Quattro cavi di comunicazione sottomarini tra l’Arabia Saudita e Gibuti sono stati messi fuori uso nella giornata del 26 febbraio 2024 dal gruppo Houthi yemenita sostenuto dall’Iran, secondo un report del sito di notizie israeliano Globes.
I danni stanno causando gravi interruzioni delle comunicazioni globali Internet tra Europa e Asia, in particolare nei paesi del Golfo e in India. I cavi danneggiati appartengono ai sistemi AAE-1, Seacom, EIG e TGN.
Il cavo AAE-1 collega l’Asia orientale all’Europa attraverso l’Egitto, mettendo in comunicazione la Cina con l’Occidente alla velocità di 40 Terabyte al secondo.
Il cavo SEACOM collega Europa, India, Africa e Sud Africa, mentre il TGN, di proprietà dell’azienda indiana Tata Communications Ltd. Dal 2012 connette Mumbai a Marsiglia, dando all’azienda il primato di aver realizzato il primo circuito ad anello completo intorno al mondo di connettività cablata proprietaria.
Il sistema Europe India Gateway (EIG) collega l’Europa a Egitto, Arabia Saudita, Emirati e India, ed è il primo cavo “moderno” che collega il Regno Unito all’India.
Il cavo sottomarino “British Indian” del 1870
La situazione è grave ma non critica, riporta sempre “Globes”, in quanto vi sono connessioni alternative per collegare Europa, Asia ed Africa: resta però il problema di procedere alle riparazioni che, con una previsione di lavori di circa otto settimane, vista la dimesione e importanza dei circuiti, avrà la difficoltà aggiuntiva di trovare imprese che accettino l’incarico in zone così a rischio, nel bel mezzo di un conflitto guerreggiato demarcato da azioni terroristiche. Probabilmente un adeguato “premio di rischio” farà saltar fuori un appaltatore disposto ad eseguire il lavoro.
L’affascinante mondo dei cavi sottomarini (la mappa schematica nell’immagine è tratta da questo sito) riveste una cruciale importanza nella nostra società iperconnessa: i circa 1,4 milioni di km di cavi trasportano all’incirca il 99% del traffico intercontinentale e la gelatinosa situazione geopolitica in varie zone del pianeta rende questa infrastruttura particolarmente vulnerabile ad atti di sabotaggio e spionaggio, considerando la difficoltà di presidiare le linee (ne abbiamo avuto esempio anche con il gasdotto nel Baltico lo scorso inverno).
I cavi sottomarini determinano anche spostamenti nell’equilibrio della “sovranità digitale”: gli impianti, che nelle fasi pionieristiche erano posati direttamente dalle entità statuali, sono passati nel tempo sotto il controllo delle Big Tech delle telecomunicazioni che, con rilevanti investimenti, hanno fatto proprio, di fatto, il controllo del traffico dati.
Viene sentita l’urgenza di prendere misure di salvaguardia delle comunicazioni, tra le quali un miglioramento delle tecniche crittografiche (per salvaguardare la riservatezza e prevenire lo spionaggio “diretto”), la diversificazione delle rotte di comunicazione, svincolandosi dal cavo fisico e veicolando il segnale su fibre o cavi terrestri o sui circuiti satellitari, ed infine riunendo in una sorta di forum internazionale i temi della tutela e della governance dell’infrastruttura, supportati dai dettami del Marine Spatial Planning, un processo di pianificazione e auto-regolamentazione dell’uso del dominio marittimo, sia per il suo uso tecnologico, che per il controllo dello sfruttamento delle risorse naturali. Su questo argomento, anche il Parlamento Europeo ha elaborato nel 2022 un interessante studio sulle minacce alle reti di comunicazione sottomarina ed alle possibili conseguenze sull’Unione.