Il calcio è sport di suspence, può vincere la squadra più debole, senza fare un tiro in porta. Ho assistito ad una simile partita, trascinante quanto bizzarra.
“Partiti!” avrebbe detto Nicolò Carosio.
Prima azione di gioco. Un generale, “il più noto d’Italia”, pubblica un libro fonte d’infinite polemiche. Media e politica avverse s’inalberano, e il suo ministro cosa fa? Lo definisce “farneticante” quando sarebbe dovere di un comandante difendere, almeno dall’esterno i propri uomini, e poi sanzionare coi mezzi legali a disposizione. Papera “etica”.
Contestualmente si dà per buono ciò che dicono i media, quando è regola nota che dell’articolo di stampa vadano almeno presi i “virgolettati”, per essere quasi certi di ciò che abbia detto l’interessato. Così si partecipa, con media e politici di fede avversa, alla gratuita pubblicizzazione dell’opera, che schizza in cima alle vendite. Papera “mediatica” con effetto “diapason”.
Manco si sono scaldati i muscoli e la favorita è sotto di 1 rete, o meglio, autorete che fa lo stesso.
Ma a metà del 1° tempo lo stesso Ministro ostenta coi giornalisti del “Fatto Quotidiano” e poco dopo in RAI con la direttrice Monica Maggioni, la piccola reprimenda inflitta al generale, per l’essersi presentato a rapporto al Ministero in borghese. Orbene, “far notare, rilevare o osservare” al dipendente qualcosa che non va è legittimo, per la disciplina militare equivale alla sanzione del “richiamo”. Nota come “cicchetto” o “cazziatone”, è verbale, non va trascritta nelle carte personali, né va pubblicizzata sui media. Papera “giuridica” di carattere formale, di legittimità.
E in quel frangente, avendo Vannacci chiesto di conferire per motivi privati, doveva recarsi a Roma in borghese e a spese proprie, come gli avevano prescritto i superiori. Papera “giuridica”, ancora, di merito.
Altra micidiale autorete. 0-2.
L’inizio del 2° tempo vede il Ministro appioppare 11 mesi di sospensione dal servizio all’interessato. Potrebbe essere un modo per riaprire la partita, ma qui si richiede l’intervento del VAR.
Mi spiego: un tempo il militare non poteva pubblicare libri o scritti, senza autorizzazione della gerarchia. Per allineare al dettato costituzionale la regolamentazione militare, il legislatore ha ridotto questi limiti e se non si trattano argomenti segreti, un soldatino può scrivere quel che vuole, rispondendo – sia chiaro – di diffamazione, calunnia etc., ovvero dei reati a mezzo stampa. Come qualsiasi cittadino.
E’ possibile punire chi ha scritto di argomenti non preclusi dalla normativa – dopo aver esplicitamente dichiarato che il contenuto è esclusivamente suo, e che non coinvolge l’amministrazione della Difesa – per il fatto che si ritenga non “opportuno” che lo facesse? Si può accettare che sia vanificato l’operato del legislatore che voleva ampliare – questa è la ratio della norma – la sfera dei diritti del militare allineandoli alla Costituzione (repubblicana e antifascista).
Possibile restringerla (la sfera dei diritti, non quella di cuoio) alla luce di un mero criterio di opportunità? “Opportunità” che nella nuova norma mai è richiamata per giustificare un intervento limitativo e repressivo della gerarchia. Non sono un giurista, ma credo se ne disquisirà in sede di ricorso amministrativo presso il Tribunale Amministrativo Regionale che ha adito il generale, e successivamente, forse, davanti al Consiglio di Stato in appello.
Non esprimo valutazioni se sia “giusto” punire il generale, ciascuno resterebbe della sua idea, e non perdo tempo. Né voglio sostenere o condannare le tesi sue o accreditategli come tali. Mi limito a sottolineare come la legge conferisca un diritto, non stabilisca che possa essere compresso per “ragioni di opportunità legate al buon nome delle Forze Armate”, mentre in sostanza la punizione inflittagli si regga sull’inopportunità che quel libro fosse pubblicato.
A pochi minuti dalla fine altra “bambola”. Una medaglia d’oro al valor militare, consigliere del ministro – il conduttore televisivo lo sottolinea mellifluo per far capire chi potrebbe essere a parlare – in uniforme, con un grado inferiore al generale, sicuramente autorizzato, critica aspramente l’operato di chi è comunque suo superiore, non rinunciando a svelare – inelegantemente – elementi quali “i conti della pensione” che il Vannacci starebbe facendosi fare. Precisa che sta parlando a titolo personale e esplicita di ritenere che – ove non eletto – il generale non possa più indossare l’uniforme. Beh. Questa è mancanza disciplinare evidente, non serve il VAR. Se si vuol sanzionare il generale perché viola il regolamento di gioco, si può far finta di nulla con altri fallosi contendenti?
A margine, facendo ricorso alla moviola dell’immortale Domenica Sportiva, emerge che proprio nulla abbia fatto il generale per vincere. Non ha praticamente toccato palla, a parte qualche perentorio rinvio in tribuna. Anche l’appunto del vulcanico presidente del Senato, rammaricato per l’aver il generale contestato e contraddetto il suo Ministro, commettendo “fallo di reazione”, appare – alla luce del VAR – privo di sostegno.
Il Vannacci ha sempre sottolineato di rispettare le decisioni di quello che ha costantemente indicato come proprio superiore, evitando furbescamente falli di nervosismo. Insomma, nel duello – sicuramente vivace – non ha tentato un’entrata con “piede a martello”, per non parlare del doppio tackle scivolato di cui era maestro il terzino Schnellinger, vecchia gloria di Mantova, Roma, Milan e nazionale di Germania dell’Ovest. Visto il clima sarebbe stato cartellino rosso immediato, l’arbitro non attendeva altro.
Forse per questo il Presidente del Consiglio – insospettabile esperta dell’arte della nota musa Eupalla citata dal grande Brera – ha mantenuto religioso silenzio, dall’inizio? O perché ha iniziato a considerare, sin dai primi minuti di gioco, altra, ben più ferale, eventualità?
Perché, mentre i concorrenti del “generale più famoso d’Italia”, in lizza contro di lui per l’avanzamento, unitamente ad altissime sfere delle gerarchie dell’Esercito, plaudivano a quella che sembrava essere l’inizio della fine del Vannacci, legioni di coloro che rappresentano la “pancia” delle strutture della sicurezza dello Stato hanno iniziato a manifestarsi interessati e pronti a cambiare casella nella scheda elettorale, per intercettare il posizionamento politico del loro idolo. E le legioni di singoli indistinguibili, muovono più voti dei vertici pluristellati di Forza Armata, anche sommati a quelli dell’aliquota di avanzamento a generale di corpo d’armata.
Ovvio che per capire se il generale Vannacci vincerà questa finale in 2 matches, si debbano attendere i verdetti delle urne, il retour match, che se negativi per lui ribalterebbero completamente l’andamento del confronto. Ma era proprio necessario prenderne già 3 all’andata?