I delatori delle attività di intercettazione, o più in generale delle attività di supporto tecnico alle indagini dell’Autorità Giudiziaria, hanno, da sempre, utilizzato varie tecniche di distrazione di massa e disinformazione, per opacizzare la discussione, sventolando argomentazioni, su cui difficilmente non si poteva non convenire, come il danneggiamento della privacy di persone estranee alle indagini, ed altre considerazioni, come il controllo di massa generalizzato, stile grande fratello, che opportunamente amplificati da efficienti apparati di relazioni pubbliche, hanno finito con il confondere l’opinione pubblica, spesso non abituata ad approfondire le argomentazioni.
Altro cavallo di battaglia, largamente utilizzato, in questa campagna di demonizzazione e screditamento è stato quello dei costi, che, sottacendo il fatto che le spese sostenute dalle Procure, rappresentano solo un’anticipazione, perché all’atto della condanna dell’imputato, gli vengono ribaltate, è stata declinata in varie forme, evocando uno scenario di ruberie, perpetuate nei confronti delle tasche dei cittadini, paragonando costi di attività complesse, variegate e pericolose, attuate in contesti territoriali estremamente diversificati, con l’acquisto normalizzato, tramite la piattaforma Consip, di siringhe per la sanità.
L’associazione I.l.I.I.A. che rappresenta, storicamente, le aziende che si occupano di fornire servizi e materiali alle Procure della Repubblica per le attività di indagini dell’Autorità Giudiziaria, ha da tempo immemore prodotto analisi e relazioni, consegnate ai Ministri della Giustizia di turno, alle Commissioni Giustizia dei due rami del Parlamento ed ai Mass Media, per cercare di chiarire i fatti e diradare le nebbie opportunisticamente alzate da chi non vuole che eventuali zone grigie del proprio operato emergano, e quindi sono disposti a sacrificare anche la capacità di reprimere in modo più rapido ed efficiente e quindi paradossalmente più economico, pericolose attività criminali che avendo a disposizioni notevoli quantità di danaro, illecitamente accumulato, possono mettere in atto varie attività di tutela e protezione, che possono essere combattute solo con altrettanto evolute attività tecniche.
Finalmente da qualche tempo alcuni Magistrati hanno deciso di rompere gli indugi, ed hanno pubblicamente riconosciuto la valenza delle attività tecniche di supporto alle intercettazioni, parlando, in varie sedi, della loro determinante valenza nella lotta al crimine organizzato, sottolineando, come ha fatto il Procuratore di Palermo, Dott. Maurizio De Lucia, nel discorso pronunciato all’inaugurazione dell’Anno Giudiziario, che ha raccontato che “Lo scorso anno la procura di Palermo ha investito 30 milioni in attività di intercettazioni che apparentemente sono una grande massa, ma a fronte di questa massa nello stesso periodo sono stati confiscati beni per 400 milioni di euro“.
Come sottolineato dal giornalista Giuseppe Pipitone, in un articolo a commento dell’intervento del Procuratore De Lucia : “Le intercettazioni? Si ripagano” – I dati riferiti da De Lucia si riferiscono al 2023 per quanto concerne gli ascolti telefonici, mentre le confische riguardano i dodici mesi compresi tra il luglio 2022 e quello dell’anno scorso. Chiaramente non tutte le intercettazioni portano poi a mettere i sigilli a patrimoni accumulati in maniera illecita, ma volendo comunque fare una proporzione si potrebbe dire che a Palermo per ogni euro investito in ascolti lo Stato ne ha ottenuti più di tredici, confiscandoli alla criminalità.
E il calcolo non considera i beni al momento soltanto sotto sequestro, che hanno un valore ingentissimo ma il cui status giuridico non è ancora definitivo. Ecco perché i soldi spesi negli ascolti telefonici e ambientali sono da considerare un investimento e non soltanto uno spreco da tagliare, come sostiene il guardasigilli Nordio. “Non è giustificata l’osservazione sul costo delle intercettazioni perché non solo si ripagano, ma sono uno strumento fondamentale d’investigazione anche nel corso degli accertamenti patrimoniali“, ha proseguito il capo della procura di Palermo.
Naturalmente, questo aspetto non rappresenta un “tana libera tutti” e soprattutto non significa che le Leggi non vadano rispettate, e non si debba regolamentare oltre che l’utilizzo delle intercettazioni, anche la realizzazione di un complesso specifico di certificazioni e processi di accreditamento delle aziende che forniscono il supporto alle attività tecniche di supporto, come richiesto anche dal CSM in alcune sue “determinazioni” e come sostenuto, in tempi non sospetti dalla ILIIA, che in una Relazione del 2015, consegnata all’allora Ministro Orlando, suggeriva di realizzare una specie di albo, opportunamente realizzato, dove accreditare le aziende che rispondevano a requisiti, correttamente individuati da una commissione appositamente costituita, con la partecipazione delle Associazioni di categoria che naturalmente conoscono in modo approfondito il settore.
In questa ottica, l’ILIIA, a fronte di una carenza normativa di certificazioni specifiche, ha commissionato, a consulenti indipendenti, coadiuvati da un Ente di certificazione internazionale, la realizzazione di un “Disciplinare Tecnico”, che sarà adottato dai suoi aderenti ed il cui contenuto sarà messo a disposizione, a costo zero, al Ministero della Giustizia, al fine di poter costituire, data la completezza e l’asetticità del lavoro effettuato, la base da cui partire per realizzare una opportuna certificazione UNI o addirittura ISO, i cui tempi di realizzazione sono normalmente maggiori.