Si ricomincia a parlare di Conclave, la riunione segreta dei cardinali per eleggere un nuovo papa che, dopo rinuncia di Benedetto XVI, non avviene necessariamente post mortem del titolare. Cancellerie e giornali sondano, informano e controinformano. Ad Andreotti, un vaticanista esperto e smaliziato (come lui) confidò di avere come “preziosa fonte di informazione gli autisti dei cardinali di Curia”.
L’assise è tanto imprevedibile quanto segreta. Mons. Sergio Pagano, Prefetto dell’Archivio Segreto Vaticano – ora pudicamente rinominato “apostolico” – ha detto a Massimo Franco, col quale ha scritto il libro intervista “Secretum”, che gli atti dei Conclavi non possono essere resi pubblici. Quindi segreto totale, salvo che le informazioni e le controinformazioni non avvengano prima dell’extra omnes.
UN CARDINALE ATTENZIONATO
Accadde al cardinale di Genova Giuseppe Siri – il “Papa non eletto”, secondo la definizione del principe dei vaticanisti, Benny Lai – preconizzato al Soglio già nel 1958 dall’FBI (ma per Roma era troppo giovane :“Dobbiamo eleggere un Padre santo, non un Padre eterno!”). Nel 1978, dopo la morte del papa per un mese Giovanni Paolo I, rilasciò a ventiquattr’ore dall’inizio del conclave un’intervista “conservatrice” rispetto agli indirizzi conciliari dell’epoca. L’accordo col giornalista era che sarebbe stata pubblicata dopo la chiusura delle porte della Cappella Sistina Un’agenzia di stampa, invece, già nel pomeriggio ne diffuse brani che furono ovviamente letti dai cardinali i quali non ebbero il tempo di leggere pure le successive puntualizzazioni di Siri. Un’operazione di intelligence, disse qualcuno, e il conclave si trovò ad eleggere uno straniero dopo seicento anni di papi italiani.
IL MIGLIORE SERVIZIO D’EUROPA?
In materia di intrighi e spionaggio con tanto di incontri e misteri nel buio delle cripte, Massimo Franco ha sondato mons. Pagano il quale, pur ammettendo la comune visione del Vaticano come “grande centrale dell’intelligence”, ha tenuto a precisare di considerarla “sovrastimata”, ricordando il commento del cardinale Domenico Tardini, per decenni sostituto e poi segretario di Stato, al giudizio di un ambasciatore che lo definiva il migliore servizio segreto d’Europa: “Figuriamoci gli altri come sono messi!”.
Dietro le sacre mura, in effetti, non esiste un vero e proprio apparato amministrativo che svolga istituzionalmente attività informative ed operative con modalità e mezzi non convenzionali per interessi da realizzare o minacce da fronteggiare, secondo la descrizione sintetizzata dall’”Abecedario per principianti” compilato da Francesco Cossiga che si firmava “dilettante” in materia di servizi di informazione e controinformazione. (Ma si sa bene che non lo era.)
Dunque, un Dicastero o un ufficio apposito non c’è, ma è presente in ogni angolo della terra una rete di delegati e nunzi apostolici, vescovi, preti, frati, suore e seminaristi votati all’obbedienza, all’ascolto e al segreto. Una organizzazione spirituale fortemente interconnessa e più che esperta delle cose del mondo, in chiaro ed in criptico. Tale da far sorridere al ricordo della sprezzante richiesta di Stalin, durante la Conferenza di Yalta, di quante “Divisioni” disponesse l’uomo vestito di bianco che regnava su uno Stato di soli 44 ettari e due fontane cui, secondo i suoi seguaci, si sarebbero presto abbeverati i cavalli dei cosacchi.
IL SODALITIUM PIANUM
In verità, però, qualcosa di simile ad un’organizzazione specificamente deputata, ci fu al tempo di Pio X (1903 – 1914) Si chiamava Sodalitium pianum e faceva capo ad un monsignore, Umberto Benigni, giornalista umbro che, a Roma, arrivò a diventare Sottosegretario per gli affari straordinari, il Ministero degli esteri vaticano. In questo ruolo, organizzò e diresse una vasta operazione per sradicare ogni tentazione di modernismo religioso (la rilettura dei testi e degli insegnamenti della Chiesa alla luce della cultura laica del primo Novecento) e, dal punto di vista politico, di liberalismo democratico (a farne le spese, tra gli altri, don Romolo Murri, amico di don Luigi Sturzo fondatore del Partito Popolare, da cui poi germinò la Democrazia Cristiana).
Si trattò di un vero e proprio servizio segreto clandestino che operava alle dirette dipendenze della Segreteria di Stato senza però figurare nella struttura, né essere menzionato nell’Annuario pontificio. Alle spese, provvedeva, infatti, ma in via ufficiosa, il cardinale Merry del Val, Segretario di Stato di Pio X, il papa che della lotta al modernismo aveva fatto l’obiettivo del suo pontificato. Strumento operativo del servizio era, appunto, il Sodalitium pianum, rete di spie, di intercettazione della corrispondenza e sorveglianza su tutti in ogni luogo: palazzi vescovili, conventi, parrocchie, seminari e i professori che lì insegnavano (anche don Roncalli, docente a Bergamo e futuro papa Giovanni XXIII, venne denunciato e dovette discolparsi).
Nessuno sfuggiva. Perfino i cardinali più prestigiosi, come Andrea Ferrari di Milano e, addirittura, lo stesso superiore di Benigni, Pietro Gasparri, quello che, nel 1929, sottoscriverà per il Vaticano i Patti Lateranensi.
SPIE E DISINFORMATIA
L’organizzazione messa in piedi da Benigni aveva agenti sparsi in tutta Europa e nelle Americhe del nord e del sud con lo scopo di individuare e denunciare al Sant’Uffizio i sospettati di modernismo (anche il segretario del papa, che normalmente assisteva alle udienze, era arruolato). Accanto, una attività capillare di disinformazione fondata su relazioni dirette o indirette con i giornali, cui far avere in via ufficiosa e privilegiata anteprime su orientamenti ed eventi oltre le mura, insieme a notizie false e fuorvianti al fine di bloccare o vanificare quelle a contenuto modernistico e liberale.
Non solo, ma Benigni curava personalmente e clandestinamente, una rivista settimanale di “disinformatia”, “Corrispondenza Romana “, edita anche in lingua francese, da cui il Vaticano prendeva ufficialmente le distanze, mentre la finanziava per propagandare la visione integralista di Pio X, il quale era al corrente dei finanziamenti e convalidava le iniziative con le speciali “benedizioni apostoliche” concesse al Sodalitium.
FINE DELL’ESPERIMENTO
L’attività spionistica e di disinformazione fu intensa fino al 1911, poi Benigni si dimise da Sottosegretario concordando, però, di poter continuare il “mestiere” contro un aumento di stipendio. Cardinali e vescovi profittarono, allora, per intensificare le loro proteste e un gruppo di cattolici liberali del nord Europa commissionò un’indagine sull’operato del Sodalitium al domenicano Padre Prims, troppo giovane per sperare di poterne riferire le conclusioni direttamente al papa. Infatti, fu ricevuto solo da Merry del Val, il quale rapidamente lo accomiatò esortandolo ad approfondire meglio la materia.
La posizione di Benigni in Curia andò, poi, sempre di più verso l’emarginazione, il disegno di costituire in Vaticano un servizio segreto ufficiale, come quello di altri stati laici, naufragò ed il nuovo pontefice, Benedetto XV, scrisse la parola fine.
LE CARTE SEGRETE COMPRATE
Nell’Archivio Apostolico mai erano arrivati documenti o appunti sull’attività del Servizio segreto.
Tutti però sapevano e, nel 1934, il Segretario di Stato Eugenio Pacelli, futuro Pio XII – che di mons. Benigni era stato collega d’ufficio –autorizzò l’acquisto dagli eredi del prelato delle carte del suo archivio personale al prezzo di quindicimila lire dell’epoca.
Foto di Andrea Lombani