C’è un silenzio assordante in Vaticano.
Anche se dal 4 ottobre scorso è in corso, nella Sala Paolo VI della Città del Vaticano, la sessione annuale del Sinodo sulla sinodalità 2021-2024, i cui lavori si concluderanno il 29 ottobre prossimo venturo, tutto tace.
“So bene che parlare di ‘Sinodo sulla sinodalità’ può sembrare qualcosa di astruso, autoreferenziale, eccessivamente tecnico e di scarso interesse per il grande pubblico”, ha detto papa Francesco in agosto, ma, ha aggiunto, “è qualcosa di veramente importante per la Chiesa”.
Importante al punto da introdurre un’innovazione epocale. Papa Francesco ha invitato, con diritto di voto, i laici, donne comprese, a partecipare all’incontro come un “modo per disconnettere la partecipazione alla guida della Chiesa dall’ordinazione”.
464 sono i partecipanti al Sinodo. 365 con diritto di voto. 54 sono donne. 70 i laici scelti personalmente da Papa Francesco in una rosa di 140 candidati di spicco, attivi e presentati dalle Chiese locali. La restante parte sono vescovi.
Da sottolineare che il Vaticano si è preoccupato di chiarire che questa innovazione non implica la democratizzazione dell’istituzione, bensì il desiderio del Papa di potere ascoltare più voci e condividere una maggiore diversità di prospettive.
In sostanza, di cosa si tratta?
A partire dal Concilio Vaticano II degli anni ’60, chiamato ad aprire la Chiesa al mondo moderno, i vescovi si sono incontrati in quelli che vengono chiamati “sinodi”, dal greco σύνοδος (sinodos) “adunanza, convegno” (nel linguaggio della chiesa è sinonimo di “concilio”) per discutere questioni specifiche così da guidare meglio la Chiesa, continuando la collegialità conciliare.
Francesco ha convocato diversi sinodi durante i suoi 10 anni di pontificato, sempre centrati su un singolo argomento: la famiglia, i giovani, la Chiesa nella regione pan-amazzonica…
Questa volta no. A partire dal 2021, il Vaticano ha iniziato a sondare le chiese locali in tutto il mondo, producendo rapporti nazionali e poi continentali, per distillare le questioni che per i fedeli di base sono le più critiche, quelle da discutere.
I temi così individuati sono di certo delicati: il celibato sacerdotale, l’inclusione degli uomini sposati nel sacerdozio, la benedizione delle coppie omosessuali, l’estensione dei sacramenti ai divorziati risposati, l’ordinazione delle donne diaconi.
Altre questioni sul tavolo includono la povertà, il razzismo, il tribalismo, la discriminazione di classe e contro le persone con disabilità, la povertà, il traffico di esseri umani.
L’ordine del giorno dell’assemblea è dunque degno di nota, tanto per ciò che include quanto per ciò che lascia fuori. Vedi l’aborto, il matrimonio omosessuale e l’eutanasia. Temi spesso sfruttati dai cattolici conservatori e dai legionari della tradizione. Se non sono stati inseriti nel documento di lavoro per i partecipanti è perché non sono questioni emerse nel processo di selezione.
Il sinodo sulla sinodalità vuole definire come deve lavorare un sinodo, come “camminare insieme”, anche affrontando argomenti scottanti, fino ad oggi “tabù”.
Lo si deve vedere come un’opportunità per discernere insieme le modalità per avere una Chiesa più sinodale.
La sinodalità infatti dovrebbe esprimersi nel modo ordinario di vivere e operare della Chiesa. Come spiega il Vaticano: “è molto più che la celebrazione di incontri ecclesiali e di assemblee episcopali, o una questione di semplice amministrazione interna alla Chiesa; è il modus vivendi et operandi specifico della Chiesa, popolo di Dio, che rivela e concretizza il suo essere comunione quando tutti i suoi membri camminano insieme, si riuniscono in assemblea e prendono parte attiva alla sua missione evangelizzatrice.
Lo scopo del Sinodo non è produrre documenti, ma piantare sogni, far emergere profezie e visioni, far fiorire la speranza, ispirare fiducia, fasciare ferite, tessere relazioni, risvegliare speranze, imparare l’uno dall’altro e creare una luminosa intraprendenza che illuminerà le menti, riscalderà i cuori, darà forza alle nostre mani”.
Questo sinodo potrebbe rivelarsi il culmine del pontificato di Francesco, portare a diverse riforme di liberalizzazione. Il condizionale è d’obbligo.
Dopo aver discusso le questioni all’ordine del giorno, i vescovi redigono e votano un documento che viene presentato al papa. L’incontro di quest’anno è solo una fase di un processo. I partecipanti si riuniranno nuovamente a Roma nell’ottobre 2024. Poi, le conclusioni dell’assemblea, redatte dal relatore generale del sinodo, il cardinale Jean-Claude Hollerich del Lussemburgo, uno dei più stretti consiglieri di papa Francesco, voce potente dei liberali, saranno presentate a Francesco che ha facoltà sia di renderle, in tutto o in parte, documento papale, sia di scrivere un documento in proprio.
La logistica dell’incontro è anch’essa una notevole innovazione. Non ci sono scranni, posti più o meno elevati. Solo tavoli circolari, dove tutti sono uguali, in piena coerenza con la visione che ha della Chiesa Papa Francesco.
La Sala Paolo VI in Vaticano attrezzata per il Sinodo dei Vescovi 2023
Credit Gregorio Borgia/Associated Press
Tutti i partecipanti hanno lo stesso tempo – fino a quattro minuti – per condividere i propri pensieri durante le discussioni di gruppo che si svolgono ogni giorno.
Il Papa vuole che il sinodo sia un’istituzione inclusiva che costringa i vescovi ad ascoltare e lavorare di più con il loro gregge.
Poveri vescovi. Devono rinunciare alla gerarchia, accettare la presenza delle donne e dei laici, rassegnarsi a che prendano la parola e devono anche imparare ad ascoltarli.
Ovviamente opinioni e posizioni sono molto diverse fra loro. Qualche esempio:
Suor Becquart – nominata al sinodo da Francesco nel 2021 e prima donna a ricoprire l’incarico – è sostenitrice di una maggiore partecipazione delle donne nella Chiesa;
il Rev. James Martin, padre gesuita, chiaro sostenitore di una maggiore inclusività LGBTQ nella Chiesa, ha detto che al sinodo lui sarà “una delle voci a favore dell’LGBTQ”;
il cardinale Gerhard Ludwig Müller, instancabile sostenitore della tradizione, ha avvertito che il sinodo potrebbe essere utilizzato come una “presa di potere ostile” della Chiesa.
Müller fa parte dell’opposizione della Chiesa cattolica romana a papa Francesco, il cui leader de facto è il cardinale Raymond Leo Burke che il giorno prima dell’apertura del sinodo 2023, con grande senso teatrale, sotto le luci della ribalta del teatro Ghione, guarda caso a pochi passi dal Vaticano, ha intrattenuto la sala di adoranti fedeli conservatori, sul tema “La babele sinodale”.
Il Cardinale Raymond Burke, secondo da destra Credit…Remo Casilli/Reuters
Da notare come Burke abbia usato il termine ‘Babele’ facendo sua la teoria che derivi dall’ebraico balal, confusione. Peccato che si tratti di pseudo-etimologia. Secondo un etimo classico il nome della città biblica deriva dalla lingua accadica: bab-el, porta di dio.
“Il sinodo che si aprirà domani”, ha comunque dichiarato l’ottimo Burke nel suo spettacolo, “ha chiaramente lo ‘obiettivo dannoso’ di rimodellare la gerarchia della Chiesa con idee radicali, secolari e moderne.”
Burke, un consiglio: studiamo di più e non diciamo sciocchezze.
Comunque, Burke e i suoi accoliti sono convinti che la Chiesa sia in stato di confusione.
Hanno difficoltà a riconoscere una continuità tra questo Sinodo e l’intenzione con cui Paolo VI l’aveva istituito, per non parlare dei sinodi celebrati nel corso della Storia della Chiesa.
Insieme ad altri prelati tradizionalisti, Burke ha reso pubblico uno scambio di lettere con Francesco in cui venivano espressi gravi dubbi sulla legittimità della grande assemblea di vescovi e laici del mondo, esortando Francesco a chiudere la porta alle proposte che, secondo loro, potrebbero erodere la dottrina della Chiesa, inclusa la benedizione delle unioni tra persone dello stesso sesso.
Invece Francesco quella porta l’ha aperta. Nella sua risposta del luglio scorso, nel sostenere chiaramente la posizione della Chiesa secondo cui il matrimonio può esistere solo tra un uomo e una donna, ha affermato che i sacerdoti dovrebbero esercitare la “carità pastorale” quando si tratta di richieste di benedizioni.
Ha chiarito di considerare il Sinodo come vitale per la sua visione del futuro della Chiesa e come “un processo che comporta la partecipazione di una parte veramente significativa dell’intero popolo di Dio”.
“Con molta sincerità vi dico”, ha aggiunto, “che non è bene aver paura di queste domande e consultazioni.“
Ha sottolineato che i temi da discutere nell’assemblea sono il risultato di una riflessione su questioni importanti per i fedeli e sono legati alla “missione della Chiesa nel tempo in cui ci troviamo a vivere” – frase che è una frecciata contro i cardinali tradizionalisti, che molti liberali considerano ancorati al passato.
Alla domanda dei cardinali se la rivelazione divina della Chiesa dovesse essere “reinterpretata secondo i cambiamenti culturali del nostro tempo” o se fosse “vincolante per sempre”, Francesco ha dichiarato: “La risposta dipende dal significato che si dà alla parola ‘reinterpretare’. Se si intende ‘interpretare meglio’, l’espressione è valida.”
Sebbene la rivelazione non cambi, ha sostenuto, la Chiesa “matura anche nella comprensione” di ciò che è contenuto nel suo insegnamento ufficiale.
Alla domanda se la Chiesa fosse governata attraverso il processo sinodale di collaborazione o dall’ufficio del papa e dei suoi vescovi, Francesco ha fatto sapere che mentre era al comando, era favorevole alla cooperazione. D’altronde, ha detto lanciando un’altra pesante bordata, i chiarimenti richiesti dagli stessi cardinali “manifestano il vostro bisogno di partecipare, di esprimere liberamente la vostra opinione e di collaborare”.
Francesco ha concluso scrivendo che “queste risposte saranno sufficienti per rispondere alle vostre domande”.
Non lo erano. Il 21 agosto i cardinali scrivono ancora: “Con la stessa sincerità con cui ci avete risposto, dobbiamo aggiungere che le vostre risposte non hanno risolto i dubbi che avevamo sollevato, ma semmai li hanno approfonditi. Vi riproponiamo quindi le nostre domande, affinché a esse possa essere data risposta con un semplice ‘sì’ o ‘no’”.
Francesco, dimostrando che anche i Papi hanno pazienza limitata, si è rifiutato di rispondere.
I cardinali, dal canto loro, si sono dichiarati “inorriditi” dalle risposte ricevute e citando “la gravità della questione” si sono sentiti autorizzati a rendere pubblico lo scambio.
I sostenitori di Francesco vedono il cardinale Burke e i suoi alleati conservatori come un piccolo gruppo che nella sconfitta sta facendo un gran baccano.
Non gradito.
Con notevoli capacità di previsione -il Santo Padre conosce i suoi guardiani del Gregge-nella conferenza stampa sull’aereo di ritorno dalla Mongolia, il 4 settembre, è stato chiaro: la comunicazione di quanto avviene al Sinodo sulla sinodalità sarà rigidamente controllata. Solo comunicati quotidiani ufficiali. Qualsiasi tentativo di informare su quanto avviene veramente all’interno, quindi anche sulle diverse posizioni che dovessero emergere, è da considerarsi «pettegolezzo», «chiacchiericcio politico».
Rumore inutile.
C’è un silenzio assordante.