È di queste ora la notizia del riuscito lancio dello Starliner, il primo modulo NASA per il trasporto-navetta di astronauti verso la ISS, seguito poche ore dopo dall’ennesimo successo di Elon Musk e del suo vettore Space-X. Due lanci in due giorni, nemmeno ai bei tempi della corsa alla Luna!
Qualcuno di noi probabilmente non era ancora nato quando, nel settembre del 1977, fu lanciata la sonda Voyager 1, programmata (insieme alla “gemella” Voyager 2, lanciata qualche giorno prima) per raggiungere le vicinanze di Giove e Saturno e, successivamente, di Urano e Nettuno.
Dopo un viaggio di circa 12 anni, le due sonde hanno completato la missione impeccabilmente, riportandoci immagini e scoperte davvero sensazionali.
Alla NASA però hanno intuito che, visto che le cose funzionavano, fosse opportuno non toccarle, e così fu deciso di estendere la missione delle due sonde, battezzando la VIM (Voyager Interstellar Mission), quasi una missione “To boldly go where no man has gone before” (“fino ad arrivare dove nessun uomo è mai arrivato prima” – cit. da Star Trek, serie “classica 1966/1969).
Negli anni trascorsi le due sonde si sono spinte davvero ai limiti dello spazio a noi noto, riportandoci dati scientifici ed immagini davvero entusiasmanti, ben oltre ogni speranza di sopravvivenza dei due velivoli e spingendosi nel cosiddetto “spazio interstellare”, una regione dello spazio in cui (detto MOLTO in soldoni) cessa l’influenza delle emissioni e del campo magnetico solare, cioè quella zona chiamata “eliosfera”.
Purtroppo però, tutto è sembrato avere una fine: Voyager 1 ha smesso di inviare dati scientifici e ingegneristici leggibili sulla Terra il 14 novembre 2023, anche se i controllori di missione affermavano che il veicolo spaziale stava ancora ricevendo i loro comandi e funzionava normalmente.
A marzo, il team di ingegneri della Voyager presso il Jet Propulsion Laboratory della NASA nel sud della California ha confermato che il problema era legato a uno dei tre computer di bordo del veicolo spaziale, che gestisce i dati di volo (Flight Data Subsystem – FDS). L’FDS è responsabile dell’impacchettamento dei dati scientifici e ingegneristici prima che vengano inviati sulla Terra.
Il team ha scoperto che un singolo chip responsabile dell’archiviazione di una parte della memoria FDS, incluso parte del codice software del computer FDS, aveva smesso di funzionare.
La perdita di quel codice ha reso inutilizzabili i dati scientifici e ingegneristici. Non essendo in grado di riparare il chip, dopo un po’ di ricerca inventiva il team ha deciso di inserire il codice interessato altrove nella memoria FDS. Tuttavia, nessuna singola posizionedi memoria (ricordiamoci che parliamo di tecnologia del 1977!!) è abbastanza capiente da contenere la sezione di codice nella sua interezza.
Così hanno escogitato un piano per dividere il codice interessato in sezioni e archiviare quelle sezioni in luoghi diversi nell’FDS. Per far funzionare questo piano, è stato necessario modificare anche le sezioni di codice per garantire, ad esempio, che funzionino ancora tutte nel loro insieme. Anche tutti i riferimenti alla posizione di quel codice in altre parti della memoria FDS dovevano essere aggiornati.
Il team ha iniziato individuando il codice responsabile dell’impacchettamento dei dati ingegneristici del veicolo spaziale. Lo hanno inviato nella sua nuova posizione nella memoria FDS il 18 aprile, incrociando le dita e ricordandosi che un segnale radio impiega circa 22 ore e mezza per raggiungere la Voyager 1, che si trova a oltre 24 miliardi di chilometri dalla Terra, e altre 22 ore e mezza per tornare sulla Terra.
Quando il team di volo della missione ha ricevuto una risposta dal veicolo spaziale il 20 aprile, ha visto che la modifica funzionava: per la prima volta in cinque mesi, sono stati nuovamente in grado di controllare lo stato di salute e lo stato del veicolo spaziale.
Per la prima volta da novembre, la sonda Voyager 1 della NASA ha quindi nuovamente ripreso ad inviare dati utilizzabili sullo stato di salute dei sistemi ingegneristici di bordo. Il prossimo passo è quello di consentire al veicolo spaziale di ricominciare a restituire dati scientifici. La sonda e la sua gemella, Voyager 2, sono gli unici veicoli spaziali ad aver mai volato nello spazio interstellare (lo spazio tra le stelle).
Nelle prossime settimane, il team trasferirà e modificherà le altre parti interessate del software FDS, compresi i moduli di programma che inizieranno a restituire i dati scientifici.
Voyager 2 continua invece a funzionare normalmente: lanciati oltre 46 anni fa, i veicoli spaziali gemelli Voyager sono i veicoli spaziali più longevi e distanti della storia.
Altro che “obsolescenza programmata”!