Il 18 dicembre 1908 un terrificante evento tellurico scuote come un tappeto impolverato l’area dello Stretto che la mitologia lega a Scilla e Cariddi. Lì dove si immagina il Ponte delle meraviglie uno “scossone” di magnitudo 7.1 lascia sotto le macerie 80 mila persone solo a Messina e decine di migliaia a Reggio e in tutta la zona.
In questi giorni un analogo terremoto – il cui sciame sismico sarebbe cominciato più o meno due anni fa – ha colpito Messina, ma stavolta non è il capoluogo dell’omonima provincia siciliana.
Carlo Messina, manager bancario di lungo corso, è al timone dell’imponente transatlantico Intesa Sanpaolo da oltre dieci anni. Quello che è stato il “Banchiere dell’anno 2015” secondo Milano Finanza Global Awards si trova oggi ad affrontare una burrasca senza precedenti.
L’ammiraglio ne uscirà sicuramente vincitore, ma un rapido esame di coscienza dovrebbe fargli riconoscere di non aver dato il giusto peso ai “bollettini meteo” che segnalavano il rischio di “mare forza 7” per incombenti insidie informatiche, mentre i suoi meteorologi di bordo lo confortavano asserendo di non dimenticare di poter dominare i mari con uno scafo inaffondabile.
Le convinzioni, si sa, sono brutte bestie. Prima di Messina, toccò in sorte ad altri di esser sopraffatti prima dalle inossidabili certezze, poi dai flutti.
Edward John Smith, storico comandante della White Star Line, sapeva cavalcare le onde e non aveva certo paura di sfidare l’oceano. Sulla tolda della massima espressione della tecnologia navale del tempo, il più grande e lussuoso bastimento del mondo, si è trovato a fare i conti con la natura e un “cubetto di ghiaccio” più grande di quello nei drink dei suoi passeggeri. La situazione qui non è diversa.
L’iceberg contro cui è andata a sbattere Intesa San Paolo ha un nome quasi fosse una stella o un asteroide e si chiama Vincenzo Coviello e la sua rotta di collisione era nota già da tempo. Se fosse stato uno scoglio si può immaginare segnato sulle carte nautiche come “Le Scole”, quelle di cui Francesco Schettino non ha voluto tener conto nell’avvicinarsi troppo all’isola del Giglio.
Il Coviello si è mosso nel vasto mare dei sistemi informatici di Intesa Sanpaolo per ventisei mesi, in un incredibile zig zag tra risparmi ed investimenti. I sistemi che dovevano e potevano fermarlo non hanno funzionato, permettendo esplorazioni indebite senza che nessuna sirena o altro suono risvegliasse dal torpore chi doveva guardare l’orizzonte ed avvistare possibili pericoli.
L’urto della chiglia contro il detrito aziendale non ha lasciato intonso lo scafo e – nonostante valzer e polka continuino ad intrattenere chi è festosamente a bordo – la nave non è più la stessa.
Le previsioni meteorologiche anticipano il sopraggiungere di perturbazioni giudiziarie, con forti venti di esposti e cause civili e con correnti destinate a far venire a galla chissà cosa.
Tardi il pensare di cambiare equipaggio, inutile lanciare la fatidica bottiglia con lacrimevoli messaggi sotto forma di comunicati stampa, controproducente ostinarsi nel vantare l’imbattibilità delle proprie iniziative in tema di cybersecurity…
Chi si spaventa nel vedere un film horror non esita a cambiare canale. La clientela ha già in mano il telecomando…