Per tanti anni l’utilizzo di dispositivi di proprietà del dipendente anche ai fini aziendali e – viceversa – la possibilità di adoperare per scopi personali strumenti forniti dal datore di lavoro erano solo questioni di carattere fiscale.
La preoccupazione era di natura tributaria e mirava a capire se bisognava tirare in ballo i “fringe benefits”, ovvero le concessioni fatte al lavoratore a titolo integrativo della retribuzione.
Il caso più ricorrente ha sempre riguardato il telefono mobile e in particolare il rimborso dei costi di abbonamento e traffico oppure l’uso non lavorativo di qualcosa assegnato per ragioni connesse al rapporto di lavoro dipendente.
Il meccanismo è stato etichettato – come spesso accade – con una sigla che voleva ufficializzare la pessima scelta di permettere un utilizzo del cellulare (oggi dello smartphone) aziendale anche per finalità individuali.
E’ così saltato fuori l’acronimo “TYWD”, le cui iniziali sintetizzano il “Take Your Working Device”, ovvero “Prendi il tuo dispositivo di lavoro”, frase che in realtà si traduceva in un più permissivo “Eccoti qualcosa che puoi adoperare anche per i fatti tuoi”.
Nessuno o comunque davvero pochi si sono poi messi a controllare quale fosse l’effettivo impiego dello strumento elettronico di comunicazione. Ancor meno è invalsa la preoccupazione di riscontrare percentualmente quale ne fosse l’utilizzo aziendale e quale quello personale.
Il calare del prezzo di certi apparati mobili ha progressivamente avvicinato la gente all’acquisto individuale di modelli e tipi che fossero più carini esteticamente, meno ingombranti, più ricchi di funzioni. E così i dipendenti hanno cominciato ad adoperare il proprio smartphone magari mantenendo la SIM aziendale.
Da poche eccezioni alla normalità. Il passo è stato breve.
Nel tempo la dinamica in questione era stata persino nobilitata con un acronimo che identificava e legittimava quella che sostanzialmente è soltanto una brutta abitudine. Si è, infatti, cominciato a parlare di “BYOD” ossia del cosiddetto “Bring Your Own Device”. In termini pratici dietro quella espressione anglofona si celava un banale “Prendi pure il tuo apparecchio” che costituiva una sorta di autorizzazione a servirsi di qualcosa che non era propriamente una dotazione d’ufficio.
La circostanza faceva piacere alle imprese, ben contente di non dover sostenere spese per attrezzare adeguatamente i propri lavoratori. Erano felici anche i dipendenti, che non si ritrovavano costretti a rispettare l’obbligo di utilizzare modelli di telefono o di computer portatile meno moderni di quanto acquistato autonomamente.
Si era creata condizione di equilibrio di interessi che vedeva sulla scena anche un terzo soggetto, tutt’altro che gradito. A gioire di questa pragmatica soluzione organizzativa c’era anche il criminale di turno, che sapeva di poter approfittare della situazione che si rivelava idilliaca per lui e non per chi (azienda e dipendente) era convinto di vivere un’atmosfera ideale e vantaggiosa.
E’ facile capire che l’orizzonte non riserva rose e fiori.
Torneremo a parlarne davvero presto. “Stay tuned”, come dicono quelli che preferiscono locuzioni inglesi al nostro bel parlare italiano.