C’è chi da piccolo sogna di diventare astronauta o di essere lo sceriffo. Qualcuno più ambizioso ha sperato fin da piccino piccino di divenire un eroe. Probabilmente è capitato a tutti. Quasi tutti.
Ci sono altri – per fortuna (e speriamo di esser davvero fortunati) – che invece si sono prefissati obiettivi diversi. Qualcuno lo ha fatto anche da più grandicello, forse per recuperare quel che si era perso negli anni dell’infanzia.
Purtroppo con il crescere i modelli da emulare cambiano ed è facile farsi trascinare dalla tentazione di imitare e superare personaggi che non tutti apprezzano e stimano.
Ho visto le immagini di commemorazioni con bimbi con la camicia nera e non ho fatto caso se avessero anche una piccola borraccia termica da escursione opportunamente riempita di olio di ricino. Ho visto persino un ragazzotto più “maturo” che in occasione di una festa non aveva al braccio il fiocco della prima comunione ma una fascia nazista. Ho saputo che quest’ultimo ha fatto più carriera di chi fantasticava al pensiero di servire il proprio Paese o di salvare vite umane in qualche sgangherato ospedale.
La colpa della distorsione delle percezioni sta nell’aver letto Antoine de Saint Exupery e non il Mein Kampf, il libretto rosso di Mao o qualche erronea interpretazione dei già discutibili dogmi di Lenin e Stalin. Chi è rimasto bambino nel suo cuore continua a cullare ideali e valori, ma deve fare i conti con chi non sta certo “a pettinare le bambole”.
L’identificazione di chi ieri ha sfilato a Milano ricordando la vittima di un regime criminale è stata “effettuata d’iniziativa dagli operanti per un eccesso di zelo, senza alcuna finalità di impedire l’esercizio delle libertà dei partecipanti all’iniziativa”. L’indefessa solerzia e l’esuberante premura sono grandi pregi, gli stessi che il cittadino che si reca in un posto di polizia vorrebbe trovare quando espone le truffe o le angherie subite. Consideriamo l’episodio un segnale positivo e auguriamoci lo sproporzionato impegno di ordine pubblico di ieri contamini positivamente i colleghi in ufficio.
La schedatura della donna italiana di origine russe che – davanti al Consolato russo di Genova – ha deposto un mazzo di fiori, una candela e la foto di Aleksei Navalny, rientra certamente nelle attività di prevenzione. Un allergico al polline, infatti, avrebbe potuto perdere la vita transitando al numero 16 di via Ghirardelli Pescetto a poca distanza dal porticciolo di Nervi. Dobbiamo quindi andare orgogliosi della nostra efficienza.
Sbaglia Amnesty International ad immaginare scopi intimidatori e finalità di deterrenza in certe richieste di documenti. Sono solo le ultime occasioni per applicare sistemi retrò per la sicurezza pubblica.
Il bello infatti deve ancora arrivare. Ne riparleremo tra qualche tempo, neppure tanto, quando la tecnologia di riconoscimento facciale supportato dall’intelligenza artificiale fornirà report dettagliatissimi su tutti quelli il cui volto è stato immortalato in foto e video registrati in occasioni di espressione di quello che una volta chiamavamo “libero pensiero”.