Non ci ripara dal freddo, ma ci piace coprirci di ridicolo e non perdiamo occasione per farlo.
Questo Paese scivola nel grottesco senza aver bisogno della fatidica pista da bob da usare un paio d’ore alle prossime Olimpiadi, cancellando ettari che la natura ha impiegato secoli a rimboschire.
Per fortuna i fratelli Marx sono morti. E non lo dice il camerata che pensa ad un’intera genia di anticapitalisti provvidenzialmente scomparsi non si sa come. Quei poveretti non sarebbero sopravvissuti alla cronaca di questi ultimi tempi, umiliati dall’involontario surreale umorismo che strabocca dalle vicende italiane e che sbriciola i più brillanti talenti dell’intrattenimento faceto.
Lo spirito cristiano impedisce di commentare le sbalorditive performance di un ministro e di un sottosegretario nel corso di un incontro del G7 su Industria, Innovazione e Tecnologia, prestazioni descritte in modo commovente da una impareggiabile Giulia Pompili su Twitter (la sequenza è stata ripresa anche da Dagospia). La narrazione della testimone oculare e auricolare è testimonianza scultorea dello stato dell’arte e si rinvia alle sue parole ogni potenziale irrefrenabile curiosità in proposito.
Se l’evento avesse avuto bisogno di una colonna sonora mi permetterei di suggerire un vecchio brano degli Stadio. “Generazione di fenomeni” contiene un ritornello straordinariamente aderente.
Nel frattempo la storia che maggiormente affascina i connazionali è certo quella del “dossieraggio” e delle bande di impiccioni che collezionano le informazioni più diverse violando sistematicamente la privacy di personaggi famosi ma anche di normali cittadini.
Dopo la crocifissione mediatica del tenente Striano e del magistrato Laudati, in assenza di colpi di scena sul Calvario o nei dintorni, un bagliore straordinario ha accecato l’opinione pubblica.
Visto il nome della combriccola, è il caso di dire che è “sbocciato” un altro gruppo di spioni. Si chiama “Fiore” e avrebbe la sua base a Roma dalle parti di piazza Bologna. Altro che “Bond, James Bond”… A leggere Il Giornale “Tra di loro si chiamano con soprannomi o abbreviazioni: come Rosà, che sarebbe il punto di riferimento del gruppo, Ciccio, Carlé”.
Sarebbe gente pronta a vedere qualunque informazione riservata o semplice confidenza pur di ottenere un qualsivoglia vantaggio. I “dati” sembrano essere una materia prima di questa bistrattata Repubblica che conosce tutto tranne una legittima vergogna per la non entusiasmante opinione che sta consolidandosi oltre confine.
Il segnale della reputazione internazionale conquistata con tanta fatica è la prima pagina del Wall Street Journal che – a detta di molti non è testata giornalistica che ha soppiantato “Il Male”, “Cuore” o il sopravvissuto “Vernacoliere”.
Indubbiamente molti italiani “sono stati cattivi”, ma forse non si meritavano un castigo simile.
In questo momento drammatico e non tragicomico, la priorità non dovrebbe essere la spasmodica ricerca di opportunità per rivelarsi spiritosi senza esserlo o per rubare il mestiere al celeberrimo “mimo di Zelig”…
Certe manifestazioni goliardiche evocano i banchi dell’Università o del Liceo. Il non averli frequentati non autorizza a recuperare occasioni perdute.