Daniel Defoe (Londra 1660 – 1731), all’età di sessant’anni, dopo essersi dedicato al commercio, al giornalismo, alla politica e persino allo spionaggio, il 25 aprile del 1719 pubblica a New York il suo primo romanzo: La vita e le strane sorprendenti avventure di Robinson Crusoe, noto col più breve Robinson Crusoe.
L’opera, la cui prima edizione italiana risale al 1745, appartiene al genere di avventura d’ambientazione esotica ed è considerata il primo romanzo della letteratura inglese.
L’idea nacque da un episodio realmente accaduto a un marinaio scozzese che, dopo il naufragio della nave sulla quale era imbarcato, trascorse quattro anni su un’isola al largo delle coste del Cile. Da vero commerciante, Defoe decise di scrivere per finanziare il matrimonio di sua figlia. L’impresa gli riuscì e il romanzo ebbe un grande successo in tutto l’Occidente, al punto da spingerlo a scriverne due seguiti.
La storia, narrata in prima persona, ha la forma del diario tenuto dal giovane Robinson, figlio ventenne di un ricco mercante, imbarcatosi per girare il mondo e, prima, fatto prigioniero dai pirati, poi, naufragato a causa di una tempesta su un’isola, al largo del Venezuela, che crede deserta ma in realtà è abitata da indigeni, perlopiù cannibali. Unico sopravvissuto di tutto l’equipaggio, grazie ai relitti della nave, ai barili di polvere da sparo e ai moschetti restituiti dal mare, trascorre ventotto anni nel fortino costruito sull’isola nei pressi di una grotta, allevando capre selvatiche e segnando il passare dei giorni con una tacca su una grande croce di legno.
I primi dodici anni li trascorre in assoluta meditazione e solitudine, se si escludono un pappagallo, un martin pescatore, un maiale selvatico, un camaleonte, un porcospino e un formichiere. Gli altri sedici li passa in compagnia di un ragazzo indigeno che salva dal fuoco e dai denti di un gruppo di cannibali affamati. Lo chiama Venerdì, il giorno in cui lo ha salvato; gli insegna l’inglese e gli trasmette la fede in Dio convertendolo al Protestantesimo mediante la lettura della Bibbia, l’unico libro che è riuscito a recuperare dal naufragio.
Robinson, dopo aver salvato dai cannibali anche il padre di Venerdì e altri naufraghi spagnoli e inglesi dispersi sull’isola, s’impossessa di una nave inglese ancorata al largo e con questa raggiunge finalmente il porto di York in Inghilterra. Le sue “strane sorprendenti avventure” non sono però terminate: scopre di essere diventato molto ricco grazie alle sue piantagioni in Brasile e poi diviene governatore dell’isola dove era naufragato, prima di ritirarsi definitivamente in Inghilterra per il resto dei suoi anni.
Il romanzo Robinson Crusoe trasuda le tipiche tematiche illuministe e l’etica protestante delle quali la borghesia mercantile inglese si è fatta portatrice: la laboriosità, lo spirito di sacrificio, il dominio sulla natura, l’esaltazione dell’individualismo e il colonialismo.
E il colonialismo emerge dalle pagine di Defoe con tutte le sue distorsioni: l’uomo bianco, quello che “si fa da solo”, sopravvive grazie alla fede e alla ragione e civilizza, “a casa sua”, il selvaggio Venerdì che, in segno di riconoscenza, si inginocchia ai suoi piedi e si mette in testa un piede di Robinson che, a sua volta, gli insegna che dovrà chiamarlo Master, cioè Padrone.
Ecco la rappresentazione delle tragiche teorie della superiorità della razza bianca che hanno alimentato l’espansione coloniale tramite i traffici marittimi, senza escludere la tratta degli schiavi, ritenuta dallo stesso Robinson un mero, lucroso affare.
Defoe, senza volerlo, tocca un’altra tematica molto più attuale: la solitudine. Robinson è un uomo solo! E nasconde la sua solitudine nelle azioni che quotidianamente deve compiere per sopravvivere. E’ solo quando guarda l’orizzonte, quando parla col pappagallo, quando segna con una tacca il passare del tempo. E’ solo come Tom Hanks di Cast Away che parla col pallone. Poco importa se il pallone non risponde. E’ sufficiente che sappia ascoltare e che lo guardi con i suoi grandi occhi. E Tom piange e si dispera quando il pallone viene trascinato via dalla corrente.
Robinson è un uomo solo! E’ solo come l’uomo contemporaneo che cerca in Alexa o nell’intelligenza artificiale le risposte alle sue domande, alle sue solitudini. E’ solo come l’uomo che cerca quello che gli manca nelle bambole sempre più reali. E’ solo come chi troppo frequentemente approda al “non luogo” della propria isola social.
L’isola di Robinson è però reale e si trova al largo delle coste del Venezuela.