Rientrato alla sede (non senza qualche ora passata bivaccando in aeroporto, strascico della “figurella” di CrowdStrike, ma anche per colpa della stagione vacanziera), riprendo il discorso sulle rotte NAT per l’attraversamento dell’Atlantico.
Effetti dei percorsi ottimizzati in termini di tempo
Mentre il Concorde volava ad altitudini fino a 60.000 piedi, era ben lontano dal traffico regolare durante i suoi viaggi supersonici tra l’Europa e il Nord America. In quanto tale, non era vincolato dai binari del Nord Atlantico allo stesso modo dei normali aerei di linea subsonici.
Con i cambiamenti meteorologici a tali altitudini minime, il Concorde generalmente volava sulle stesse rotte transatlantiche ogni giorno. Navigando a velocità fino a Mach 2.04 (poco meno di 2200 km/h), il leggendario jet anglo-francese poteva attraversare l’Atlantico in sole tre ore o poco più.
Questo fatto (e i vantaggi del fuso orario) consentì a Phil Collins, icona della musica e storico leader dei Genesis, di esibirsi in due concerti del Live Aid (a Londra e a Philadelphia), nella stessa giornata del 13 luglio 1985.
Parlando di viaggi rapidi tra l’Europa e il Nord America, le rotte ottimizzate in termini di tempo che i NAT consentono possono portare a traversate transatlantiche particolarmente rapide in condizioni di vento favorevoli.
Ad esempio, nel febbraio 2021, i forti venti della tempesta Ciara hanno aiutato un Boeing 747 della British Airways a volare da New York a Londra in sole quattro ore e 56 minuti, con un anticipo di ben 80 minuti sull’orario di atterraggio previsto!
Potenziali inefficienze
Sebbene le rotte del Nord Atlantico siano attentamente studiate, non rappresentano un sistema perfetto. Secondo il professor Paul D. Williams, professore di scienze atmosferiche presso l’Università di Reading, una recente ricerca ha dimostrato che “i voli transatlantici bruciano fino al 16% in più di carburante a causa dei [loro] vincoli”.
Uno studio condotto dal professor Williams e dai suoi colleghi ha esaminato i voli tra New York e Londra per un periodo di tre mesi, dal 1° dicembre 2019 al 29 febbraio 2020. L’intervallo prescelto includeva l’intenso periodo natalizio e, come tale, il team ha avuto molti esempi con cui lavorare. Lo studio afferma che alcuni “cambiamenti alla pratica attuale potrebbero ridurre significativamente l’uso di carburante e, quindi, le emissioni di gas serra”.
Efficienza ottimizzata grazie alla deviazione
L’argomentazione del team si concentra sui risparmi che potrebbero verificarsi se gli aerei potessero deviare dalle rotte attuali. Sostiene che questo potrebbe presto diventare realtà, con l’aumento della copertura satellitare nella regione. Come abbiamo stabilito, le rotte del Nord Atlantico in un dato giorno sono generalmente dettate dai campi di vento nella regione.
Lo studio ha calcolato i percorsi a tempo minimo utilizzando la teoria del controllo ottimale e li ha confrontati con le rotte del Nord Atlantico esistenti. Ha scoperto che i NAT, che utilizzano i campi di vento principalmente per ridurre il tempo di volo, sono “in genere diverse centinaia di chilometri più lunghi” di quelli che sarebbero più ottimali in termini di consumo di carburante.
Il gruppo del professor Williams ritiene anche che “il consumo totale di carburante di un volo e, quindi, le emissioni (compresa la CO2 ) sono proporzionali alla [sua] ‘distanza aerea'”. La distanza aerea è il prodotto della velocità per il tempo di percorrenza di un volo: non è infatti significativo considerare solo la distanza grezza in chilometri o miglia nautiche.
Risparmi significativi
Lo studio afferma che i risparmi adottando “rotte ottimizzate per il consumo di carburante” potrebbero “variare dallo 0,7% al 7,8% quando si vola verso ovest e dallo 0,7% al 16,4% quando si vola verso est”. Pertanto, lo studio sostiene che, se tali modifiche dovessero essere attuate, l’industria potrebbe realizzare significativi risparmi a breve termine in termini di consumo di carburante.
Ciò rappresenterebbe un impatto significativo e immediato sulle emissioni del settore. In un momento in cui l’aviazione commerciale sta facendo del suo meglio per stare al passo con le tendenze moderne ed ecologiche, questo potrebbe aiutarla ad aumentare il suo favore tra i critici della lobby ambientalista.
Al contrario, i miglioramenti tecnologici per l’efficienza del carburante sono più incrementali e richiedono più tempo per essere sviluppati. Con l’aumento della copertura nel Nord Atlantico nei prossimi anni, sarà certamente affascinante vedere cosa questo significhi per il futuro delle Rotte del Nord Atlantico. Tuttavia, per ora, continueranno a mantenere gli aerei lungo questo corridoio trafficato e redditizio separati in modo sicuro, garantendo al contempo i passaggi più rapidi possibili “attraverso l’oceano”.
Considerazioni sulla sicurezza
Esiste tuttavia un risvolto della faccenda, che forse gli “ottimizzatori” non hanno considerato.
La pianificazione di una rotta sul mare aperto deve sottostare ad alcuni vincoli stringenti, stabiliti, di concerto, da tutte le organizzazioni di sicurezza aerea nazionali, e codificate da ICAO (l’Agenzia ONU per la regolamentazione del traffico aereo) con gli standard denominati ETOPS (Extended Range Twin-engine OPeration Standards), che sono regole aeronautiche da applicare ai voli commerciali a lungo raggio operati con velivoli bimotore.
Il principio è quello di garantire, anche con l’operatività di un solo motore, di non operare su una rotta lungo la quale, in ogni suo punto, non esista un aeroporto alternato raggiungibile in emergenza con un solo motore in un tempo predeterminato.
Gli standard ETOPS, introdotti nel 1985 in vista del previsto declino degli aeromobili con tre o quattro motori (MD-11, Boeing 747, A380 per citarne alcuni) per i quali il rischio è ovviamente molto minore, sono stati nel tempo modificati, da ultimo nel 2012, introducendo il concetto di EDTO (Extended Diversion Time Operations) consentendo anche, in specifici casi e a condizioni tecniche ben determinate, anche il superamento della soglia di 60 minuti di volo verso l’alternato.
Ogni tipologia di velivolo ha, pertanto, una propria certificazione ETOPS specifica, legata anche al carico, alla quantità di carburante in ogni punto della navigazione, e alla tipologia di impianti e motori in esercizio.
Da qui deriva che il percorso più breve tout court potrebbe non essere conforme alla certificazione del velivolo, obbligando quindi a seguire una pianificazione più lunga, ma rispettosa di questi limiti di sicurezza.
Occorre però precisare che la tecnologia costruttiva e la riduzione dei consumi dei più moderni motori consentono limiti EDTO anche di 120 e perfino 180 minuti in alcuni casi.
Le “rotte libere”
Una parziale mitigazione ai consumi, all’inquinamento ed alla coscienza ecologica, è stata assunta con l’introduzione del Free Route Airspace. SI tratta di una convenzione internazionale secondo la quale, a determinate altitudini (“livelli” di volo) è possibile condurre la navigazione indipendentemente dai punti di riporto e dalle aerovie prestabilite, evitando quindi la deviazioni di rotta che sono invece necessarie ai livelli più bassi, per l’ordinato flusso di controllo del traffico aereo.
Questa convenzione è attiva dal 2016 anche per lo spazio aereo italiano (FRAIT) e prevede che lo stesso possa essere percorso in linea retta tra FL195 e FL660 senza obbligo di seguire le rotte ATS predeterminate per il traffico aereo più basso durante l’attraversamento.
Alla fine della fiera…
Come sempre, dunque, la via più breve non è sempre la migliore.
E, soprattutto, la via più breve sulla carta, non è mai la via più breve in volo: provate a disegnare una linea retta tra Roma e New York, misurandola su Google Maps. Poi verificate l’effettiva rotta (utilizziamo il sito www.gcmap.com – Great Circle Mapper) che percorre un aereo in crociera tra le medesime destinazioni, e vi accorgerete che la distanza più breve segue una traiettoria curva, con la “gobba” verso nord (nel nostro emisfero).
E sapete perché? Perché la Terra non è piatta. Forse…