In questi giorni è uscito nelle sale cinematografiche il film “Il Nibbio” che rievoca il tragico epilogo della liberazione della giornalista Giuliana Sgrena.
Il giorno 4 febbraio 2005 Giuliana Sgrena (nata nel 1948), giornalista de “Il Manifesto” venne rapita a Baghdad, in Iraq, mentre era intenta a realizzare una serie di reportage per il quotidiano nel quale scriveva. Nelle immediate ore successive il Capo Reparto della Ricerca all’Estero del SISMi venne incaricato di tentare ogni possibile strada per liberare la giornalista italiana. Era il Dott. Nicola Calipari (1953-2005).
Nel film la figura del Dirigente del SISMi (ora AISE) è interpretata magistralmente da Claudio Santamaria, peraltro reso molto somigliate a Nicola Calipari, come anche altre figure. La pellicola intreccia la vita familiare e professionale del Dirigente del SISMi che si sposta continuamente tra Roma, Baghdad ed altre località del Medio Oriente per condurre le difficilissime trattative tese alla liberazione della Sgrena. Emergono dissapori interni al Servizio italiano in merito alla migliore modalità per poter giungere al rilascio dell’ostaggio. Sostanzialmente un’ala interventista (blitz ed altro) ed un’altra più morbida finalizzata a individuare canali idonei a trattare per giungere alla liberazione dell’ostaggio.
Questa seconda linea operativa fu quella di Nicola Calipari, approvata dall’allora Direttore del Servizio Militare, il Generale della Guardia di Finanza Nicolò Pollari. Naturalmente vi era anche il placet del Presidente del Consiglio pro tempore, Silvio Berlusconi, in quanto al Presidente del Consiglio era attribuita la direzione, la responsabilità, il coordinamento e la politica di sicurezza dello Stato.
L’operazione doveva essere condotta tenendo informati il meno possibile gli Stati Uniti in quanto totalmente contrari ad ogni trattativa con i terroristi, tantomeno al pagamento di eventuali riscatti in denaro.
Quando si ha a che fare con i terroristi, tanto più nel loro habitat in terra straniera, le cose sono maledettamente complesse da gestire. Si intrecciavano notizie difformi e non era certamente semplice distinguere le informazioni vere da quelle manipolate per depistare la difficile operazione italiana. Il processo decisionale era particolarmente delicato. Un minimo errore poteva compromettere la vita dell’ostaggio. Oltre ad individuare il canale giusto se ne doveva acquisire la fiducia.
Dopo un mese, si era al 4 marzo 2005, in un tormentato e pericoloso finale, venne rilasciata Giuliana Sgrena. Nel percorso verso l’aeroporto della capitale irachena in una vettura viaggiavano un funzionario del SISMi, che guidava, Nicola Calipari e la giornalista. Il mezzo, improvvisamente, venne colpito da numerosi proiettili di mitragliatrice sparati dal soldato statunitense Mario Lozano. Nicola Calipari, eroicamente, fece scudo con il proprio corpo alla donna e rimase ucciso. Il funzionario e la Sgrena furono feriti in modo non grave. La festa per il rilascio si tramutò in grave lutto.
Si è giunti sino al finale del film perché la storia è più che nota, un tragico epilogo che si conosce da venti anni. Il regista lascia aperte le interpretazioni evidenziando che nessuno ha mai pagato per il delitto e mai il soldato statunitense è stato in Italia per un processo.
Nei giorni precedenti all’uscita del film la vedova del Dott. Calipari ha rilasciato una pacata intervista ad un telegiornale RAI nel corso della quale ha posto alcuni fondati interrogativi. Quale sia la verità è difficile saperlo dal di fuori. Forse nessuno la sa o non la può dire. Forse giace in un qualche documento top secret in attesa di declassifica, forse tra altri 30 o 40 anni per non creare tensioni nazionali ed internazionali.