A partire dalla metà dell’XI secolo il papato iniziò una trasformazione tesa ad affermare una sua maggiore centralità nell’ambito della cristianità occidentale focalizzata su due fattori nodali:
- la sua superiorità nei confronti delle strutture ecclesiastiche e di tutti i poteri laici;
- l’universalità della sua funzione.
Tale linea programmatica venne enunciata con grande chiarezza in una lettera di Pier Damiani nel 1064. Il Papa venne definito con appellativi mai utilizzati sino ad allora come: “Vescovo universale”, “Principe degli Imperatori”, “superiore a tutti gli uomini”.
Da quel momento alla figura del Papa vennero attribuite denominazioni sempre più complesse, creative e metaforiche tese ad avvicinare la figura del Papa a Cristo, identificandolo come il perno centrale della Chiesa romana.
Pier Damiani, già nel 1057, aveva definito il Papa “Vicarius Christi”, cioè che “fa le veci di Cristo”. Un secolo dopo Bernardo di Chiaravalle inizialmente lo appellava con il titolo tradizionale di “Vicarius Petri” ma, successivamente, aderì alla denominazione di Pier Damiani, Vicarius Christi, affermando nel suo scritto, De Consideratione, che il Cristo aveva designato un unico vicario, cioè il Papa.
Con Papa Eugenio III (1080 ca. – 1153, eletto al soglio pontificio nel 1145) la denominazione Vicarius Christi entrò nel linguaggio della cancelleria pontificia e con Innocenzo III (1161-1216, eletto al soglio pontificio nel 1198) l’accostamento divenne: “il Papa è colui che è chiamato a portare o rappresentare la persona di Cristo”. Da quel momento in poi il Pontefice venne identificato come Vicarius Christi. L’immagine del Papa fu quella di Cristo in terra, ovvero di chi ne faceva le veci.
Dalla fine del XII secolo l’elezione dei Pontefici venne salutata con la frase: “nuntio vobis gaudium magnum”. Il progressivo avvicinamento della figura del Pontefice a Cristo ebbe implicazioni ecclesiologiche importanti.
Il teologo di Bonifacio VIII (1230 ca. – 1303, eletto al soglio pontificio nel 1294 affermò che: “il Sommo Pontefice che dirige la Chiesa […] può essere detto la Chiesa” il che si integra con quanto sostenuto dal Papa Caetani in merito alla tiara. Se Innocenzo III l’aveva definita “il simbolo del potere [imperiale] del Papa”, Bonifacio VIII la elevò a “corona del Papa” in quanto simboleggiava l’unità della Chiesa, una et sancta; al Pontefice ne era assegnata la reggenza.
La figura del Papa calamitò verso di sé anche il legame tra Roma e la tomba degli Apostoli. Un’antica tradizione prescriveva che i Vescovi dovessero recarsi a Roma per una visita sulla tomba, ad limina, degli Apostoli Pietro e Paolo. Intorno alla metà del XII secolo l’accostamento tra ad limina e gli Apostoli ebbe evoluzioni coniate da teologi e canonisti; i limina erano dove “è la Curia romana, ovunque sia”, poi “dove è il Papa” (ubi papa est) ed infine “ubi papa, ibi Roma”.
La cristianità raggiungeva, nel pensiero della Chiesa, più terre di quelle conquistate dagli imperatori portando nel suo seno un sempre maggior numero di persone; il Papa è “caput et fundamentum totius christianitatis”; per tal motivo i cristiani sono sottomessi alla sua autorità.
In questa evoluzione della Chiesa si erge un dualismo (rappresentato in varie figure simboliche o metaforiche) tra papato ed impero.