Si legge di una Ministra che avrebbe regalato eleganti borse con il marchio di Hermes, ma che nulla hanno a che fare con la “maison” francese risultando essere solamente una pregiata imitazione.
Roba probabilmente fatta nell’hinterland partenopeo nella tradizione della creativa operosità di un Mezzogiorno costretto a fare business poco chiaro per la sopravvivenza di un indotto che si esibisce non solo a Forcella ma su tutti i litorali tricolori. Roba “nostrana”, quindi, che – nobilitata dall’elitario giro di clientela – meriterebbe che la presunta protagonista dell’ipotetico smercio venisse premiata con la titolarità del dicastero del “Made in Italy”.
La vicenda ha portato alla ribalta alcuni “vu cumprà” di cui molte signore si contenderebbero il numero di cellulare e di PostePay.
Mauro detto Maradona., Mamadou Guye detto Bamba e poi un tal Francis sarebbero i “pataccari” che hanno dominato le spiagge di Forte dei Marmi, offrendo prelibatezze dei brand più rinomati a prezzi comprensibilmente più accattivanti di quelli esposti nelle boutique del centro di Roma o di Milano.
Interviste e dichiarazioni rilasciate da questi “imprenditori” dello spontaneo commercio al dettaglio di merce contraffatte sarebbero sufficienti a qualificare gli interessati come rei confessi., ma le circostanze che emergono dagli articoli di giornale vedono direttamente interessati gli acquirenti con prospettive di sanzioni amministrative tutt’altro che trascurabili.
A comprare il top di gamma della contraffazione ci sarebbero anche personaggi di spicco di questa povera Italia, soggetti che non si accontentano di ostentare pelletteria spesso pacchiana ma clone di brand dalle quotazioni irraggiungibili. In mezzo a queste habitué non manca persino chi certe cose ritiene di tramutarli in regali apparentemente costosissimi.
Sovente il destinatario del dono è costretto a prendere atto di avere tra le mani un “falso” soltanto in caso di evento fortuito, come – ad esempio – è toccato in sorte alla signorina Pascale, che ha avuto necessità di provvedere ad una riparazione e all’intervento di un artigiano specializzato. Le borse taroccate sono generalmente molto simili a quelle originali, ma ad un occhio esperto non sfuggono i dettagli che distinguono l’esemplare autentico dalla sua pur accurata imitazione.
Chi acquista, invece, ha la piena consapevolezza di avere a che fare con un falso perché il prezzo praticato è infinitesimale rispetto il cartellino che vede chi fa shopping “regolare”. E’ giusto quindi che il compratore o la compratrice debbano fare i conti con le leggi vigenti.
Se ne ricorrono i presupposti si può persino immaginare l’incriminazione per “ricettazione” ai sensi dell’articolo 648 del codice penale oppure più facilmente per “incauto acquisto” (ex articolo 712) per non aver riscontrato la legittima provenienza del bene,
Se le due precedenti ipotesi possono apparire eccessivamente severe e si vuole immaginare solo una compera poco responsabile entra in gioco la legge 99 del 2009 che punisce l’acquirente con una sanzione amministrativa pecuniaria che va da 100 a 7.000 euro…
Le due borse sono una bazzecola nel panorama che siamo costretti a rimirare. Nello sfascio totale questa storia non ci deve sbalordire.
C’è molto di peggio infatti. C’è gente di rilievo pubblico che è stata accusata di falso in bilancio, di bancarotta, di truffa all’INPS…
Eh? Cosa? No, scusate, non capisco… E’ la stessa persona? No, dai…