Mentre in Italia si chiude lo storico “Comitato Media e Minori”, certamente colpevole di imperdonabile inerzia, l’Autorità di regolamentazione della privacy del Regno Unito ha avvertito i social media e le piattaforme di condivisione video che devono migliorare le pratiche di protezione dei dati per salvaguardare i bambini che utilizzano i loro servizi.
L’Information Commissioner’s Office (ICO) ha lasciato intendere, senza mezzi termini, che molti di questi fornitori di contenuti non soddisfano ancora i requisiti stabiliti in un codice di condotta che oltre Manica regola la privacy dei bambini dal 2021.
Il cosiddetto ICO – a differenza di tante realtà omologhe in giro per il mondo – ha le idee fin troppo chiare e ha saputo indirizzare le diverse piattaforme (social network e social media) verso obiettivi concreti e ben determinati.
Tra i “must” da rispettare spicca l’obbligo di garantire che i profili dei bambini siano privati per impostazione predefinita e che in egual modo sia disattivata qualunque forma di geolocalizzazione. L’ICO ha poi fatto esplicito divieto che le informazioni relative ai minori possano essere utilizzate in modo improprio per compromettere la “sicurezza fisica o il benessere mentale”.
L’Autorità britannica ha chiesto ai social di disattivare – per default – la pubblicità mirata per i bambini per impostazione predefinita, a meno che non vi sia un “motivo convincente” per la profilazione dell’utente.
Nel fare riserva di esaminare i controlli relativi all’età di chi accede a certe opportunità di intrattenimento virtuale, l’ICO ha preteso che venga richiesto il consenso dei genitori per i bambini di età inferiore a 13 anni affinché le loro informazioni personali vengano utilizzate da un servizio online.
Non è trascurabile che sia stato chiesto a Facebook, Instagram, Youtube e così a seguire di intervenire sui sistemi di “raccomandazione” che utilizzano profili comportamentali, risultati di ricerca e informazioni personali per incoraggiare potenzialmente i bambini a rimanere più a lungo su una piattaforma o a intraprendere “percorsi verso contenuti dannosi”.
Le iniziative nel Regno Unito trovano sponda in dati e statistiche davvero poco rassicuranti. È emerso che il 96% dei bambini britannici di età compresa tra 3 e 17 anni guarda filmati su piattaforme di condivisione video e che il 30% dei bambini di età compresa tra 5 e 7 anni utilizza abitualmente un sito di social media. Se spaventano certi numeri, si pensi che la percentuale che sale al 63% dei bambini di età compresa tra 8 e 11 anni e al 97% dei bambini di età compresa tra 3 e 17 anni.
È evidente che lo scenario prospetta la ricerca del profitto che calpesta privacy e ogni altro diritto dei minori, segnalando la pericolosissima deriva a proposito di ciò che i giovanissimi vedono e sperimentano nel mondo digitale.