Un vecchio detto afferma che la pubblicità è l’anima del commercio. Ogni attività economica, e non solo, che vuole farsi conoscere investe in pubblicità. Molti studi sostengono che, mediamente, la percentuale investita in pubblicità oscilli tra il 10 ed il 20 percento. Ovviamente, a seconda del momento, tale percentuale si contrae o si espande. Le ragioni sono molteplici.
Oltre ai pubblicitari e tutto l’indotto che ruota intorno a tale attività, di recente, si sono aggiunti gli influencer i quali, prevalentemente, raggiungono un’altra fascia, gli “…enter”.
Vi sono pubblicità stagionali come i prodotti dolciari per le feste natalizie e pasquali, l’abbigliamento estivo ed altro. La grande parte rimane su uno zoccolo duro di prodotti che è inutile tentare di elencare.
Alcune pubblicità sono sgradevoli per il contesto estetico come quelle che raffigurano persone sedute su un water intente a pubblicizzare assorbenti ed altro; avviene anche nella cartellonistica. Non poche sono state ingannevoli o fuorvianti, tanto da dover mutare slogan o promesse consolidati.
Alcune persone si pubblicizzano da sole per il modo di vestire, per attirare l’attenzione su di sé: uomini e donne. Le televisioni ci offrono decine di esempi.
Evidenziare ad arte un particolare del corpo non lo si fa per errore ma per volontà. Ognuno è libero di fare ciò che vuole ma talvolta si supera il buon gusto nel contesto dove si è. Nulla di scandaloso se si pubblicizzano anche le varie prestazioni dei condom.
Tra le pubblicità in forte aumento vi è quella dedicata agli animali domestici ed ai negozi dedicati, i “pet store”.
Tra le pubblicità in forte diminuzione è quella dedicata ai bambini, se non per i prodotti dolciari o inerenti al cibo. Quasi scomparsa quella che suggeriva alle donne in dolce attesa od alle puerpere.
Moltissimi, giustamente, si lamentano del calo delle nascite, dell’aumento dell’età media della popolazione e di tutto ciò che ne consegue. Troppo lungo elencarne le motivazioni.
Cosa è accaduto in questi ultimi decenni? I figli sono stati sostituiti dagli animali domestici per cui si pubblicizzano più alimenti per cani e gatti che non per i bambini. Per la strada è abbastanza raro vedere carrozzine con i pargoli e, inoltre, in alcune carrozzine particolari si vedono gli animali domestici e non i piccoli.
Nel massimo rispetto di tutte le scelte personali, non sempre derivanti da difficoltà personali oggettive, ma domandiamoci: è primario avere un animale domestico da nutrire con prelibatezze varie o crescere dei bambini per una serie di motivazioni che esulano da queste poche righe? Con estrema chiarezza: per le vie delle nostre città ci sono più animali che bambini. Qualcuno ha più di un cane al guinzaglio o uno per lui e uno per lei. E non vediamo i tantissimi gatti che sono stabili negli appartamenti. Stendiamo un pietoso velo sui sempre troppi che non raccolgono i bisogni dei loro animali. Comportamenti incivili per usare una terminologia educata.
Rammento un vecchio film dove una giovane rappresentate porta a porta fa assaggiare ad un uomo un barattolo di cibo e chiede: “le è piaciuto?”, “si” risponde. La giovane replica: “se è piaciuto a lei immagini al suo cane”. Privilegeremo ancor di più la pubblicità per gli animali domestici o qualcuno penserà anche ai bambini? La pubblicità fa passare il messaggio che gli animali domestici, ai quali va il massimo rispetto, siano prioritari rispetto ai figli i quali, sicuramente, sono più costosi e necessitano di maggiori attenzioni.