Mi sorprende che il Corriere della Sera si sorprenda. E’ normale che chi si trovi dinanzi al fatto compiuto (o, nel secondo caso, solo proposto dai PM) tenti il tutto per tutto e – visti i tempi – urli il suo “stringiamoci a coorte” e auspichi una partecipatissima protesta.
Oltreoceano c’è stato chi ha incitato una banda di forsennati a conquistare e a mettere a ferro e fuoco il Campidoglio per lamentare presunti inesistenti brogli elettorali. Dalle nostre parti – complice la passione per copricapo vichinghi – c’è chi chiama a raccolta i suoi militanti per manifestare contro un processo ritenuto comodamente “politico” per sfuggire a responsabilità gravi dinanzi alla Giustizia e davanti a Dio.
L’uomo, che baciava crocifissi e immagini sacre nel corso degli eventi elettorali sperando di commuovere e convincere la gente di fede a dare il proprio voto, è convinto di aver solo dato prova di severità e di attaccamento alla patria. Nel caso Open Arms ha tralasciato l’atmosfera liturgica per vestire i panni di un subacqueo Pietro Micca che – invece di far saltare le gallerie nelle viscere di Torino – riesce a bloccare l’avanzata del nemico con il semplice diniego alla richiesta di un porto sicuro.
Il nemico, già. Gli invasori, certo. Viene in mente Nostro Signore, lo stesso con i cui ciondoli religiosi il personaggio limonava come il comico Ubaldo Pantani al Gialappa’s Show nella satira di Tentescion Ailand. Lui avrebbe aperto le braccia e offerto la più affettuosa ospitalità e invece i poveretti si sono ritrovati respinti in mare quasi la loro nave fosse la pallina di un flipper.
Il 18 Ottobre l’avvocato Giulia Buongiorno, legale dell’allora Ministro e oggi vicepremier, terrà la sua arringa difensiva nell’aula giudiziaria di Palermo. Fuori dal Palazzo di Giustizia dovranno esserci i parlamentari, presenza augurata dall’imputato per contare su un autorevole scudo umano dopo che il Tribunale dei Ministri aveva “tradito” l’intoccabilità dell’attuale accusato apponendo il sigillo di assoluta legittimità del procedimento.
In un Paese dove “La legge è uguale per tutti”, c’è chi pretende di non rientrare tra i comuni mortali e di non rispondere del proprio operato. La sintesi di questo pensiero purtroppo condiviso da chi reputa ben fatto l’episodio Open Arms (e le altre tante analoghe occasioni) è in un passo del Corriere della Sera in cui è citata testualmente una dichiarazione dell’onorevole Rossano Sasso, commissario della Lega in Calabria.
Il deputato, pregevole interprete di un sentimento ahinoi diffuso, avrebbe detto che “In caso di condanna non colpirebbero soltanto Matteo Salvini ma un’intera comunità, migliaia di sindaci, di amministratori, di parlamentari, di militanti. Abbiamo il dovere morale di reagire a tutto questo, alle minacce dei giornalisti, alla vigliaccheria dei partiti di sinistra che autorizzarono il processo a un ministro e a un leader che fece semplicemente il suo dovere”
Penso ci sia da aggiungere poco, ma – come il parroco del paesino che la masnada di “Amici miei” comunica esser destinato all’abbattimento per far passare l’autostrada – è il caso di correre a pregare e invitare tutti a seguire l’esempio.
Nel frattempo il Presidente del Consiglio, già abituato a ricevere con dignità regale cittadini modello come Chico Forti, esprime solidarietà al suo vice e il magistrato in sella al dicastero di via Arenula tace.
Se Dio c’è, è il momento che dia prova della sua esistenza.