Lo storico ed Accademico di Francia Fernand Braudel, uno dei principali esponenti della Scuola storiografica degli Annali che affrontava lo studio della Storia delle civiltà indagando i cambiamenti politici, sociali, economici e culturali a lungo temine, in netta opposizione alla storia dei singoli avvenimenti, amava dire che l’ Europa era << un’ avventura millenaria e insieme inconclusa>> e noi volentieri facciamo nostra questa massima.
Nel XIX secolo una visione dell’Europa come corpo politico nel suo insieme, fondato sull’equilibrio tra gli Stati propria di Klemens von Metternich, diplomatico e Cancelliere di Stato dell’ Impero austriaco, protagonista del Congresso di Vienna del 1814, si confrontò e si scontrò con la crescente aspirazione a una concezione differente consistente in una connessione molto stretta tra patria, nazione ed Europa propria invece di Giuseppe Mazzini, nonostante il dilagare in quell’ epoca di diffusi moti nazionalistici.
Molto nota fu anche l’avversione personale tra i due personaggi menzionati, tale che sono diventate molto famose quella parte di memorie di Metternich nelle quali egli candidamente confessò scrivendole che “ ho dovuto combattere contro il più grande condottiero, Napoleone; mi è riuscito di mettere d’ accordo imperatori, re , uno zar , un sultano e un Papa.
Ma nessuno sulla faccia della terra mi ha procurato maggiori difficoltà di un manigoldo italiano, emaciato, pallido straccione, ma facondo come l’ uragano, rovente come un apostolo, furbo come un ladro, sfacciato come un commediante, infaticabile come un innamorato : Giuseppe Mazzini “ . La nemesi sul povero Metternich, che considerava l’ Italia una semplice espressione geografica, si completò inesorabilmente e in modo spietato quando nel 1909 ad unificazione avvenuta l’ allora Regno d’ Italia acquistò dai suoi eredi il suo palazzo a Vienna che ancora oggi ospita la nostra Ambasciata in Austria.
Nel secolo successivo, il XX, dopo una lunga fase di guerre e dopo due conflitti mondiali scatenati dalle politiche imperialiste di alcune nazioni europee nacque il Movimento federalista europeo presieduto, tra gli altri, dal politico e grande statista italiano Alcide de Gasperi. Si tornò a discutere dell’idea d’Europa, ed in Italia basti pensare ai contributi dati a questo pensiero da personaggi quali Eugenio Colorni, Ernesto Rossi e Altiero Spinelli con il Manifesto di Ventotene, che insieme con nuovi tentativi di formare una federazione politica europea, contribuirono a far sopravvivere quest’ idea nonostante il fenomeno della guerra fredda e della divisione del mondo in blocchi contrapposti.
Dobbiamo ora giustamente aprire una doverosa parentesi su alcuni elementi: se teniamo in conto queste due contrapposte concezioni d’ Europa dell’ austriaco Metternich e dell’ italiano Mazzini è davvero da considerarsi in qualche forma ancora più bizzarro, ma provvidenziale e del tutto europeo che il più grande politico e statista italiano del ‘900 sia poi nato in Austria, nel senso che fino alla fine della prima guerra mondiale il Trentino, provincia d’ origine di Alcide de Gasperi, era sotto il dominio asburgico. Inoltre de Gasperi non si limitò a nascervi, ma fu anche deputato al Parlamento di Vienna, salvo poi, una volta che il Trentino divenne italiano, essere stato deputato per il Parlamento Italiano con il Partito Popolare di Don Luigi Sturzo.
E’ notizia ampiamente diffusa in questi giorni che è itinerante in Italia una bella iniziativa per continuare a commemorare il 70mo anniversario della scomparsa del grande statista dal titolo illuminante : Servus inutilis – Alcide de Gasperi e la politica come servizio, che mette in risalto proprio la sua concezione di politica come autentico servizio al bene comune.
Doveroso è altresì ricordare che poche settimane fa il nome e la fama di Alcide de Gasperi sono stati al centro dell’ attenzione poiché a fine febbraio c’ è stata la sessione di chiusura dell’ inchiesta diocesana della causa di beatificazione, sulla vita, le virtù eroiche, la fama di santità e dei segni del Servo di Dio Alcide de Gasperi, il cui nome è infine comparso con tanto di citazione persino nel discorso tenuto da Ursula von per Leyen sulla difesa comune per scoraggiare qualsiasi attacco all’ Europa unita. Un giusto ritorno al centro dell’ attenzione del nostro Alcide de Gasperi, solo macchiato da un’ incredibile vicenda italiana legata alla sua casa.
E’ noto che De Gasperi aveva uno stile di vita austero e onesto che lo avrebbe caratterizzato costantemente. Nel 1951 all’ avvicinarsi del suo genetliaco, gli iscritti della Democrazia Cristiana si autotassarono per regalargli finalmente una casa di proprietà ; naturalmente tutto avvenne nel riserbo più assoluto e quando ebbero raggiunto una cifra adeguata per l’acquisto di un immobile, la scelta cadde su un castelletto restaurato qualche anno prima a Castelgandolfo, vicino proprio al convento di Propaganda Fide che era stato, come quasi tutti i castelli romani, duramente bombardato nel 1944 dopo lo sbarco alleato ad Anzio.
Il problema era però fare accettare il dono a De Gasperi. La moglie e le figlie con il pretesto di visitare una casa da affittare sul lago per una figlia minore reduce da una patologia respiratoria, lo portarono in quella che sarebbe stata la sua residenza negli ultimi anni e riuscirono a vincerne le resistenze con uno stratagemma dicendogli che se non avesse accettato avrebbe dovuto trascorrere forse mesi seduto a scrivere ad ogni iscritto donatore le motivazioni dell’eventuale rifiuto, considerato che anche gli iscritti col reddito più umile avevano voluto offrire allo statista un segno tangibile del loro affetto e della loro riconoscenza. De Gasperi allora si convinse ed accettò commosso quel dono: l’unica proprietà che ebbe nella sua vita.
Dopo la morte dello statista avvenuta nel 1954 anziché essere stata preservata per continuarne la memoria ed essere trasformata nella sede di una Fondazione, l’ immobile ha cambiato di proprietà, fino a venir confiscata come bene di provenienza illegittima ed è ancora incerto come sarà utilizzato dal Comune di Castelgandolfo. Insomma una vera contraddizione in termini visto che invece la sua casa natale in Trentino viene conservata con cura. E’ inconcepibile che la casa in area romana del più grande statista italiano del ‘900 non venga giustamente valorizzata per preservarne la memoria. Facciamo affidamento alle capacità del Maggiore dei Carabinieri Davide Acquaviva attuale comandante della Compagnia affinché si adoperi per una dignitosa risoluzione dell’ anomalia e suggerisca alle competenti autorità locali come valorizzare questo straordinario bene della nostra memoria storica collettiva e di quella europea.