In fin dei conti il polverone mediatico sollevato dal generale che rappresenta se stesso più dell’arma che dovrebbe servire non è altro che l’ennesimo rigurgito di populismo à la carte, nouvelle cuisine di molto fumo poco arrosto e niente contorno, a meno che non consideriamo contorno l’enorme anello di piatto vuoto che lo circonda.
L’estate sta finendo e il tempismo è stato perfetto per impiattarci l’ultimo tormentone nel vuoto tipico del momento (ma solo di questo momento?). Il generale ringrazia anche la scemata di interesse per l’appetitoso reality “Sono cornuto, Ti mollo in diretta” dell’alta finanza torinese.
Mi dica generale ma se ho esagerato con l’abbronzatura, mi devo preoccupare? Metto a rischio la percezione della mia italianità, divento un abbrunzat di berlusconiano conio? Dov’è l’archetipo dell’italiano vero? Ci prepara lei con l’intelligenza artificiale una simil-razza ariana o visto che ha snobbato Forza Nuova ha già un eufemismo più Salviniano da presentare al Papeete? Neanche Toto Cutugno può più controbattere, Lei comunque ce l’ha cantata.
Speriamo che il suo prossimo libro non si intitoli “Eugenetica in pillole” con limiti di deviazione dal modello ideale e suggerimenti per la purificazione da down, autistici e sciancati.
Si sentiva sul mercato la mancanza del fai da te “Come parlare alla pancia degli italiani in 5 semplici passi” per chi non sa alzare lo sguardo sopra il proprio ombelico. Gli unici che dovrebbero parlare alla pancia degli italiani sono i cuochi ma anche quelli non parlano, urlano.
Grazie generale ma la libertà di svuotare bile in nome della libertà di espressione ce la siamo presa da tempo, comunque da adesso in poi se un pluridecorato si può lasciare andare, possiamo giustificarci più facilmente: “non rompessero gli attributi ad un semplice cittadino”. Siamo già liberi di dire che una ragazza ubriaca con la minigonna che mestamente accompagna un gruppo di amici nella notte palermitana se l’è cercata ed è consenziente perché dovrebbe essere già a letto, pronta per la lezione di cucina o di punto e croce che la mamma-modello incinta del terzo figlio-porta-bonus le impartirà il giorno dopo. Il reddito di cittadinanza è finito, allora spegniamo la televisione e mettiamoci a fare figli ma sul serio perché gli incentivi arrivano al terzo anche se nessuno ci dice come arrivare anche al primo o al secondo. Poi a educarli ci pensate lei e Amazon.
In questo contesto le micro-massime pronte alla condivisione ci danno l’illusione di acculturarci e acculturare. Come una capsula di endorfina arriva la stessa scossa low-cost e senza rischio che ci da un like o un selfie col sorriso forzato e un ginocchio piegato ad arte. Attenti a quel passetto indietro in più per aumentare l’instagrammabilità del momento, rischiamo di cadere davvero nel baratro come succede ogni tanto nel mondo reale. ok ok just a little pin prick, there’ll be no more aaaah! (“solo una piccola puntura, non ci sarà più il grido “aaah!) dicevano i Pink Floyd e rimaniamo comodamente rintronati e anestetizzati sulla poltrona della cultura spicciola mordi e fuggi.
C’è un parallelo fra la nostra voglia di digerire tutto in facili bocconcini senza alzare lo sguardo alla storia, ai contesti e ai tempi necessari per trarre conclusioni e la passività con cui accettiamo le soluzioni a breve termine dei politici.
Con internet siamo passati dalla lettura dei libri una pagina dopo l’altra ai link che ci fanno saltare da un paragrafo all’altro e passare ad un altro tema in un nanosecondo. I social hanno moltiplicato la diffusione di frasi a prova di schermo del telefonino, la nostra finestra sul mondo piccola come la nostra capacità di guardare oltre.
Consolidiamo la nostra incapacità di distinguere il dettaglio dal contesto, lo sforzo per capire è gigantesco e a scuola non ci insegnano più a farlo. Cosi come digeriamo la brevità dei tweet incassiamo senza battere ciglio soluzioni a breve termine senza una visione del lungo termine.
A dire il vero i politici hanno sempre saputo che l’uomo ha la memoria corta, ma la velocità del mondo di oggi facilita la confusione e il risettaggio della nostra memoria.
Così ci scordiamo che le stesse colpe attribuite alla sinistra qualche anno fa, adesso le attribuiamo alla destra. Allora giochiamo un po’ con i numeri: da quando è al governo la destra gli sbarchi sono aumentati in modo esponenziale. Ma non lo si diceva alla sinistra?
Confondiamo le istanze comuni a tutti i cittadini con quelle da etichettare “di destra” o ”di sinistra” in base alla convenienza. Come se gli unici cittadini che vogliono più sicurezza sono quelli di destra e forse quelli di destra sono più capaci di selezionare dai barconi a Lampedusa gli immigrati con le lauree ma la sinistra vuole solo i criminali incalliti pronti ad unirsi a mafia e ndrangheta appena scappati dal centro profughi.
In questo vuoto di memoria ci gustiamo le miopiche soluzioni dei politici impiattate in mini porzioni dai titolisti delle testate, pronte al copia incolla mordi e ritwitta dei social. Via libera alle affermazioni lapidarie, alle frasi facili, ai dogmi e ai manicheismi che ci rendono la vita semplice e digeribile, bianca o nera.
La colpa non è sua, generale, lei ha solo cavalcato l’onda come Trump è pronto a cavalcarla nuovamente.
C’è qualcosa di diabolico in questa estate mentre i russi si schiantano anche sulla luna e gli indiani no, le navi che portavano disperati albanesi a Bari si affiancano a quelle dei disperati turisti che immortaleranno i tramonti che fanno da sfondo al calice di spritz ma faranno fatica a ricordarsi qual era il tramonto di Tirana e quale quello di Durazzo.
Nel celodurismo imperante bussiamo. Tic toc, c’è qualcuno? No scusate, TikTok, chi c’è?