Passata è la tempesta:
odo augelli far festa, e la gallina,
tornata in su la via,
che ripete il suo verso. Ecco il sereno…
Magnifiche le parole del grande poeta Leopardi. Efficaci le forme retoriche utilizzate. Inaspettata la capacità profetica, da fare impallidire Nostradamus e le sue quartine. Mirabile l’uso sapiente delle metafore.
Come meglio descrivere quanto è avvenuto una volta chiuso il G7?
Passata è la tempesta (del G7):
odo augelli far festa, (tutti gli agitati membri della corte della Primo Ministro che a vario titolo si sono presi il merito di quello che Giorgia ha definito nella conferenza stampa di chiusura della riunione di Borgo Egnazia “un successo”, felice di rivendicare di “avere fatto mangiare mozzarelle intrecciate a mano e panzerotti ai leader“, nonché contenta che ci siano state “le signore che facevano i bracciali con i noccioli di ulivi colpiti dalla Xylella”)
e la gallina, tornata in su la via che ripete il suo verso… .
Verso come sempre carico di emotività positiva, appassionata, convinta, ottimistica, permeata dell’orgoglio di essere italiani. Ne ha anche ragione Giorgia Meloni, detta Giorgia. Fra i capi di stato e di governo delle 7 più influenti democrazie occidentali che hanno partecipato all’incontro è la leader dal consenso politico più solido. Non per nulla il Wall Street Journal il 3 giugno u.s. ha titolato un suo editoriale: “I nani del G7 e Giorgia Meloni” (sottotitolo “It’s a bad sign for Western democracy when the Italian Prime Minister is the only popular leader”, ovvero “Brutto segno per le democrazie occidentali quando il Primo Ministro italiano è l’unico leader popolare”).
Lei è la sola a poter rivendicare una vittoria politica riuscendo a rimuovere ogni riferimento all’aborto nel comunicato finale. Lo scontro con Macron e le delegazioni statunitense e canadese lo hanno vinto lei e la diplomazia italiana.
Di certo il Santo Padre approva. Storica la sua partecipazione al G7. Non era mai accaduto prima. Invitato come uno dei due Keynote Speaker, ovvero oratore principale, alla sessione “Outreach” in cui si è parlato di intelligenza artificiale, ha approfittato dell’occasione per avere, forse è il vero motivo della sua partecipazione, iportanti colloqui bilaterali con la Sig.ra Kristalina Georgieva, Direttore Generale dell’International Monetary Fund, con il Presidente della Repubblica di Ucraina, S.E. il Sig. Volodymyr Zelenskyy, con il Presidente della Repubblica Francese, S.E. il Sig. Emmanuel Macron, con il Primo Ministro del Canada, S.E. il Sig. Justin Trudeau e ancora il Primo Ministro dell’India, S.E. il Sig. Narendra Modi, il Presidente della Repubblica di Turchia, S.E. il Sig. Recep Tayyip Erdoğan, il Presidente del Kenya, S.E. il Sig. William Kipchirchir Samoei Ruto; il Presidente del Brasile, S.E. il Sig. Luiz Inácio Lula da Silva; e il Presidente degli Stati Uniti d’America, S.E. il Sig. Joseph Biden.
Comunque, Papa Francesco ha anche tenuto un interessante discorso sugli effetti dell’intelligenza artificiale sul futuro dell’umanità dal titolo: “Uno strumento affascinante e tremendo”.
Il titolo è forse alquanto minaccioso, alcune definizioni non sono del tutto corrette, ma vale la pena leggerlo. Lo si trova sul sito dell’ufficio stampa del Vaticano.
Il Santo Padre, fra le altre cose, afferma che: “Nella sua essenza l’intelligenza artificiale è un utensile disegnato per la risoluzione di un problema e funziona per mezzo di un concatenamento logico di operazioni algebriche, effettuato su categorie di dati, che sono raffrontati per scoprire delle correlazioni, migliorandone il valore statistico, grazie a un processo di auto-apprendimento, basato sulla ricerca di ulteriori dati e sull’auto-modifica delle sue procedure di calcolo”.
Corretto affermare che con l’IA si risolvono problemi specifici, che utilizza operazioni logiche e algebriche, che lavora con categorie di dati per trovare correlazioni e che impiega processi di auto-apprendimento.
Lo è meno dire che l’intelligenza artificiale sia un semplice strumento perché si tratta di un campo di studio e di una tecnologia assai complessa. D’altronde Lei stesso, Santo Padre, aveva precedentemente detto che l’intelligenza artificiale è uno strumento “sui generis”.
Il citato “concatenamento logico di operazioni algebriche” è vero solo per alcuni approcci all’intelligenza artificiale. Ad esempio, le reti neurali non seguono sempre un concatenamento logico esplicito. Stessa considerazione è valida quando si parla di “auto-modifica delle sue procedure di calcolo”: vero per alcuni tipi di intelligenza artificiale, come l’apprendimento automatico, ma non per tutti i sistemi di intelligenza artificiale.
Importante sottolineare che la definizione non menziona aspetti importanti come il ragionamento, la percezione, la pianificazione e l’interazione con l’ambiente.
Ricorrendo, guarda caso, ai modelli di intelligenza artificiale generativa, nella fattispecie Claude 3.5 Sonnet, si ottiene una definizione più ampia e corretta:
“L’intelligenza artificiale è un campo dell’informatica che mira a creare sistemi capaci di eseguire compiti che tipicamente richiedono intelligenza umana. Questi sistemi possono utilizzare vari approcci, tra cui l’elaborazione logica, l’apprendimento automatico e le reti neurali, per analizzare dati, riconoscere modelli, prendere decisioni e risolvere problemi. L’intelligenza artificiale può includere capacità come l’apprendimento, il ragionamento, la percezione, la pianificazione e l’elaborazione del linguaggio naturale”.
Santo Padre, non mi permetto certo di correggerla o criticarla. Mi rivolgo non a Lei, ma ai suoi collaboratori che, con solerzia e sapienza, hanno preparato il suo discorso. Capisco che sia stato fatto un grande sforzo per semplificare una tecnologia difficile ad ampio spettro, ma se si semplifica troppo si finisce per sbagliare.
Nel suo discorso lei dice che: “…il buon uso, almeno delle forme avanzate di intelligenza artificiale, non sarà pienamente sotto il controllo né degli utilizzatori né dei programmatori che ne hanno definito gli scopi originari al momento dell’ideazione”, toccando un concetto complesso e dibattuto nel campo dell’intelligenza artificiale.
La frase è sostanzialmente corretta, ma può, anzi deve, beneficiare di poche, ma importanti modifiche e leggere:
“È probabile che il pieno controllo delle forme avanzate di intelligenza artificiale non sarà completamente nelle mani né degli utenti finali né dei programmatori originari. Ciò è dovuto alla natura complessa e potenzialmente imprevedibile dei sistemi di intelligenza artificiale avanzati”.
Questa versione riveduta introduce un essenziale elemento di incertezza (“È probabile”) perché il futuro dell’intelligenza artificiale è ancora oggetto di dibattito e ricerca. La definizione appena data chiarisce che si parla di “pieno controllo”, riconoscendo che un grado di controllo, da definire, potrebbe comunque essere mantenuto. Per maggiore precisione parla di “utenti finali” invece di generici “utilizzatori” e aggiunge una breve spiegazione del motivo di questa potenziale mancanza di controllo totale.
A tale proposito, da ricordare che le opinioni, riguardo al grado di controllo che sarà possibile mantenere sulle intelligenze artificiali avanzate future, sono oggetto di ampio dibattito. Ecco alcuni punti chiave da considerare: incertezza, complessità dei sistemi, autonomia decisionale, allineamento dei valori etici, governance e regolamentazione, trasparenza e interpretabilità, controllo distribuito, limitazioni tecniche, evoluzione dell’interazione uomo-intelligenze artificiali, imprevedibilità delle capacità emergenti delle intelligenze artificiali avanzate che potrebbero sfidare i modelli di controllo esistenti.
In sintesi, mentre è probabile che si mantenga un certo grado di controllo, la natura e l’estensione di questo controllo sono incerte e potrebbero variare significativamente a seconda degli sviluppi tecnologici e delle decisioni societarie.
Santo Padre, ci sono due paragrafi nel suo discorso che mi lasciano alquanto perplesso dove dice : “Dimenticare che l’intelligenza artificiale non è un altro essere umano e che essa non può proporre principi generali, è spesso un grave errore che trae origine o dalla profonda necessità degli esseri umani di trovare una forma stabile di compagnia o da un loro presupposto subcosciente, ossia dal presupposto che le osservazioni ottenute mediante un meccanismo di calcolo siano dotate delle qualità di certezza indiscutibile e di universalità indubbia.
Questo presupposto, tuttavia, è azzardato, come dimostra l’esame dei limiti intrinseci del calcolo stesso. L’intelligenza artificiale usa delle operazioni algebriche da effettuarsi secondo una sequenza logica (per esempio, se il valore di X è superiore a quello di Y, moltiplica X per Y; altrimenti dividi X per Y). Questo metodo di calcolo – il cosiddetto “algoritmo” – non è dotato né di oggettività né di neutralità. Essendo infatti basato sull’algebra, può esaminare solo realtà formalizzate in termini numerici”.
Mi perdoni, ma non ho ben chiaro cosa sia un “presupposto subcosciente”. Il secondo paragrafo poi merita analisi puntuale perché contiene alcune verità, ma anche imprecisioni e semplificazioni eccessive. Vero che l’intelligenza artificiale faccia uso di operazioni matematiche e logiche, vero che gli algoritmi seguono sequenze logiche di istruzioni e vero che l’idea che siano intrinsecamente oggettivi o neutrali è tema di discussione nella comunità scientifica ed etica.
Però… La definizione di “algoritmo” fornita è estremamente semplificata. In intelligenza artificiale un algoritmo è una sequenza di istruzioni o regole ben definite, è un processo passo-passo il cui scopo è permettere all’intelligenza artificiale di processare dati, prendere decisioni, generare risultati facendo uso della grande varietà di algoritmi disponibili: di apprendimento supervisionato e non supervisionato, di deep learning, per rinforzo e ancora reti neurali, alberi decisionali, algoritmi genetici. La lista è ancora lunga.
Gli algoritmi sono il cuore dell’intelligenza artificiale, determinando come un sistema apprende e si comporta. Sono spesso molto più complessi di semplici istruzioni condizionali.
L’esempio dato (“se il valore di X è superiore a quello di Y…”) è un’eccessiva semplificazione.
Affermare che gli algoritmi non sono “dotati né di oggettività né di neutralità” come fatto assoluto è controverso: gli algoritmi possono incorporare “bias”, ovvero preconcetti, ma la loro oggettività o neutralità dipende da molti fattori, inclusi la modalità di progettazione, i dati di addestramento e l’implementazione.
Una versione più accurata potrebbe recitare:
“L’intelligenza artificiale utilizza algoritmi complessi che eseguono operazioni matematiche e logiche. Questi algoritmi possono variare da semplici istruzioni condizionali a reti neurali altamente sofisticate. Mentre gli algoritmi seguono regole precise, la loro progettazione, i dati su cui vengono addestrati e la loro implementazione possono influenzare i risultati. Di conseguenza, la questione dell’oggettività e della neutralità degli algoritmi di intelligenza artificiale è un tema di dibattito importante nella comunità scientifica ed etica.”
Questa versione mantiene l’essenza del concetto originale riguardo alla natura degli algoritmi in intelligenza artificiale, ma offre una rappresentazione più accurata e sfumata della loro complessità e delle questioni etiche associate.
Grazie Santo Padre per quanto da lei condiviso nel G7. Peccato che gli organizzatori non abbiano pensato di invitare i suoi omologhi di altre religioni, anche se solo quelle del Libro. Sarebbe stato molto interessante mettere a confronto le Sue opinioni con quelle del Rabbino Capo ashkenazita e/o sefardita e del Gran Mufti. Quando comparve sulla scena Internet, i vostri giudizi furono illuminanti: per la religione cattolica Internet non era peccato, per quella musulmana era una cosa utile e buona e per quella ebraica nulla veniva detto nella Torah e l’importante è che non ci fossero contenuti non kosher. Tutte e tre enfatizzavano l’uso etico, le opportunità e i rischi. Cosa sarebbe stato detto questa volta?
Comunque, l’intelligenza artificiale e il G7 giugno 2024 riportano alla memoria un’altra opera di letteratura e poesia, questa volta del grande bardo, ovvero William Shakespeare: ”Molto rumore per nulla”.
La stampa e i media si sono occupati del tema intelligenza artificiale in modo molto intenso e rumoroso prima della riunione, cui è seguito un assordante silenzio. Nessuno ne ha più parlato. L’incontro si è chiuso con un comunicato di trentasei pagine di cui due dedicate a: “Intelligenza artificiale, Scienza, Tecnologia e Innovazione”. Opportuno leggerle.
In sintesi, i capi di stato e di governo del G7 dicono che: “Promuoveremo un’intelligenza artificiale sicura, protetta e affidabile”, attraverso un “approccio inclusivo”; “Riconosciamo la necessità di approcci alla governance dell’IA che favoriscano l’inclusione, per aiutarci a sfruttare il potenziale dell’IA in un modo che rifletta questi valori e promuova il suo sviluppo mitigandone i rischi, anche per quanto riguarda i diritti umani”; “Approfondiremo la nostra collaborazione per raccogliere i benefici e gestire i rischi dell’Intelligenza Artificiale” ; “Lanceremo piani di azione per l’uso dell’intelligenza artificiale nel mondo del lavoro e per lo sviluppo di un marchio che dia supporto all’implementazione di un Codice Internazionale di Comportamento per le Organizzazioni che sviluppano sistemi avanzati di intelligenza artificiale”.
D’accordo, siamo stai troppo cattivi. Qualcosa è stato concordato.
Opportuno allora parafrasare l’opera di Shakespeare: “Molto rumore per poco”.
Per concludere, come disse Leopardi, “Ecco il sereno…”.