Partiamo dalla definizione di “caporalato” che ci fornisce la Treccani, sicuramente non imputabile di faziosità: “Reclutamento di manodopera non qualificata, sfruttata illegalmente, diffuso su tutto il territorio italiano, in particolare nel settore ortofrutticolo del Mezzogiorno e nell’edilizia del Settentrione.
In entrambi i casi i lavoratori sono pagati a giornata o a settimana e senza diritti previdenziali e sindacali. Il “caporale”, spesso collegato alle mafie locali, ha il compito di condurre sul posto di lavoro la manovalanza e di retribuirla a suo totale arbitrio.
Questa pratica è stata spesso tollerata a causa dell’assenza di una legislazione repressiva specifica.
La prima legge a suo contrasto risale al 2011 e introduce nel codice penale il nuovo reato di “intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro”. Il caporalato ha dimostrato di adattarsi ai mutamenti del sistema produttivo italiano, approfittando di volta in volta delle fasce di lavoratori più vulnerabili, rappresentate da masse di contadini e operai meridionali, soppiantate poi dagli immigrati clandestini. Si tratta in maggioranza di stranieri stagionali, privi di una paga oraria e retribuiti in base al numero di casse di prodotto raccolto per giornata. Con l’avvento del flusso migratorio anche i caporali sono stati sostituiti da stranieri, spesso della stessa origine dei lavoratori impiegati e controllati dalla malavita organizzata”.
Si rammenta che ben dodici persone, tutti braccianti agricoli migranti, nell’agosto 2018, perirono in un incidente stradale avvenuto sulla strada statale 16, nel foggiano. Lo scontro fu tra un furgone, con targa bulgara, che trasportava uomini che tornavano dalle campagne dove avevano raccolto pomodori ed un tir. A bordo del mezzo erano in 14, probabilmente viaggiavano in piedi, stipati in un furgoncino che poteva trasportare al massimo otto persone.
Solo quando si verificano episodi brutali come il decesso, e relativo scarico del corpo, a mo’ di merce alla rinfusa, nell’agro di Latina od il summenzionato incidente nel foggiano, ci si rammenta che esiste il caporalato, questo sconosciuto. Per i meno avvezzi alle ricerche di natura storica, senza rimembrare la schiavitù nei secoli impiegata per ogni tipologia di lavoro, si segnala che il caporalato è nato prima dell’unità d’Italia, nel Mezzogiorno, in particolare in Sicilia con l’emergere della mafia o, meglio, di “Cosa Nostra”. Gli schiavi in epoca greca e romana avevano più diritti di migranti e non, sfruttati al nero, nella nostra civilissima Italia.
Ora tutti piangono, distribuiscono con carità pelosa permessi di soggiorno, invocano controlli che nessuno, dicesi nessuno, ha intenzione di fare per non rovinare equilibri, elettorali e non, in sede locale. Perché si rischierebbe di far emergere dall’iceberg dei morti sul lavoro (oltre mille all’anno) un mondo di volutamente dimenticati dalla società. Le Istituzioni non sanno quanti siano ma chiudono ambedue gli occhi e, per sicurezza, li coprono con una mascherina nera, non si sa mai dovesse filtrare della luce.
Per fare maggiori controlli sicuramente possono mancare uomini. La tecnologia aiuta i politici nostrani solo per esibizioni muscolari sui social, per accusare e fare monologhi, atteso che ora si rifiuta il minimo confronto? Parlando da soli è difficile essere contraddetti. Un semplice, banale, suggerimento. Esistono i droni non solo per impieghi bellici, per immortalare cerimonie, fare riprese amatoriali ed altro.
Bene, un campo agricolo ha dimensioni definite da confini visibili e si vede cosa si raccoglie (pomodori, cocomeri ed altro). Il campo sarà pur di proprietà di qualcuno, essendo ormai passati a miglior vita gli usi civici. Il proprietario quanti braccianti ha sul libro paga regolarmente registrati? Per quanti paga i contributi? Un drone passa sul terreno e si possono contare gli uomini e le donne impiegati, forse più corretto sfruttati. La differenza tra il contato dal drone ed il registrato a libro paga è al nero.
Elementare Watson. I controlli possono essere “addomesticati” per la nota propensione italica alla corruzione ma le immagini non sono corruttibili, a meno di non utilizzarle ma, passando per più mani, è arduo nasconderle. Bastano pochi controlli. Una locuzione latina diceva: “Unum castigabis, centum emendabis” (Ne castigherai uno, ne correggerai cento). Il detto cinese “Colpirne uno per educarne cento”, già noto nel 62 a.C., in epoca moderna è attribuito solitamente a Mao Zedong.
In pratica occorre solo leggere e studiare avvalendosi della tecnologia. Come per gli incroci delle banche dati per scovare gli evasori fiscali, si preferisce ignorare. L’unica cosa che non si può ignorare è l’aumento esponenziale delle morti sul lavoro ma la politica piange e si indigna un solo giorno. I familiari per sempre.
Come cantava Fabrizio De Andrè: “Prima pagina, venti notizie, ventuno ingiustizie e lo Stato che fa, si costerna, s’indigna, s’impegna, poi getta la spugna con gran dignità”. Mancano l’impegno e la dignità ma abbonda l’omertà.