Dalla Bibbia, dall’Iliade e da “Biancaneve e i sette nani” tutti avremmo dovuto sapere che ogni frutto offerto può nascondere insidie esiziali non solo per il ricevente. Un insegnamento che per Ebrei e Cristiani è anche di “salvezza in questa e nell’altra vita”. Nessuno però avrebbe mai potuto immaginare che oggi, riproponendo questo “dono”, esplodesse un dibattito tanto surreale e distopico da non far notare un errore incontrovertibile da matita blu.
L’altra mattina, avevamo appena finito di compiacerci con Andrea Aparo von Flüe per il suo arguto e godibile articolo su “La bambina, la pesca ed Esselunga” che esplodeva sul tema lo tsunami aggressivo delle prese di posizione di giornalisti, intellettuali e politici, inclusi Presidente e Vice presidente del Consiglio. Sui social in poche ore si sviluppavano oltre 850 interazioni al minuto, mentre i media dedicavano all’evento ampi spazi e addirittura la prima pagina di importanti quotidiani nazionali e le aperture di primarie emittenti TV.
Tutti affrontavano l’inusitato tema del giorno non come un fatto di costume, ma come uno “scontro tra civiltà” su cui era doveroso scatenare e partecipare a una battaglia personale e politica come se fossimo stati nuovamente chiamati a difendere la Patria sull’Isonzo.
Ancora una volta: “Dio lo vuole!”. E ancora una volta “Vannaccisti” e “Anti-vannaccisti” si sono schierati sui rispettivi fronti animati da un identico ardore individuale e collettivo in cui sembravano rivivere le parole del poeta soldato Giuseppe Ungaretti, lui sì veramente al fronte: “Mi sento forte, come ancora non m’era sembrato di poterlo essere; forte e superbo”.
Questa volta il motivo del contendere non erano le riflessioni personali di un Generale insoddisfatto della propria carriera e de “Il Mondo al Contrario” in cui pensa di vivere, ma lo storytelling di una Pubblicità televisiva, anch’essa di Brand marketing, che raffigura il doloroso disagio dei figli dei separati e dei divorziati.
Lo spot nella sua concezione era perfetto perché diretto a sfruttare, attraverso il sentimentalismo, anche il clima di eterno scontro tra fazioni che ormai costituisce il nostro modo di essere nei social, nei media e nella politica. Una “legge di nemicizia scambievole continuamente esercitata da ciascuna colonna contro tutte, e da tutte contro ciascuna” come scriveva già Giacomo Leopardi nel 1822.
Uno scontro di “nemicizia” che forse è andato al di là delle stesse intenzioni degli autori, i quali, assieme al committente e al Presidente di Federdistribuzione, Carlo Alberto Buttarelli, hanno voluto chiarire il messaggio, ormai oscurato dai vari “interventismi”, sottolineando proprio con Buttarelli che “Questa [pubblicità emozionale] è stata un po’ sfruttata non certo da chi l’ha ideata, ma da altri. Ma come si dice in pubblicità: più se ne parla meglio è.”
Che all’esasperato conflitto social, mediatico e politico seguano risultati economici concreti, misurabili in aumenti di acquisti e clienti, è tutto da verificare, trattandosi di promozione di brand e non di prodotto. Anzi il rischio della forte caratterizzazione politica piovuta sull’azienda potrebbe far temere qualche flessione, dato che la Esselunga per i ben informati era già caratterizzata e dalla sua nascita, dalla contrapposizione politica e commerciale alle COOP “rosse”.
Esistono delle leggi ferree del comportamento umano contro cui si schiantano anche le migliori pubblicità e il derivante parlarne: se il venditore più vicino dispone dello stesso prodotto e a un prezzo più conveniente è assai dubbio che i clienti affrontino spostamenti più lunghi soltanto per testimoniare le loro militanze o simpatie politiche alla cassiera di turno. Ricordate come finì la campagna ideologica di sabotaggio ai pompelmi israeliani?
Se non si è in grado di incanalare, organizzare, in qualcosa di concreto i riflessi automatici, più che condizionati dal flusso continuo di parole e stereotipi guida, l’attuale pubblico di “adulti-bambini” e di “bambini-adulti” può smarrirsi in comportamenti non utili nonostante le efficacissime leve emotive e psicosociali attivate su di esso.
In questo il Gen. Vannacci è stato più accorto o strategico, dirigendo il “più se ne parla meglio è” verso obiettivi concreti, ossia la vendita on-line del suo libro autoprodotto e l’avvio, attraverso “circoli” anche virtuali, di una nuova probabilissima sua carriera da politico o, quantomeno, da influencer.
Anche l’astuzia della pèsca che sostituisce l’antica mela, per evitare dissonanze cognitive con i richiami culturali negativi del passato – se pensata, come crediamo – risulta ora vanificata dall’eccesso di ridondanza e dall’assenza di sbocchi che non siano il chiacchiericcio dei social. Un conto è avvelenare la mela o la pèsca, un conto è avvelenare l’intero universo in cui la comunicazione avviene.
Ma che c’entra l’Analfabetismo di ritorno?
Ebbene c’entra e come. In questa babele, come ci ha indicato un amico, si manifesta anche l’ignoranza di tutti o quasi i partecipanti; in primis gli autori della pubblicità, i quali non hanno corretto la mamma che anziché pronunciare pèsca (e aperta) dice pésca (e chiusa) e in secundis della gran parte dei commentatori pro e contro, anche togatissimi, che non solo non se ne sono accorti, ma che anzi hanno ripetuto e ripetono “pésca”.