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LA MEMORIA SORDA: STORIE DI URLA E DI VIOLENZA

Marco Mastrilli di Marco Mastrilli
29/11/2023
in RIFLESSIONI
LA MEMORIA SORDA: STORIE DI URLA E DI VIOLENZA
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È l’inizio di Luglio del 1945 e a Schio, nei pressi di Vicenza, ex partigiani e agenti della Polizia ausiliaria sterminano 39 uomini e 15 donne detenuti nel carcere mandamentale della città. Sono ritenuti colpevoli di simpatizzare per l’ormai decaduto regime fascista.

E’ l’inizio di Novembre del 2023 e a Fossò, nei pressi di Venezia, Giulia Cecchettin viene brutalmente aggredita e accoltellata dall’ex fidanzato, in un parcheggio a pochi metri da casa. Ferita gravemente, morirà dissanguata, poco dopo, senza sapere quale sia la sua colpa.

Questi episodi, distinti nelle loro epoche ma tragicamente connessi nella brutalità dei loro atti, riecheggiano con intensità con le recenti celebrazioni del 25 novembre. La loro eco sottolinea una verità inquietante: la violenza, nelle sue diverse manifestazioni, persiste nel tessuto della storia e nelle trame delle esistenze umane, lasciando un’impronta indelebile che attraversa generazioni.

Secondo la ricerca in sociologia e psicologia sociale, episodi di violenza come quelli descritti, hanno radici comuni in dinamiche di potere, controllo e in una certa deindividuazione che si verifica nei gruppi. Tali eventi, spesso, sono caratterizzati da un’intensa copertura mediatica, che tuttavia tende a svanire rapidamente così come l’impatto sulle coscienze individuali e collettive che pare non essere sufficientemente profondo e duraturo.

La ricerca ha mostrato che la modalità con cui una società metabolizza e ricorda atti di violenza è cruciale per la sua salute collettiva e per la prevenzione di futuri episodi. Nel caso dell’eccidio di Schio, come nella violenza contro le donne, vi è spesso una tendenza iniziale a “dimenticare” o minimizzare la gravità degli eventi, soprattutto quando questi sfidano le narrazioni esistenti o implicano figure percepite positivamente dalla società. 

Dal punto di vista della psicologia sociale, il modo in cui le persone “metabolizzano” eventi traumatici come questi, dipende da vari fattori, tra cui l’identificazione con le vittime, la percezione di giustizia e la disponibilità di supporto comunitario e terapeutico. Gli studi dimostrano che la resilienza collettiva e la capacità di superare tali traumi sono potenziate quando vi è un riconoscimento pubblico degli eventi, un’adeguata responsabilizzazione degli autori e un forte supporto alle vittime.

La commemorazione del 25 novembre, Giornata Internazionale per l’Eliminazione della Violenza contro le Donne, serve proprio a contrastare questa tendenza. Attraverso la memoria collettiva e la consapevolezza pubblica, si cerca di mantenere viva l’attenzione su questi temi, enfatizzando l’importanza di riconoscere e affrontare la violenza in tutte le sue forme.

In questo contesto, l’attualizzazione del ricordo dell’eccidio di Schio e la lotta contro la violenza sulle donne diventano esempi di come la società possa affrontare e trasformare la memoria di atti violenti in un impegno attivo per la giustizia e il cambiamento. Ciò implica una riflessione continua sulle dinamiche di potere, sul ruolo dei media nella narrazione degli eventi e sull’importanza dell’educazione e della sensibilizzazione pubblica per prevenire futuri atti di violenza.

L’eco delle grida delle vittime continua a risuonare nell’aria che respiriamo. Sono come sommessi richiami che, nonostante la loro persistenza, faticano a penetrare in profondità nelle coscienze collettive. Queste voci, intrise di dolore e disperazione, sono simboli potenti di una battaglia ancora in corso: una lotta per la giustizia, la consapevolezza e il cambiamento.

La commemorazione di eventi tragici e la lotta contro ogni forma di violenza devono diventare non solo un atto di memoria, ma anche un impegno costante per ascoltare queste “voci”. È nostro dovere far sì che questi richiami diventino parte integrante della nostra consapevolezza collettiva, spingendoci a un’azione concreta e sostenuta. 

In questo modo potremo forse trasformare il dolore delle vittime in un catalizzatore per un cambiamento positivo, facendo in modo che queste grida non siano state lanciate invano, ma diventino un potente promemoria della nostra responsabilità collettiva nei confronti della giustizia e dell’umanità.

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Marco Mastrilli

Marco Mastrilli

Ho radici profonde a Roma, città in cui sono nato nel 1964 e dove attualmente vivo e lavoro. La mia formazione accademica è incentrata sulle Scienze Sociali, con una Laurea che ha costituito il fondamento del mio percorso professionale, arricchita con due Master Universitari, uno in Gestione delle Risorse Umane e un altro in Tecniche di Analisi della Persona. La mia carriera ha conosciuto diverse sfaccettature, iniziando con il servizio nell’Arma dei Carabinieri in giovane età che ha rappresentato un’esperienza fondamentale nel mondo delle istituzioni e ha plasmato il mio approccio alla ricerca della verità, alla giustizia e all’informazione accurata. Successivamente ho abbracciato il mondo del business, occupando ruoli di management in ambito multinazionale e sviluppando competenze nel campo del marketing, della comunicazione e delle vendite. Questo background mi ha permesso di comprendere ulteriormente le dinamiche comunicative in modo approfondito, contribuendo all’acquisizione di competenze che ritengo fondamentali nel giornalismo moderno. Ho avuto il privilegio di scrivere e pubblicare quattro sillogi poetiche che rappresentano un importante riflesso della mia espressione artistica e della mia sensibilità verso l’uso delle parole. Parallelamente alla mia carriera civile, ho conservato un forte legame con le istituzioni, mantenendo attiva la mia partecipazione come ufficiale del Corpo Militare CRI, dove attualmente ricopro il ruolo di Capo Ufficio Operazioni e Addestramento per l’Italia Centrale. Questo impegno mi ha insegnato l’importanza della leadership, della gestione delle emergenze e della solidarietà in situazioni critiche, mantenendo sempre attiva l’attenzione verso la persona e l’umanità che essa sottende. Sono Giornalista Pubblicista iscritto all’Ordine Nazionale dei Giornalisti di Roma, un riconoscimento che testimonia il mio impegno nel rispettare gli standard etici della professione. La mia passione per la scrittura e la ricerca della verità mi hanno spinto a perseguire questa strada che mi stimola a informare e coinvolgere il pubblico, attraverso articoli che spero contribuiscano a diffondere cultura e consapevolezza nella nostra società. Sono entusiasta di continuare a contribuire alla narrazione informativa e alla diffusione della conoscenza attraverso le pagine di questa rivista.

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