“Mad Vlad” ha compiuto 72 anni e una sorta di imprevista torta con le candeline è stata virtualmente confezionata con il blocco delle trasmissioni radiotelevisive online e diffuse da oltre 20 canali “tradizionali” tra cui figurano Rossiya 1, Rossiya 24 e Rossiya Cultura.
Il bizzarro festeggiamento per il compleanno di Putin è stato organizzato da un gruppo hacker filo-ucraino che opera sotto la sigla “Sudo rm-RF”. Lo strano nome della combriccola contiene il comando “rm” che in alcuni sistemi operativi della famiglia Unix viene utilizzato per “rimuovere” e quindi cancellare file e cartelle dai supporti di memorizzazione.
Proprio in ossequio a quella porzione di di appellativo i pirati informatici, dopo aver violato le misure di protezione a difesa di server, computer e reti dell’emittenza pubblica russa, hanno provveduto a eliminare tutto il contenuto di archivi e teche, facendo sparire una vera e propria montagna di materiale audiovisivo di enorme importanza.
Dmitry Peskov, portavoce del Cremlino, non ha esitato a definire questo assalto digitale come “senza precedenti”, ammissione che senza dubbio ha fatto gioire i protagonisti dell’attacco.
In effetti la furia devastatrice dei criminali hi-tech ha avuto effetti micidiali perché sarebbero state “asfaltate” tutte le informazioni che erano memorizzate su server in esercizio e sui sistemi di backup dove vengono eseguite le periodiche copie di salvataggio. Le “macchine” si sono ritrovate vuote, senza che ci sia la minima traccia di filmati, interviste, servizi, archivi fino ad allora fondamentali per il funzionamento delle emittenti.
E’ scomparsa la “memoria” iconografica di un Paese che ha sempre fatto della “propaganda” una delle sue armi principali e quindi il colpo inferto dagli hacker è davvero arrivato al cuore di Mosca.
In una stagione in cui gli attacchi di questo genere sono sempre più frequenti è importante osservare che questo genere di azione è ben diverso da quello che ha impensierito le Istituzioni nostrane nei mesi scorsi.
L’Italia, infatti, è stata bersaglio di vandali tecnologici che si sono limitati a mandare fuori servizio i server rendendoli non raggiungibili dagli utenti che vi si volevano collegare.
Il cosiddetto “Distributed Denial of Service”, conosciuto da almeno trent’anni e facilmente contrastabile, determina un blocco temporaneo delle risorse ma non ne intacca il contenuto, non danneggia i programmi installati, non crea altri disagi oltre all’impossibilità di connessione ai servizi eventualmente erogati via Internet a cittadini, utenti e clienti.
Nella fattispecie ci si trova, invece, dinanzi alla “vaporizzazione” di un inestimabile patrimonio informativo che davvero non sarà facile ricostruire.