando faceva affari d’oro e prossima ad esser ricomprata dallo Stato ormai spolpata e piena di debiti).
Il Ministro Nordio ricorda certamente quello spot, ma esaltarlo a panacea per guarire il “vizio assurdo” (giusto per indicare Pavese e fare una citazione dotta per la gioia di mia moglie che aberra i miei consueti riferimenti clowneschi) mi sembra un pochino eccessivo.
Non c’è bisogno di scomodare il Garante per la tutela delle persone private della libertà personale, l’associazione Antigone o le altre realtà che lottano per una detenzione nel rispetto dei diritti umani, per capire che l’italico pianeta penitenziario non eccelle e probabilmente ha necessità di una revisione concettuale, strutturale, organizzativa, logistica…
Pensare di frenare lo tsunami di suicidi in carcere concedendo maggiori possibilità ai detenuti di telefonare alle famiglieindurrebbe a sorridere, ma qualunque smorfia dinanzi ad una simile enormità sarebbe irriguardosa nei confronti delle vittime, dei loro cari e di qualunque cittadino cerebralmente ed emotivamente normodotato.
Il gesto estremo non si ferma con quel gettone in più che un tempo consentiva di avere ancora una manciata di minuti per dialogare con qualcuno in grado di capire e di interpretare il disagio di chi è disperato.
Non si tratta di schioccare le dita e trovare un rimedio dalle magiche proprietà che – come si narra nella sempiterna campagna elettorale – dimostri la superiorità rispetto le fazioni avverse su cui pesa il fardello delle rogne insolute.
Quello dei suicidi (tanto in carcere, quanto – non lo si dimentichi – nelle Forze di Polizia) è un problema da comprendere e da affrontare seriamente. E davvero non è cosa facile.
A volte le immagini e qualcosa di non urlato possono far riflettere più di ponderosi tomi dottrinali, predisponendo ad una maggiore apertura verso scenari di complessità inaudita.
Il primo colpo di scalpello per scalfire la nostra insensibilità può essere la visione della sesta puntata della delicatissima novella grafica “Strappare lungo i bordi” di uno straordinario Zerocalcare. La miniserie – attualmente fruibile su Netflix – è una cornucopia di suggestioni di tale profondità da avere l’impressione che lo schermo sia 3D… Il destino di Alice e le domande conseguenti possono essere il bandolo di quella matassa inestricabile la cui soluzione non può più essere rinviata.
Nordio dice che ogni suicidio è una sua sconfitta personale. Purtroppo, lo è di tutta la società e la discesa nelle viscere del dolore va fermata al di là delle troppe chiacchiere che divorano le fondamenta del Paese.