Negli ultimi tempi, per nobilitare la propria versione si parla di “fact-checking” indicando con quell’epiteto una presunta verifica su un determinato evento.
Fatte le dovute eccezioni, chi si affretta a sbandierare un ipotetico distillato di verità normalmente è soltanto pronto a concatenare elementi probatori a favore della propria tesi, fornendo documenti e immagini a comprova di un apparente corretto “restauro” dei fatti.
L’autopsia di certi episodi non dovrebbero farla le parti in causa o i simpatizzanti di questo o quello schieramento. Sarebbe carino che a svelare la precisa ricostruzione di quanto è accaduto fosse un soggetto terzo, estraneo agli interessi in gioco ed avulso da qualsivoglia riverberazione.
Se mai facessero qualcosa in queste preoccupanti circostanze, dovrebbero essere le Nazioni Unite a reperire ogni informazione, ad acquisire dichiarazioni e rapporti, a confrontare l’accaduto con storie potenzialmente comparabili, a certificare l’autenticità e l’attendibilità degli elementi acquisiti in proposito, a informare l’opinione pubblica internazionale con la garanzia di veridicità di quanto raccontato e descritto.
Ci troviamo invece dinanzi ad un pullulare di iniziative “spontanee” di novelli Indiana Jones alla ricerca della verità perduta, pronti a ricostruire con cocci e frammenti a disposizione una versione dei fatti apparentemente attendibile ma destinata ad esser frantumata da chi ne ha fatta un’altra parimenti credibile grazie all’aggregazione di altri documentati ingredienti…
Dimostrazione empirica di queste mie suggestioni è fornita dall’atrocità della distruzione dell’ospedale di Gaza City, dove il dito accusatore ha cambiato ben tre direzioni nell’indicare il colpevole di un simile scempio.
La notizia dell’esplosione di un luogo che non poteva né doveva costituire un bersaglio aveva subito fatto guardare ad Israele come spietata macchina da guerra, incapace di distinguere innocenti inermi e in difficoltà da chi era il vero nemico.
Nell’arco di poco tempo è saltata fuori la smentita sulla paternità del lancio di un ordigno sul nosocomio. Persino una registrazione audio ricavata da una intercettazione dei Servizi segreti israeliani arriva a supportare l’incredibile riconducibilità ad Hamas. L’azione devastante sarebbe solo imputabile ai terroristi, secondo alcuni inetti nel lanciare un missile al punto di farlo cadere a brevissima distanza, secondo altri – meno morbidi – deliberati esecutori di un massacro che sarebbe stato facile attribuire ad Israele.
Il colpo di scena finisce sui mezzi di informazione e grazie a social network e messaggistica istantanea la presunta ennesima atrocità di Hamas raggiunge chiunque in giro per il mondo.
Qui interviene Al Jazeera, la notissima rete televisiva del Qatar, che non si limita a fornire il cambio di scena ma spiega che la “verità” sarebbe il frutto di una attenta analisi del proprio team di investigazioni digitali SANAD. Questa squadra di specialisti dice che gli israeliani hanno realizzato una ricostruzione di comodo e parla di quattro raid aerei e di un razzo che avrebbe colpito senza pietà la struttura ospedaliera…
Mentre i dubbi si intrecciano, si erode la fiducia nel “fact-checking” e si cancella il sottile confine tra informazione e propaganda.
Restano morti e feriti. Quelli sono veri, incredibilmente veri. Poco importa ai parenti se c’è o meno una sorta di VAR o di moviola a mostrare come è successo. Gli occhi sono talmente gonfi di lacrime che non lo si riuscirebbe a vedere.