I protagonisti di questo ricordo sono Charles A. Lindbergh, Bruno Richard Hauptmann e Alexis Carrel.
Il primo nome potrebbe dire qualcosa a molti di noi (ricorreva il 21 maggio l’anniversario della famosa traversata in solitaria dell’Atlantico), il terzo (forse) a qualche studioso di medicina e fisiologia, il secondo certamente sconosciuto ai più… ma veniamo ai fatti.
Il rapimento del piccolo Charles Augustus Lindbergh Jr., figlio infante del famoso miliardario ed aviatore degli anni 30 del secolo scorso, resta uno dei casi criminali più noti e famosi della storia.
Nel marzo 1932, durante una tranquilla serata domestica, il piccolo Charles, bimbo di venti mesi, sparì dalla culla, apparentemente rapito tramite una scala a pioli artigianale dalla sua cameretta al primo piano della residenza dei Lindbergh nel New Jersey. Sul davanzale venne ritrovata una lettera con la quale veniva richiesto un riscatto di 50.000 dollari per il bambino.
Lindbergh era, all’epoca, considerato quasi un eroe: milionario WASP, avventuriero e pilota leggendario, con una famiglia da fiaba disneyana, uomo di successo e biglietto da visita per l’intraprendenza americana nel mondo, ormai parte del jet-set (o del “ton”, come era definita all’epoca la “buona società”).
Il rapimento viene visto quasi come una violazione alla sacralità dei valori americani, vilmente osando toccare un eroe del tempo nei suoi affetti più cari.
La copertura mediatica dell’evento è globale, il riprovevole crimine viene rimbalzato a caratteri cubitali sui giornali di tutto il mondo: la notorietà di Lindbergh (e forse il suo patrimonio…) mette in campo i migliori investigatori e tutte le forze dell’ordine. Perfino Al Capone, dal carcere, promette una taglia sui rapitori.
E qui cominciano gli eventi poco chiari della vicenda: strani intermediari, misteriosi messaggi del rapitore, millantatori e truffatori.
Eppure, alla fine un riscatto viene pagato, utilizzando non normali banconote, ma con “Gold Certificates”, “Certificati Aurei” emessi dal Tesoro statunitense fino agli anni ’20, facilmente tracciabili e, soprattutto, destinati a perdere corso legale entro il 1934, probabilmente nell’intento di mettere fretta ai rapitori nello spendere le banconote.
Facendola breve, John Condon, un intermediario offertosi ai Lindbergh per aiutarli (dopo una “prova” costituita dal pigiamino del piccolo Charles Jr. fattagli pervenire dal rapitore) e una richiesta di aumento del riscatto a 75mila dollari, consegna la busta con i 50mila dollari richiesti in origine, e riceve l’informazione di dove si trovi il piccolo. Ovviamente falsa: le ricerche a Martha’s Vineyard della barca dove era stato detto fosse nascosto il bambino sono infruttuose. Il corpicino viene casualmente ritrovato circa un mese dopo, nelle vicinanze della casa del rapimento, in circostanze fortuite e non ben chiarite, con segni di un trauma al capo, evidentemente occorso durante il ratto (nel quale sembra che il colpevole sia caduto dalla scala a pioli artigianale).
Il “trucco” dei certificati aurei sembra pagante: qualche tempo dopo, un benzinaio si annota la targa di un cliente che ha pagato il pieno con una di queste banconote, e le manette rapidamente scattano per Bruno Richard Hauptmann, un carpentiere di origini tedesche, nella cui casa vengono ritrovati circa 15 mila dollari provenienti dal riscatto e alcuni frammenti di legno compatibili con la scala utilizzata per accedere alla cameretta del bimbo rapito. Nella perquisizione viene rinvenuto, annotato a matita sulla porta del bagno dell’alloggio, il numero di telefono di Condon, l’intermediario, nonché lo schizzo progettuale per la costruzione della scala a pioli.
Tutti elementi indiziari, sempre contestati da Hauptmann, in un processo mosso più dalla “pancia” del Paese e dall’influenza di Lindbergh, che dalle buone pratiche investigative e di giustizia.
Scontato l’epilogo, con Hauptmann che finisce sulla sedia elettrica nel 1936, protestando sempre la sua innocenza, e accompagnato dai dubbi di coscienza perfino del Governatore che autorizzò il rinvio dell’esecuzione.
Manca il terzo personaggio, il Premio Nobel per la medicina Alexis Carrel, amico e sodale di Lindbergh, al quale lo accomunava la passione per l’eugenetica e (più avanti) la spartizione dei profitti per l’invenzione di un sistema di circolazione artificiale del sangue da utilizzare in interventi di trapianto o espianto di tessuti e organi.
Il caso Lindbergh fu spesso “riaperto” sulla stampa (per esempio, già nel 1992 dal Los Angeles Times) o con azioni da parte degli eredi di Hauptmann, che non hanno mai ottenuto una vera revisione.
Da ultimo, Lisa Pearlman, una scrittrice americana, ex magistrato, con un documentatissimo libro ha scavato a fondo nella vicenda, giungendo ad ipotizzare che Lindbergh e il Dott. Carrel, nel tentativo di guarire il piccolo Charles Jr., affetto da alcune malformazioni congenite, abbiano ecceduto con la fiducia nei trattamenti innovativi del medico, determinando la tragica morte del bambino, che sarebbe poi stata coperta dalle vicende, invero piuttosto oscure, che hanno portato all’epilogo che ora tutti noi conosciamo.