La molecola dell’acqua rappresenta una delle sfide fondamentali del XXI secolo. L’acqua, elemento più diffuso in natura, è alla base della vita. È fonte di: alimentazione, salute, benessere materiale, culturale, sociale e sanitario di ogni popolazione, sviluppo economico e, quindi, capace di alterare gli equilibri di pace in quanto la sua distribuzione ineguale sul pianeta può generare attriti e guerre dissimulate da altre cause. L’acqua dolce è poco più dell’1% del totale delle risorse idriche terrestri. Seppur, secondo le statistiche, sufficiente per i bisogni umani ed agricoli, è la sua differente accessibilità a provocare gravi problematiche per la pace. Alcuni Stati, favoriti dalla posizione geografica, ovvero climatica, dispongono di circa il 60% delle risorse idriche mentre la gran parte dei Paesi ha penuria di questo bene essenziale; in particolare è stato identificato un “Triangolo della sete” localizzato tra Africa del Nord, Medio Oriente ed Asia centrale.
Il connubio tra incremento demografico e scarsità progressiva di acqua può configurarsi come una miscela esplosiva ad elevato rischio di deflagrazione. Questi due elementi possono tradursi in scarsità di cibo, pressione demografica per le migrazioni ed un sempre maggiore inurbamento, abbandono di aree agricole con conseguenze ambientali, peggioramento della qualità della vita, problemi sanitari, limitazione alle politiche di sviluppo economico, disoccupazione, aumento della propensione a delinquere, problemi di ordine pubblico, aumento delle megalopoli e molto altro. Scendere sotto una certa soglia di disponibilità pro capite significa ostacolare lo sviluppo di un Paese, o di un territorio, e minare la salute dei suoi abitanti.
Nel citato “Triangolo della sete”, non a caso, si concentrano le maggiori problematiche mondiali. Qui sono localizzati fenomeni quali:
- terrorismo (l’incapacità di migliorare le condizioni sociali ed economiche funge da volano per l’attrazione, l’arruolamento ed il proselitismo in frange estremiste);
- povertà diffusa (sulle masse il combinato di religione e povertà è una miscela esplosiva che può condurre al terrorismo) che si materializza in “rivolte” per la penuria e per i costi del cibo;
- incremento demografico non supportato da adeguate politiche di sviluppo economico (la crescita incontrollata della popolazione in alcuni Paesi ostacola gli sforzi per elevare gli standard di vita);
- bassa età media della popolazione conseguente all’incontrollato sviluppo demografico (oltre la metà della popolazione ha un’età tra i 16 ed i 40 anni: in questo range anagrafico sono maggiori le possibilità di attecchimento di ideologie estremistiche);
- città sovraffollate per inurbamento (conseguente alla povertà del mondo agricolo ed all’inaridimento delle terre coltivate) che destabilizzano ulteriormente le risorse idriche locali;
- rivalità tra Potenze regionali combinate con la presenza e la permanenza di contrastanti interessi di potenze mondiali;
- conflitti religiosi (presenza di cristiani, ebrei e mussulmani, ognuno con proprie suddivisioni in correnti fideistiche e sette);
- rivalità etniche ed identitarie;
- guerre per lo sfruttamento dei giacimenti petroliferi e minerari.
Miscele esplosive che spesso hanno anche fatto parlare di possibili deflagrazioni di conflitti nucleari (localizzati e non) o mondiali. L’aridità di queste terre non favorisce i processi di pacificazione.
Negli ultimi cinquanta anni non pochi conflitti, correlati all’appropriazione di risorse idriche, si sono registrati in Medio Oriente. Nel corso della “Guerra dei Sei Giorni” (1967) Israele occupò le alture del Golan e non ha mai accettato di restituirle alla Siria poiché l’altopiano consente, in una zona particolarmente arida, l’approvvigionamento idrico del lago di Tiberiade e del fiume Giordano.
Molti conflitti dovuti a “guerre dell’acqua” vengono ammantati da motivazioni regionali, religiose, etniche od identitarie. Taluni sistemi non democratici centralizzano il controllo decisionale anche sulle risorse idriche sottraendo alla popolazione mezzi di sostentamento. Ciò genera una cultura dell’insicurezza che viene sfruttata per alimentare e gestire tensioni, rancori ed odio. La privazione del diritto alla risorsa idrica mina la stessa identità culturale. La stessa globalizzazione, in taluni casi, mina la sicurezza economica e può essere percepita, in modo distorto od artatamente provocato, come un’aggressione all’identità culturale ed alle libertà del cittadino. Su queste trovano un fertile terreno i semi del fondamentalismo e del terrorismo.
Si ricorda che nel lontano 1966, quando il problema delle crisi idriche era ancora poco percettibile, il Presidente degli USA Lyndon JOHONSON affermò: “Siamo in corsa con il disastro. O il fabbisogno di acqua nel mondo viene soddisfatto o il risultato inevitabile sarà la fame di massa. Se fallissimo, posso assicurarvi che nemmeno la potenza militare senza precedenti dell’America sarebbe in grado di preservare a lungo la pace”. Purtroppo parole inascoltate.