Hanno in comune un record di velocità. Il primo per aerei con motore a pistoni, la seconda per la traversata dell’oceano atlantico. Dimostrano cosa si può fare quando si vuole raggiungere un obiettivo apparentemente impossibile, quando si ritrovano insieme le persone giuste che condividono passione, competenze, immaginazione, creatività, risorse, un poco di follia e la giusta dose di fortuna.
M.C.72 e nave Destriero. M.C. sta per Macchi Castoldi, rispettivamente fabbricante e progettista di un idrovolante da corsa che ha fatto storia: nel 1934 ha volato a 730 chilometri all’ora. Lunghezza 8,32 metri, altezza 3,58 m, apertura alare 10,24 m. Peso a vuoto 2.505 kg. Peso massimo al decollo 3.031 kg. Motorizzazione: 1 × FIAT AS.6, motore a pistoni raffreddato a liquido, progettato dall’ingegner Tranquillo Zerbi; cilindrata 51mila 100 cm3, più o meno la cilindrata totale di cinquecento FIAT 500 prima versione, ottenuto accoppiando in tandem due motori AS.5, controrotanti, per un totale di 24 cilindri a V di 60°; 2 mila 851 cavalli (2.126 kW). Propulsione: due eliche quadripala, controrotanti. Un gioiello.
Progettato nel 1930 come l’ultima speranza dell’Italia per la terza vittoria necessaria alla conquista definitiva della prestigiosa Coupe d’Aviation Maritime Jacques Schneider, meglio conosciuta come Coppa Schneider, competizione aeronautica istituita nel 1912, è rosso, filante, di una bellezza senza tempo e come dicono gli esperti del settore, se un aereo è bello, allora vola bene.
Nonostante l’ordine di Mussolini di “vincere il trofeo Schneider a ogni costo” per dimostrare l’efficacia della dittatura fascista, il 13 settembre 1931, giorno della gara, l’Italia non si presenta. Lo M.C. 72 non è ancora a punto, problemi al motore. Alla presenza di mezzo milione di spettatori, i britannici, con il Supermarine S.6B, vincono alla velocità record di 610 km/h. Era la terza volta. La coppa Schneider fu loro assegnata, definitivamente.
Lo sviluppo dello M.C. 72 continuò comunque. Grazie all’assistenza dell’ingegnere “Rod” Banks, guarda caso inglese (Francis Rodwell Banks, 1898-1985), i problemi al motore vennero risolti e Francesco Agello, il 23 ottobre 1934, sul lago di Garda, conquista il record mondiale di velocità portandolo a 709,202 km/h. Record ancora oggi imbattuto per gli aerei della classe idrovolanti con motore alternativo.
Novant’anni dopo, giorno più, giorno meno, lo M.C. 72 torna agli onori della cronaca. La American Society of Mechanical Engineers gli ha conferito il suo prestigioso premio, riconoscimento che viene assegnato a quei prodotti dell’inventiva umana che più di tutti hanno contribuito allo sviluppo dell’ingegneria meccanica, con effetti e benefici anche sugli aspetti sociali ed economici della società e l’idrocorsa Macchi M.C.72 risponde a tutti i criteri.
Karen Ohlan, presidente dell’ASME, nella cerimonia di consegna il 22 settembre scorso ha dichiarato: “L’ASME è particolarmente onorata di conferire questo 281° premio della nostra storia all’M.C.72, l’unico rimasto al mondo, che con il suo design e con le sue soluzioni innovative, presentate dall’ingegner Mario Castoldi per la Coppa Schneider, ha rappresentato un salto epocale nella storia ingegneristica. Questo ASME Landmark vuole anche ricordare da dove veniamo e dove stiamo andando: verso un mondo fatto di nuove soluzioni e nuove sfide in termini di sostenibilità, energia pulita, trasporti e sicurezza.”
Nave Destriero, 67,7 metri di lunghezza, 13 metri di larghezza. 14 persone di equipaggio. Lo scafo, varato il 28 marzo 1991 presso i Cantieri di Muggiano a La Spezia, della Fincantieri, era, in quegli anni, la più grande unità navale completamente in alluminio mai costruita.
Tre turbine General Electric LM1600, di potenza complessiva pari a 51mila 675 cavalli, (38mila 534 kW), accoppiate a tre idrogetti KaMeWa model 125, i più potenti mai sviluppati, consentivano una velocità massima intorno ai 125 chilometri all’ora (68 nodi).
Destriero, in virtù delle sue potenziali future applicazioni, soddisfaceva anche altri requisiti come la contenuta accelerazione verticale in navigazione con mare mosso e basso livello di rumorosità nella zona equipaggio. Inoltre, dimostrava una notevole efficienza energetica e propulsiva con prestazioni, anche in termini di accelerazione e decelerazione, pari a quelle di un’auto sportiva che giustificavano l’adozione, da parte del designer Pininfarina, di soluzioni derivate dalle corse automobilistiche.
Secondo quanto certificato dalla società di classificazione Det Norske Veritas (DNV), la struttura del Destriero consentiva, in condizioni di mare Forza 4 (onde di altezza fino a 2,5 metri), velocità fino a 65 nodi (125 km/h) e fino a 30 nodi (55,56 km/h) con mare Forza 5-6 (onde di altezza fino a 5 metri).
Tutto, nel Destriero era tecnologia nuova, avveniristica. In altre parole una vera e propria meraviglia.
Alle 6h 14m 50s del 9 agosto 1992, la Destriero, pilotata da Cesare Florio, taglia il traguardo al faro di Bishop Rock nelle Isole Scilly, nel Regno Unito. Ha percorso, senza rifornimento, partendo dal faro di Ambrose Light a New York, 3.106 miglia nautiche (5752,312 km) in 58 ore, 34 minuti e 50 secondi, alla velocità media di 53,09 nodi, ovvero 98,323 km/h, stabilendo così il record di velocità di traversata atlantica che tuttora detiene.
Sono passati 30 anni da quella storica traversata, impresa voluta e patrocinata dal principe ismailita Karim Aga Khan IV, con l’appoggio della FIAT di Giovanni Agnelli e dell’IRI di Franco Nobili. L’obiettivo era il Nastro Azzurro, vinto nell’estate 1933 dal transatlantico Rex, per riportare così l’Italia ai vertici della marineria internazionale.
Da notare che la Destriero in realtà non battesse bandiera italiana, bensì delle Bahamas (Port Nassau), mentre la proprietà fosse della Bravo Romeo Ltd., società con sede a Dublino, Irlanda.
L’epilogo delle storie è presto detto.
Lo M.C.72 è stato ritirato dal servizio nel 1936. Un esemplare è sopravvissuto fino ai giorni nostri ed è esposto, con grande orgoglio, nell’appena rinnovato Museo Storico dell’Aeronautica Militare, all’interno dell’antico idroscalo di Vigna di Valle, sulle rive del lago di Bracciano, vicino a Roma, in Italia. Si consiglia caldamente di andarlo a visitare.
La Destriero rimase per diversi mesi ormeggiata dove era nata, nelle acque del Cantiere di Muggiano a La Spezia, per essere poi trasferita prima in Inghilterra e poi in Germania, dove si trova ancora oggi, in stato di abbandono, su una banchina lungo il fiume Weser, nell’area dei cantieri Lurssen di Lemwerder, a Brema.
Un vero peccato. Forse basterebbe chiedere a S.A. principe Shah Karim al-Husseini, Aga Khan IV, che è ancora il proprietario della nave, il permesso di riportare la Destriero in Italia per farla restaurare a Fincantieri. Ancora oggi rappresenta un magnifico biglietto da visita per presentare le eccellenze della cantieristica e del sistema tecnologico italiano.
Per farlo, servono soldi. Nel passato l’arte fioriva e cresceva grazie al mecenatismo delle grandi famiglie. Oggi lo stesso ruolo dovrebbe essere assunto dalle grandi imprese e aziende per valorizzare e fare crescere il patrimonio tecnologico.
Interessante notare che l’etimo di tecnologia lo si trova nella parola greca Techné, che in origine ha il significa di arte.