Il miglior commento sarebbe stato quello del Principe Antonio De Curtis.
La storia degli hacker che assaltano il nostro Paese è una fandonia. Diciamola meglio: “questa” storia è una fandonia. I pirati informatici – a differenza di tanta altra gente – sono persone serie e non si perdono in certe clamorose cazzate come il mandare in tilt il sito della Premier, quello dei concorsi della GdF o quell’altro di qualche ministero che difficilmente totalizza più di trenta visitatori al giorno…
Se non ci si apre la pagina web della signora, pardon signorina Meloni, credo che si possa sopravvivere con estrema nonchalance, ma – al limite – ci si può chiedere come nel 2024 ancora ci sia qualcuno che riesce a finire KO per attacchi primordiali come il Denial-of-Service…
Una Nazione che si lascia intimorire da quattro ragazzini imbecilli come quelli della combriccola di NoName57(16), è semplicemente un Paese inadeguato. I “webmaster” ridicolmente sodomizzati da piccole canaglie, dovrebbero cambiare mestiere. I “security manager” scoprire una vocazione adulta e ritirarsi a vita monastica in qualche santuario orientale nel Tibet, dove la loro fama li precederà vanificando l’auspicato isolamento.
I problemi sono altri e siccome sono davvero problemi si cerca di parlarne il meno possibile. Ne citiamo uno soltanto, giusto per non infierire nei confronti di chi, sventolata con orgoglio una t-shirt di partito, ha già palesato le sue doti migliori.
Il 23 aprile scorso – e la vicenda risaliva a cinque giorni prima – un mio amico si reca al laboratorio di analisi Proda nel quartiere romano di Montesacro, scatta una fotografia e me la manda.
E’ un avviso ai pazienti (ecco perché si chiamano “pazienti”) con cui si informa che un gruppo di hacker ha fatto una sorta di colonscopia al sistema informatico di una delle principali realtà che fornisce servizi di diagnosi medica cui fanno capo tanti laboratori sul territorio.
Synlab Italia – che come consulenti probabilmente ha i fratelli Grimm – ha inizialmente raccontato la fiaba di aver disattivato i propri sistemi a titolo precauzionale.
L’accumularsi dei ritardi nel consegnare l’esito di analisi cliniche e accertamenti vari non ha solo spazientito chi aspettava una risposta e si era stufato per l’eccessiva attesa, ma ha messo in serio pericolo la vita di quelle persone la cui mancanza di certi risultati rischiava di compromettere gravemente la salute e pregiudicare il futuro.
Il Collodi vedendo – comunicato dopo comunicato – il naso degli informatici allungarsi a dismisura nel parlare di problemi tecnici avrebbe cominciato a pretendere il pagamento delle royalties per la messinscena che ricalcava l’epopea del suo burattino. Ma se c’è un ricatto in corso, non è certo quello del papà di Pinocchio ad impensierire.
Per capire la gravità della situazione bastava leggere il testo diffuso dal management di questa azienda.
“SYNLAB informa tutti i Pazienti e i Clienti di aver subito un attacco hacker ai propri sistemi informatici su tutto il territorio nazionale. In via precauzionale, appena identificato l’attacco e secondo le procedure aziendali di sicurezza informatica, tutti i sistemi informatici aziendali in Italia sono stati immediatamente disattivati”.
La frase di maggior effetto è stata quella con cui Synlab ha dovuto ammettere che “non è in grado attualmente di stabilire quando l’operatività potrà essere ripristinata”.
La banda criminale, questa sì, di BlackBasta è penetrata nel cuore dell’architettura tecnologica di SynLab Italia, ha rubato oltre 1,5 terabyte di dati e poi ha devastato gli archivi elettronici in un atto di barbarie disumano. Le vittime non sono manager e tecnici dell’azienda, ma i pazienti che si sono rivolti a laboratori di analisi che sfruttavano i servizi di chi è stato arrembato dagli hacker.
L’11 maggio scade l’ultimatum. Se Synlab non paga quel che pretendono gli estorsori, informazioni riservatissime saranno riversate online, vendute al miglior offerente o semplicemente divulgate nel “deep web”.
Le conseguenze sono inimmaginabili e non rappresentano altro che la punta dell’iceberg.
Le situazioni di questo genere sono davvero tante e non se ne parla. Meglio far credere che gli hacker hanno impedito per mezz’ora di recarsi in pellegrinaggio sul sito della Premier e che adesso tutto è tornato a funzionare regolarmente…